Tutti intorno a un tavolo
C’è chi pensa che Milano e la Lombardia non avessero alcun bisogno di un’esposizione universale. C’è chi è convinto che tale evento sia una iattura per il già precario equilibrio ambientale della regione. E c’è, infine, chi è sicuro che l’Expo non si farà perché verranno a mancare i finanziamenti promessi. Io ritengo che – sebbene ognuna di queste posizioni poggi su fondate ragioni – l’Expo 2015, con i suoi venti milioni di visitatori attesi e con un titolo come “Nutrire il mondo, energia per la vita”, rappresenti una vera e propria opportunità per chi ha come missione quella di battersi per l’affermazione del diritto al cibo e agli altri beni comuni, per un’agricoltura e un’economia sostenibili e per una globalizzazione più giusta. Ma il senso di quest’opportunità non sta certo nel “mettersi in luce” per raccogliere, ognuno per sé, i fondi che si immagina a un certo punto pioveranno dal mecenate di turno, quanto nella predisposizione delle istituzioni, delle imprese e dei cittadini all’ascolto e al confronto sulle grandi sfide che abbiamo di fronte.
Un grande evento
L’anno 2015 si va sempre più delineando come uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo di governare la società globale: la valutazione in sede ONU dei risultati ottenuti (ma soprattutto non ottenuti) della Campagna degli Obiettivi del Millennio e la definizione di regole vincolanti per arrestare il riscaldamento del pianeta ed evitare l’estinzione della specie umana sono due scadenze storiche con cui i movimenti sociali e la società civile organizzata si devono confrontare, assumendo, una volta per tutte e nonostante la drammatica crisi finanziaria che li attanaglia, un ruolo guida. Se si concorda sul punto, lo svolgersi in Italia di un evento come un’esposizione universale, qualsiasi sia la sua “forma” finale, ci responsabilizza come associazioni e Ong italiane nel dare il nostro contributo a una mobilitazione globale che si manifesterà in luoghi e momenti diversi nel corso del 2015.
Per questo motivo negli ultimi venti mesi, come Mani Tese, ci siamo seduti con convinzione e impegno al tavolo di lavoro per la realizzazione di una grande assise, l’Expo dei Popoli per l’appunto, che, come recita il Manifesto sottoscritto da oltre cinquanta organizzazioni non governative, ambientaliste e sociali, tra cui Pax Christi, “possa discutere delle politiche di sviluppo e di lotta alla povertà e far giungere a tutti i governi riuniti alle Nazioni Unite le proposte della società civile e dei popoli del mondo”. Convinti, da una parte, della necessità di superare la “logica settoriale presente nella filosofia degli Obiettivi del Millennio” e, dall’altra, di assumere “l’approccio della Sovranità Alimentare” come nuovo paradigma di riferimento.
Gli obiettivi
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo occorre, però, vedere l’Expo dei Popoli come un processo e non come un evento isolato. Occorre mobilitarsi sempre più per sviluppare una nuova sensibilità diffusa intorno a beni e valori comuni quali l’acqua, il suolo fertile, le fonti energetiche, i diritti umani, la pace e il diritto a una vita dignitosa. Serve al contempo internazionalizzare le adesioni al Manifesto per l’Expo dei Popoli e avviare un’interlocuzione seria con le varie reti della società civile mondiale (La Via Campesina, il Climate Action Network, la Beyond 2015, il World Social Forum, per citarne solo alcune) che sbocchi in decine di “documenti di analisi e proposte” che andranno a costituire la base di lavoro dell’assise che si svolgerà a Milano nel 2015. Stiamo parlando, per rendere meglio l’idea, di 5 giorni di forum con almeno 40 delegazioni straniere che, seguendo una metodologia finalizzata alla contaminazione e alla convergenza dei punti di vista, giungeranno a partorire una dichiarazione finale e, forse, un piano di azione pluriennale.
Le buone pratiche a cui ci si sta ispirando sono il primo Forum Europeo per la Sovranità Alimentare di Krems in Austria del 2011 (www.nyelenieurope.net) e la metodologia dell’Open Space Technology. Le problematiche da affrontare verteranno sui seguenti fenomeni in corso:
a. «il land grabbing;
b. la speculazione finanziaria sul cibo;
c. l’impatto sul clima, sulla biodiversità e sulla sostenibilità in generale dell’agricoltura e dell’allevamento industriali/intensivi;
d. il diritto dei piccoli agricoltori di produrre cibo e il riconoscimento del diritto dei cittadini di decidere cosa e come consumare;
e. il diritto degli Stati o delle organizzazioni regionali di tutelarsi da importazioni agricole e alimentari a basso prezzo (dumping);
f. l’impiego di metodi di produzione sostenibili e il controllo di produzione sui mercati interni per evitare surplus strutturali (supply management);
g. la partecipazione delle popolazioni nella formazione delle politiche agricole, con una speciale attenzione al riconoscimento dei diritti delle donne coltivatrici».
Ma non si può discutere di come “Nutrire il pianeta” senza declinare il tema anche a livello locale. Per questa ragione il “documento Italia” tratterà anche di come sia possibile garantire un equilibrio tra urbanizzazione e agricoltura e lo farà valorizzando le esperienze virtuose realizzate localmente (in particolare nel Parco Agricolo Sud Milano e più diffusamente in Lombardia) in una prospettiva di sovranità alimentare della popolazione di Milano e della regione. Milano non può infatti essere solo “ospite” dell’evento, ma deve diventare corresponsabile, sperimentando adeguatamente la cittadinanza attiva, il dialogo tra attori diversificati e l’inclusione delle comunità straniere.
La meta finale
Fino a qui l’idea. Ma nella pratica a che punto siamo? A fine novembre 2012 si è formalmente costituito il Comitato organizzatore dell’Expo dei Popoli. Ne fanno parte per ora 25 soci, tra cui Mani Tese, Action Aid, Arci, Acli, Cospe, Gvc, Legambiente, Pax Christi, Oxfam e Wwf. La prima assemblea, aperta anche a tutti gli aderenti al Manifesto, si è svolta il 24 gennaio 2013 e ha approvato le linee strategiche pluriennali e il programma delle attività per il 2013. Pochi giorni prima, il 14 gennaio, il Consiglio comunale di Milano aveva votato una mozione che «impegna il Sindaco e la Giunta a sostenere il percorso del Comitato Expo dei Popoli e la realizzazione del forum Expo dei Popoli». Un primo passo concreto verso un’indispensabile collaborazione fra istituzioni e società civile che dovrebbe essere seguito anche dagli altri enti pubblici che hanno responsabilità dirette e poteri decisionali sull’Expo 2015 – in primis Regione Lombardia e Ministero del Tesoro. Il lavoro necessario a ottenere questo riconoscimento, unito alla fondamentale opera di coinvolgimento di nuovi partner italiani e stranieri (a partire dalle reti contadine) e alla raccolta dei fondi necessari a sostenere economicamente l’impresa, saranno fra gli impegni principali del comitato nel corso del 2013. Se sapremo lavorare bene e se tutte le associazioni coinvolte sapranno coniugare al meglio l’interesse proprio con l’interesse comune, con l’inizio del 2014 avremo gettato solide basi per un progetto politico-culturale che da troppo tempo non si vede nel nostro Paese e in Europa. Diversamente, saremo costretti a ridimensionare il tutto con il rischio che l’Expo 2015 diventi l’ennesimo terreno di “concorrenza tra poveri”. A chi legge, la scelta tra l’ottimismo e il pessimismo. Io ci credo!