Nome comune di donna
Abbiamo rivolto questa domanda a suor Giselle Gómez della congregazione di Santa Teresa di Gesù.
“Ho amiche che sono cristiane e non cattoliche che entrano in sintonia con Teresa, con la sua ricerca, con questa familiarità con il mistero... Penso sia necessario ritessere l’armonia; dobbiamo tornare a parlare di umanità e riconciliazione”.
Teresa è pienamente donna, convinta che vale la pena essere donna. Alcuni critici dicono che lei non ha dato valore alle donne per alcune sue espressioni. Ma esse devono esser comprese all’interno della sua epoca. In un passo importante scrive: “No lo creo yo, Señor, de vuestra bondad y justicia, que sois justo juez y no como los jueces del mundo, que – como son hijos de Adán y, en fin, todos varones – no hay virtud de mujer que no tengan por sospechosa”(I giudici del mondo sono tutti uomini e vivono come sospettosa qualsiasi virtù di una donna). Questo può aiutarci come donne a capire che, anche se siamo in svantaggio, non dobbiamo mollare quanto piuttosto proseguire il nostro cammino.
Di lei il nunzio apostolico Sega (Filippo Sega, cardinale italiano, nunzio in Spagna dal 1957, poi a Ravenna sino alla morte, ndr) diceva che era inquieta, agitata, la qual cosa oggi è una buona qualità. Ma quando è stato detto non aveva lo stesso significato. Sega la definisce inquieta, disobbediente, ostinata, perché promulgava dottrine contro ciò che San Paolo diceva che la donna doveva essere. Lei racconta che una volta, mentre pregava, le vennero alla mente le parole del nunzio e sentì nascere dentro di sé l’interrogativo se continuare con l’idea delle fondazioni; ma nella preghiera sentì che Gesù le suggeriva di dire a questi uomini di non fissarsi solo in una parte della Scrittura. Per tutto questo sento che Teresa aveva una visione molto ampia di ciò che la donna doveva essere.
Nel libro “I Concetti dell’Amore di Dio” dice che noi donne abbiamo il diritto di interpretare la Scrittura. Questo più di 500 anni fa!
Sì. Ma anche altre donne hanno affermato la stessa cosa. Lo dico sempre che questo desiderio di reinterpretare la Parola non è di adesso. Anche Caterina di Siena lo afferma, nonostante non sapesse né leggere né scrivere, e parliamo di Medioevo. Teresa fu, per il suo tempo, una donna spirituale; non di devozione, ma una donna capace di comprendere che è abitata da Dio. Diceva che gli esseri umani, e quindi anche le donne, hanno la capacità di parlare con Dio. Questa espressione ora è bella, ma nel secolo XVI era un’altra cosa: venne etichettata come illuminata, eretica. Quindi, discriminata proprio per essere una donna spirituale.
Teresa viene da una famiglia ebrea convertita. Questo nel secolo XVI in una Spagna molto razzista che aveva promulgato gli Statuti per il lignaggio di sangue, la razza pura. Per poter entrare nei conventi si chiedeva la purezza di sangue. Teresa in nessun punto delle Costituzioni chiese lo stesso. C’è un testo nel suo Cammino di perfezione in cui afferma che nel convento tutte devono essere amiche, tutte devono aiutarsi e amarsi. Noi, a volte, lo interpretiamo nel senso che dobbiamo amarci molto, e va bene, ma dietro c’è qualcosa di più: qui non ci sono né plebee né nobili, né ricche né povere né persone con privilegi né persone senza.
Credo che nel nostro mondo risieda una parte di assoluto e di spiritualità, anche se non lo definiamo così e in tante, anche se non appartengono a nessuna religione, la chiamano mistica. Avvicinarsi a questo modo di sperimentare la vita che Teresa propone può servire a molte donne. Ho amiche che sono cristiane e non cattoliche che entrano in sintonia con Teresa, con la sua ricerca, con questa familiarità con il mistero.
Perché, dopo tanti secoli da Teresa e Caterina, ci troviamo ancora molto indietro nel riconoscimento della donna nella Chiesa?
Ci sono autori che oggi parlano dell’evoluzione della coscienza nel nostro mondo, e molti sono maschi. È diffusa la concezione che il femminile ha una parola da offrire come contributo e la vita religiosa deve decostrui-re il patriarcato. Ci sono autori non cristiani ma, a mio avviso, molto qualificati, che parlano di questa evoluzione della coscienza, non come una lotta di potere ma come un’integrazione armonica tra il femminile e il maschile, nel mondo, nelle persone e nel cosmo. Credo che sia stato necessario, e lo è ancora, lottare per i diritti delle donne. Quello che noi donne viviamo oggi in termini di opportunità, lo dobbiamo a coloro che hanno lottato prima di noi; spesso hanno offerto la propria vita. Nel mondo, oggi, ci sono tante donne che ancora non hanno la possibilità di studiare o di lavorare. È ancora una sfida lottare a fianco a costoro.
Oltre a tutto questo, però, penso sia necessario ritessere l’armonia; dobbiamo tornare a parlare di umanità e riconciliazione. In questa ricerca armonica è inclusa anche la riconciliazione tra i generi. Non c’è ragione per cui gli uomini debbano temere le donne, o noi loro.
È vero che ci sono secoli alle nostre spalle, dove loro hanno assunto una posizione di potere e noi siamo state relegate a una funzione e un posto più “basso”. Quindi, non è facile. Ci sono apprendimenti interiorizzati da parte loro e nostra. Ci sono situazioni nelle quali siamo in competizione: ecco la necessità di ricercare una nuova possibilità armonica nel mondo.
Io sono di un Paese povero, il Nicaragua, e le donne hanno possibilità minime di affermazione rispetto agli uomini o ad altre donne che vivono in altre parti del mondo. Dobbiamo risvegliare la solidarietà di genere. Quando Elisabeth Schüssler Fiorenza parla della piramide sociale, dice proprio questo: non è uguale essere donna, bianca, ricca o donna quasi schiavizzata e povera. Noi, che abbiamo tante opportunità, come trattiamo le altre donne che non ne hanno? Riproduciamo i lineamenti maschili? Credo sia una sfida per gli uomini come per le donne.
Talvolta mi rendo conto che le donne stesse non si riconoscono un potere: tu che ne pensi?
Il patriarcato ci ha insegnato a competere: lo facciamo quando siamo bambine e adolescenti per lo stesso uomo. L’uomo al centro e le donne attorno. Come donne non abbiamo sempre fiducia nelle altre, ci vediamo come competitrici. Questo mina seriamente la fiducia. Dobbiamo crescere, prima di tutto, in autostima con una prospettiva di genere, non chiediamo le stesse cose degli uomini. Per povero che sia un ambiente, gli uomini hanno sempre più possibilità delle donne; ad esempio, studiano di più. Non succede ovunque questo, ma ancora in molti Paesi; anche nelle classi medie. Lavorare, quindi, sull’autostima con la prospettiva di essere donne: come ci ha influenzato la realtà personale e familiare? Cosa ha significato per me essere nata donna?
Un altro punto importante è lavorare sulla nostra autonomia, ma accettando di essere interdipendente. Non sono un’isola, ma devo imparare a essere autonoma per essere interdipendente. Devo imparare a dare fiducia, a essere credibile per l’altra persona: se credo in me do’ opportunità anche all’altra. Anche nella vita religiosa abbiamo fatto dei passi importanti, perché in passato, per esempio, chi doveva guidare gli esercizi spirituali erano gli uomini. Una donna teologa non era quindi in grado di farlo? Spesso siamo noi donne le più critiche verso le altre donne. Dobbiamo valorizzare le donne senza il desiderio di escludere nessuno.
Sei felice in questa Chiesa?
Io sono molto felice nella mia Congregazione, che è la mia piccola Chiesa. Ci sono cose nella Chiesa, però, che mi fanno tanto soffrire.