Il riabilitato e le riabilitate
1864, un giovane frate domenicano, Jean-Joseph Lataste, viene invitato a predicare un ritiro spirituale nel carcere femminile di detenzione e di lavori forzati a Cadillac. L’incontro è sconvolgente: donne dalle forme accasciate, prive di ogni speranza, lo sguardo rivolto in basso per la colpevolezza e la rassegnazione della loro condizione. Nel rivolgersi a loro, Lataste le chiama “mie care sorelle”, e con queste tre parole abbatte il muro di detenzione più consistente: il pregiudizio. Da quell’incontro, nella mente del giovane frate nasce, in modo sorprendente, il progetto di una congregazione di suore per molte di quelle detenute: le considera “riabilitate” dalla misericordia di Dio, ponendole così nella sfera della santità.
Scontata la pena e rimesse in libertà, il marchio di esclusione dalla società era indelebile per quelle donne. Per Lataste la misericordia di Dio è sempre più forte di ogni errore e sempre più determinante rispetto alla condanna imposta dalla giustizia umana.
Un anno dopo, Lataste incontra nuovamente le detenute del carcere di Cadillac e inizia la stesura di un opuscolo, un dossier pubblicato nel 1866 (Les rehabiltées), nel quale, rivolgendosi alle autorità civili e religiose del territorio, cerca di sensibilizzare i cittadini sul dramma che vivono quelle donne all’uscita dal carcere e sulla responsabilità di una società che le costringe a subire la condizione di emarginazione. La figura di riferimento è quella evangelica di Maria di Magdala, la riabilitata per eccellenza: in lei ci sono l’immagine e il senso dell’integrazione della donna ridonata all’annuncio del Vangelo e a una vita dignitosa. Lataste non si è preoccupato di trovare una “sistemazione” per coloro che, scontata la loro detenzione, sarebbero state rifiutate ed emarginate. Non è sufficiente offrire loro dei mezzi di sopravvivenza: quelle donne devono essere riqualificate, reintegrate nella società e nella Chiesa e la loro condizione di ex detenute deve servire per innescare un processo culturale e religioso che superi i pregiudizi e le emarginazioni. L’opuscolo sarà alla base della Congregazione di Betania.
Oggi permane una componente sociale ed ecclesiale pregna di preconcetti; i fatti di cronaca ne sono l’allarmante prova. Occorre sviluppare una cultura e una prospettiva dell’integrazione tra uomo e donna. È un percorso necessario a ogni essere umano: non è solo questione di uomini capaci di riabilitare quella parte femminile dell’umanità che continua a subire l’ingiustizia del “maschio dominante”; ai tempi di Lataste (come oggi, del resto) quelle donne venivano condannate dallo stesso maschio che le aveva indotte o costrette ad azioni e situazioni di illegalità. Per quanto sia stato innalzato sugli altari (è stato beatificato il 3 giugno 2012), Jean Joseph Lataste non ci serve per dire che ogni tanto, nella storia dell’umanità, ci sono (nella Chiesa) uomini buoni, disponibili ad aiutare donne meno buone ma in difficoltà! Lataste “costringe” la mentalità maschilista a un movimento di riabilitazione: nel progetto di Betania, è consapevole di essere lui il primo riabilitato; è lui, il maschio, il religioso, il prete ad aver bisogno di riabilitazione perché anche lui componente e complice di un sistema in cui la donna è vittima. Come tante altre persone nella storia della Chiesa, l’esempio di Lataste segna un punto di partenza, un’occasione di ripensamento e riqualificazione dell’umanità (indipendentemente dal genere): di Chiesa e di società selettive ed esclusive ne abbiamo avuto abbastanza!