Pane e pace
P come paura, ma anche e soprattutto come Pace. Mi ha sempre fatto impressione la capacità dei Greci antichi, imitati ed emulati dai Latini, di esprimere attraverso i personaggi della loro tanto complessa quanto inabbracciabile mitologia, sentimenti, stati d’animo e sovente real-tà esistenziali della nostra vita umana sulla terra. L’ho capito solo più tardi, perché all’epoca della nostra scuola media d’allora, a noi che, poco più che bambini, ci cimentavamo con i “classici”, sembrava solo di avere a che fare con divinità strane e capricciose, stravaganti e crudeli, litigiose e lascive. Non di rado ci dicevamo tra compagni, non senza un senso di superiorità: “Ma quanto erano stupidi a credere a queste baggianate!”. Erano forme ed espressioni di quell’Olimpo che compariva puntualmente nelle versioni da tradurre e nei classici, talvolta tanto complessi e contorti quanto incomprensibili o plurivalenti.
Oggi non lo direi più, anzi resto ogni volta sorpreso dinanzi alla scoperta del contenuto “antropologico” e, dunque, del messaggio contenuto nelle entità mitologiche, che gli autori della cosiddetta Fenomenologia della religione hanno indicato e sviluppato in tutto il loro valore di simboli ancestrali quanto poetici.
Phobos e Deimos
Ripenso alla Paura, cui la mitologia greca non indugiava ad assegnare il rango di divinità, chiamandola con due nomi e indicando così la sua ambivalenza di orrore e terrore, identificandola in due “divinità” distinte, ma non separate. Si tratta di reazioni emotive e stati d’animo noti a tutti coloro che hanno il dono della vita, dagli uomini agli animali e che la classicità greca riassumeva prevalentemente sotto questi due: Phobos e Deimos. Questi due termini sembrano esprimere tutto il ventaglio delle reazioni dell’animo umano di fronte alla minaccia vera, presunta o solo immaginata (basta pensare alle tante forme di fobia, di cui più o meno soffriamo tutti) e di fronte alla costatazione del fin dove può arrivare la crudeltà. Deimos e Phobos, di solito tradotti con spavento e paura, di chi sono figli?
Non può sorprendere il padre: di Ares, il dio della guerra. Tradotto dai Latini in Marte, il dio della guerra ha ricevuto e riceve più volte al giorno il suo tributo di onore se non altro nel nostro linguaggio neolatino, che, quasi a imperitura memoria, gli ha dedicato non solo un giorno della settimana il Martedì, ma anche un mese, quello di Marzo, addomesticandolo nel mese un po’ pazzerello, che ci fa passare senza preavviso dal sole all’ombrello.
Non sorprende il padre dello spavento e della paura. Collocando nel cielo cosmico le paure ancestrali di questa nostra terra, i due satelliti orbitanti effettivamente intorno al pianeta Marte sono stati chiamati Phobos e Deimos. Sono solo due enormi macigni, non aventi nemmeno le sembianze di sfere regolari e armoniche (ma quando mai la paura ha avuto o avrà una sua armonia?). Sono piuttosto piccoli, rispetto alle misure dei grandi corpi celesti. Di Phobos, il maggiore (l’altro è poco più della sua metà) si calcola che il raggio superi di poco i 22 chilometri, equivalente alla distanza, che so, da Catanzaro a Soverato, visto che scrivo dal profondo Sud. Tuttavia, pur così piccoli, il terrore e l’orrore orbitanti intorno alla guerra, colmano le distanze di tutta la terra e per gli antichi turbavano persino il sonno degli immortali.
Dicevo che non sorprende il loro padre, il dio della guerra. Sorprende la loro madre: Afrodite, la dea dell’amore. Evidentemente avranno preso tutto dal padre, mentre non manca chi ha preso dalla madre, perché alla ben poco coerente famiglia appartengono anche altri figli, i cui nomi corrispondono, simmetricamente, nientemeno che ad Armonia, Eros e Anteros (il più sconosciuto dio dell’amore reciproco).
Di fronte al nulla
Insomma la paura, in tutte le sue forme, nasce dalla guerra, ma nasce anche e soprattutto dalla contraddizione che sembra segnare la storia umana e l’animo umano, divisi entrambi, a metà, tra guerra e amore, e pertanto aventi frutti contraddittori e opposti a partire da quelli tra fratelli e sorelle “di sangue”.
Potrei dire di più, ma solo come intuizione, da sviluppare altrove: la paura è anche e fondamentalmente quella di fronte al nulla, sì, alla morte, dopo aver perso l’amore o semplicemente per la possibilità reale di perdere per sempre la persona che si ama.
Nella nostra riflessione sulla pace, la paura è anche l’esito e forse il combustibile di quelle “tentazioni” di forzare la realtà per non cadere nel nulla che, se sono assecondate, provocano distruzione e morte. L’antidoto è certamente la Pace, non solo come ristabilimento di un’armonia che non deve iniziare soltanto dal basso e dall’intimo, ma deve essere gestione delle proprie paure, che, similmente ai due fratelli in oggetto, dovranno essere ricondotte a girare e rigirare intorno a un centro, che alla fine le porterà a diventare sferiche, cioè armoniche.
Ma per arrivare alla pace, occorre vincere le tre tentazioni di cui parlano i vangeli. Tentazioni subite e superate da Gesù e mai interamente superate dalla sua Chiesa. L’evangelista Luca le enumera in questa sequenza: tentazione di pane (come profitto), di potere (come dominio sugli altri), di prodigio (come forzatura divina sull’evolversi naturale delle cose). Nemmeno a farlo apposta, di nuovo tre P.
Don Tonino Bello ha pagine splendide sull’argomento. Tra queste, quelle leggibili in Obiezione di coscienza e società (Scritti di pace 4, Mezzina, Molfetta 1997, 113ss). Si tratta di fare obiezione a queste tre forze nefaste che rovinano animo e terra, natura dentro di noi e fuori di noi, rapporti e futuro. Obiettare e come? Ovviamente attraverso contro-forze positive che oppongano al profitto la forza della Parola come profezia e come parola non tanto in libertà ma di libertà (parresìa) e perciò anche profezia contro ogni tentazione collegata al potere. Su questa strada recuperiamo il valore del pane, ma da condividere, invece di accumulare armi. Reagiamo alle forme di potere che generano morte, minacce e paure attraverso una protesta che è anche proposta, annuncio di qualcosa di nuovo. Sicché, alla fine, siamo soprattutto capaci di intercettare e collaborare a realizzare quel progetto di pace, che abbiamo già visto essere la quintessenza della nostra fede cristiana. Ecco alcuni passaggi di pace, forse i più importanti… Ma tutto inizia ancora per P. P insomma come pace, l’unica che sconfigge la paura.