POTERE DEI SEGNI

Contemplattivi

Siamo tutti al pozzo di Sichar. Senza mezzi e senza brocche per attingere
l’acqua. Di fronte all’emergenza educativa, don Tonino ci sprona a sperimentare la pedagogia della soglia.
Rosa Serrone

La Chiesa italiana oggi è allarmata: secolarismo dilagante, vita parrocchiale affaticata, fuga dei giovani nel post-cresima, chiese vuote, poche vocazioni sacerdotali, diffidenza verso il clero…. Diviene centrale l’impegno ecclesiale per l’educazione alla fede.
Così scriveva don Tonino sull’educazione alla fede (Il pozzo è profondo in “Scrivo a voi…”1992 Edizioni Dehoniane): Essendo vescovo, sono per missione educatore della fede. Uno, cioè, che davanti a un pozzo è incaricato di far affiorare l’acqua dalle viscere della terra. Mestiere tutt’altro che facile …ho sempre l’impressione di sentirmi interpellato con le stesse audaci parole che la samaritana rivolse a Gesù, presso il pozzo di Sichar: “Signore (nel mio caso: monsignore), tu non hai un mezzo per attingere, e il pozzo è profondo”. Credo che anche voi, carissimi catechisti, essendo come me educatori dei fratelli alla fede, proviate spesso lo sgomento di sentirvi sprovvisti di secchi, carrucole e brocche. E allora è necessario attrezzarsi. Anzitutto di strumenti culturali. La conoscenza delle leggi fondamentali che presiedono alla crescita umana, da una parte. Lo studio della parola di Dio, l’approfondimento del pensiero della Chiesa, la ricerca degli imperativi morali, l’accostamento alle fonti liturgiche dall’altra …. è necessario attrezzarsi anche di un metodo: e io vi auguro che possiate appropriarvi in termini forti dello stile della nonviolenza. Come educatori, siete chiamati ad attuare la pedagogia della soglia; in altri termini: a seguire i vostri ragazzi sostando sul portone della loro coscienza, senza invaderla. Mettetevi, perciò, accanto a loro, senza prevaricare. Aiutateli con discrezione a costruirsi, sul progetto - Vangelo, ma con i materiali afferenti che la storia e la vita propongono, un valido sistema di significati, una coerente scala di valori, un apprezzabile quadro di riferimento, attorno a cui giocarsi la libertà. E, infine, è necessario attrezzarsi di un grande entusiasmo. Che poi, in ultima analisi, è consuetudine con Gesù Cristo. Senza questa alacrità spirituale non si può essere educatori.
In momenti di confidenza ci diceva di pregare così “Signore io mi affido a te, fa di me quello che ti piace…” e per farsi capire bene ci consegnò una parola nuova e una personale esperienza: Dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione. La contemplattività, con due t, la dobbiamo recuperare all’interno del nostro armamentario spirituale. … Quand’ero istruttore di nuoto – ero molto bravo, e quando ero in seminario tantissimi hanno imparato da me a nuotare –- quante volte dovevo incoraggiare gli incerti: «Dai, sono qui io; non ti preoccupare...». Se qualcuno stava annaspando o scendendo giù, io gli passavo accanto e quello si avvinghiava fin quasi a strozzarmi. Questo è solo un abbraccio di paura, non un abbraccio d’amore. Qualche volta con Dio facciamo anche noi così: ci aggrappiamo perché ci sentiamo mancare il terreno sotto i piedi, ma non ci abbandoniamo. Abbandonarsi vuol dire lasciarsi cullare da lui, lasciarsi portare da lui semplicemente dicendo: «Dio, come ti voglio bene!».
Tanti hanno vissuto con don Tonino l’esperienza dei discepoli di Emmaus, lo hanno riconosciuto come cristiano autentico dai gesti coerenti al Vangelo e come loro possono esclamare: ”Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?”. Oggi papa Francesco ci sorprende con parole e gesti significativi che amiamo e ci riconcilia col mondo. E noi sapremo raccontare con la vita la nostra fede ed educare giovani e lontani alla ricerca di Dio in tutti e in ciascuno?

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