SOCIETÀ

Gente fuori dalla crisi

Verso una società che si prende cura, in un contesto di crisi. Austerità e recessione in cinque Paesi deboli nel nuovo rapporto di Caritas Europa.
Walter Nanni (Ufficio Studi Caritas Italiana)

Il 14 febbraio 2013, nel corso di una conferenza stampa presso l’Ufficio di Dublino del Parlamento Europeo, e in modo simultaneo negli altri Paesi coinvolti, Caritas Europa ha presentato un Rapporto sull’impatto della crisi economica e delle misure di austerità in cinque “Paesi deboli” dell’Unione Europea (Italia, Portogallo, Spagna, Grecia e Irlanda). Il Rapporto (Bringing People out of the Crisis – Caritas Response to Austerity, with special focus on Europe’s worst hit countries), arricchito dal decennale lavoro sul campo della Caritas nei diversi Paesi, è diviso in quattro parti e presenta dati, testimonianze, esperienze e una serie di raccomandazioni rivolte alle istituzioni e a vari attori significativi, a livello nazionale e comunitario.

L’impatto della crisi
Anche se il contesto di partenza è diverso nei cinque Paesi presi in considerazione dal rapporto, esistono aspetti e tendenze comuni:
• alti livelli di disoccupazione, in quattro dei Paesi considerati;
• livelli molto elevati di disoccupazione giovanile in tutti e cinque i Paesi, con significativi trend di aumento;
• la disoccupazione di lunga durata è alta in tutti i Paesi;
• la povertà relativa aumenta nella maggior parte dei Paesi, con diverse specificità nazionali, tra cui la persistenza della povertà minorile;
• la maggior parte dei Paesi evidenzia dei gap assistenziali nei confronti di determinati gruppi sociali, tra cui soprattutto i disoccupati da lavoro atipico e coloro che si trovano in prossimità della scadenza del periodo di fruizione di benefit socio-assistenziali e indennità di disoccupazione;
• in tutti i Paesi, la rete familiare è messa a dura prova dalla crisi e sta esaurendo le proprie risorse economiche e la propria capacità di supporto socio-assistenziale informale.

Povertà ed esclusione
• Alla fine del 2010, il 23,4% della popolazione europea (115,7 milioni di persone) era a rischio di povertà o esclusione sociale, 2 milioni in più rispetto all’anno precedente;
• in 21 Stati membri l’infanzia rappresenta il gruppo sociale a maggiore rischio di povertà (valore medio europeo: 26,9%);
• il tasso di povertà tra i working poor è pari all’8.7%, con forti aumenti a partire dal 2008;
• l’inflazione sta aumentando più del prodotto interno lordo, soprattutto nel settore alimentare e in quello energetico;
• secondo i dati Istat, nel 2011 (ultimo anno disponibile), l’11,1% delle famiglie italiane era sotto la linea di povertà. La povertà delle famiglie italiane (misurata in base al livello dei consumi familiari) è andata aumentando nel corso degli ultimi 3 anni.

La Caritas e la crisi
Dallo scoppio della crisi, le organizzazioni aderenti alla rete Caritas in Europa sono sempre più impegnate nel sostegno alle persone colpite dalla crisi e dalle conseguenze delle misure di austerità e dei tagli al settore socio-assistenziale. Tutte le Caritas devono, inoltre, affrontare sfide comuni, con alcune differenze nazionali. In Italia, la Caritas evidenzia alcune tipologie sociali emergenti, a forte rischio di povertà ed esclusione sociale, a causa della recente crisi economica:
a) adulti di età compresa tra 40-50 anni, che si ritrovano improvvisamente disoccupati dopo una vita di lavoro regolare;
b) giovani adulti che lavorano sulla base di contratti a tempo determinato, collaborazioni occasionali , lavori stagionali, e che cambiano continuamente settore di lavoro e tipo di mansione. Tale indeterminatezza si riflette nell’incapacità a progettare il proprio futuro, in termini professionali, personali e familiari;
c) piccoli imprenditori che devono fronteggiare bancarotta, fallimenti, difficoltà del mercato, indebitamenti, scivolamento nel mercato del credito illegale, ecc.;
d) immigrati ex-utenti Caritas che tornano in Caritas per chiedere nuovamente aiuto, dopo aver perso il lavoro a causa della crisi ed essere stati assorbiti dal mercato del lavoro nero;
e) anziani che si fanno carico di figli e nipoti disoccupati, attingendo ai propri risparmi, vendendo l’abitazione di proprietà, accendendo finanziamenti a proprio nome, ecc.
La crisi economica ha determinato un evidente aumento di persone che si rivolgono alla Caritas. Fino al 2010 gli aumenti di utenza si sono mantenuti sotto una soglia inferiore al 20% (8,5% di aumento nel 2008 rispetto al 2007, 12,2% nel 2009, 19,8% nel 2010). Nel 2011 si registra, invece, un brusco aumento, pari al 54,1% di utenti in più rispetto all’anno base 2007. Nonostante la relativa stabilità di molti indicatori ufficiali di povertà, la Caritas evidenzia un forte aumento della richiesta di aiuto nel corso degli ultimi 5 anni.
Dal punto di vista delle attività erogate, in Italia la Caritas, di concerto con le diverse espressioni delle Chiese locali e a volte con le istituzioni locali, ha sviluppato un’ampia gamma di iniziative anticrisi. Si tratta di 986 progetti, presso 212 Caritas diocesane. Il numero più elevato di progetti è nel Sud (41,5%), seguito dal Nord (33%) ed al centro (25,5%). Dal 2010 al 2011 il numero di progetti è aumentato del 22,2%. Dal 2010 l’aumento è stato pari al 70,7%.

Raccomandazioni finali
Un’ultima parte del Rapporto presenta alcune osservazioni finali sul possibile ruolo della Chiesa in tempo di crisi e una serie di raccomandazioni rivolte ai governi nazionali, alle istituzioni europee, alle Ong.
Alle istituzioni europee viene chiesto di assicurare un’adeguata dimensione sociale al processo europeo di attuazione della Strategia 2020 per tutti gli Stati membri, individuare degli obiettivi specifici nella lotta alla povertà nei gruppi a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale, all’interno dei Programmi Nazionali di Riforma presentati su base annuale alla Commissione EU. Si richiede, inoltre, alle autorità europee di assumere un ruolo di leadership nella lotta alla povertà minorile, oltre che una maggiore attenzione complessiva alle politiche di supporto ai gruppi vulnerabili di popolazione, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, e rendere disponibili fondi strutturali sufficienti per assistere quei Paesi nei quali tale fenomeno è più forte. Si chiede, infine, di riconoscere che le politiche di austerità finora raccomandate ai governi nazionali non hanno ottenuto gli effetti sperati, ma hanno avuto un impatto molto forte sulle fasce più vulnerabili. Un’alternativa si rende assolutamente necessaria. Si auspica il rafforzamento dell’economia sociale e la possibilità di individuare soluzioni eque al problema debito-crisi.
Ai competenti governi nazionali e locali si chiede di consolidare (e non indebolire) i sistemi di welfare, rafforzare i servizi essenziali, implementare misure di inclusione attiva nel mercato del lavoro, attribuire costi maggiori a coloro che possono permettersi di farlo, prevedere la possibilità che le amministrazioni forniscano occupazioni di “ultima istanza” a favore di soggetti esclusi dal mercato del lavoro, assicurare una governance inclusiva, migliorare il controllo e la pianificazione dei servizi e delle prestazioni sociali.
In particolare all’Italia si chiede l’introduzione di una misura universalistica di contrasto alla povertà, pur graduale rispetto all’intensità del fenomeno e incrementale nella sua applicazione; ripensare il sistema di welfare, orientato alla famiglia come soggetto esposto ai rischi dell’esclusione, ma anche come agente per l’inclusione; una decisa azione di politiche integrate verso i minori e i giovani sul piano educativo, sociale e occupazionale, per ridurre le disuguaglianze e offrire opportunità; la costruzione di strategie di inclusione per gli immigrati e le loro famiglie, a partire dal tema della cittadinanza dei minori nati in Italia; un rinnovato e articolato impegno verso le aree più povere e marginali del nostro paese (meridione, quartieri sensibili, aree montane) capace di riqualificare sul piano economico, territoriale e della coesione sociale.

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