Coltivare speranza
Sollecitati dalla pluralità di messaggi che si levano da tante realtà di base su questo tema, nel rispetto delle diversità di considerazioni ed espressioni che scaturiscono a partire dai differenti contesti e vissuti di singole persone ed esperienze, desideriamo aggiungere la nostra lettura degli avvenimenti.
La fede su cui si fonda il nostro vivere, sia essa fede religiosa o fede laica, è spinta a rinnovarsi di continuo dalle vicende gioiose o tragiche della vita e della storia. Oggi guardiamo con speranza a questo popolo in cammino che ha il coraggio di manifestare apertamente la propria fede liberandosi da paure e soggezioni.
Educati dal Vangelo della tradizione cristiana e insieme arricchiti da tante altre tradizioni di sapienza e liberazione umana, ci interroghiamo.
Assistiamo a folle che fissano gli occhi verso l’alto in attesa che qualcuno o qualcosa compia il miracolo della salvezza; questo atteggiamento di attesa passiva, in cui siamo cresciuti per generazioni, favorisce la cultura della dipendenza, non permette ai nostri occhi di vedere le tante formiche laboriose che si danno da fare e contribuisce a rafforzare i poteri che le schiacciano.
Da cristiani adulti e maturi, volgiamo lo sguardo verso chi ci è accanto, cercando insieme cammini nuovi.
Il cerchio della comunità in cui ci riconosciamo e siamo cresciuti/e non prevede ruoli e personalità di prestigio o taumaturgiche, valorizza le diversità e le specificità di ciascuna/o con le risorse ed i limiti che ci caratterizzano. Anche al nostro interno, come dovunque, esistono problemi e complessità; a volte sarebbe più comoda e facile la delega a qualcuna/o anziché l’assunzione di responsabilità individuali, ma abbiamo sperimentato che la fatica del condividere ci arricchisce, ci sostiene, ci dona speranza, fiducia, serenità. “Né padri né maestri” dunque: il culto di miti, santi ed eroi crea soggezioni, dipendenze, insicurezze. Riconosciamo il valore di messaggi e contributi positivi di donne ed uomini di buona volontà a cui siamo grati, ma non amiamo i monumenti e gli altari. Secondo noi il movimento di Gesù e le prime comunità cristiane hanno proposto un messaggio ed una testimonianza collettiva e non un eroe mitico, e il linguaggio usato dal racconto dei Vangeli va contestualizzato, scoperto ed attualizzato costantemente.
In questo contesto ci domandiamo che valore ha l'elezione di un nuovo Papa: ha un senso evangelico affidarci a dei “maestri”, esclusivamente uomini, che si preoccupano sostanzialmente di una struttura ecclesiastica ipertrofica, monarchica e feudale, legata alla ricchezza e al potere, che ci allontana dallo spirito della predicazione di Gesù di Nazareth?
Lo spirito è la grande risorsa dei senza-potere ai quali si vorrebbe negare passato e futuro. Ci piace ricordare in questo contesto il messaggio profetico di Gioacchino da Fiore, che nel lontano 1170 preconizzava l'avvento dell'età dello Spirito, uno Spirito che si diffonde su tutti gli uomini di buona volontà e rende superflua la struttura gerarchica della Chiesa: è l'età dei laici che prendono consapevolezza della propria dignità di Figli di Dio e si fanno promotori in prima persona del Regno della Giustizia, della Verità e dell'Amore.
Oggi in molti abbiamo capito che dobbiamo confrontarci tutte/i apertamente per promuovere e inventare una nuova cultura di laicità e di rispetto reciproco che non passa solo per le battaglie sociali, politiche ed istituzionali ma anche e soprattutto attraverso la ricerca di valori condivisi da donne ed uomini, insieme, per accompagnare le nuove generazioni lungo percorsi nuovi e liberanti. La scienza, la conoscenza, la memoria, la storia e la riappropriazione della dimensione religiosa sono alcuni dei tanti luoghi del confronto e dell’approfondimento ai quali guardiamo senza timori né soggezioni, con atteggiamento consapevole e responsabile, perché secondo noi sono i nuovi cammini di incontro dell’umanità in ricerca.
Abbiamo imparato che “la verità” non appartiene a nessuno, che esistono “tante verità” che possono arricchire il cammino dell’umanità e che siamo chiamati a coniugare insieme in atteggiamento di responsabilità e di reciproca fiducia; consideriamo non coerente con lo spirito del Vangelo l’affermazione dell’esistenza di “principi non negoziabili”.
Oggi, a 50 anni dall’inizio del Concilio, il divenire storico ci appare come un incessante cammino. Donne e uomini di tutti i tempi, luoghi e popoli procedono verso la liberazione spinti da una forza che si sprigiona dall'interno della vita e dall'intimo delle relazioni. Non più la storia come marcia trionfale del dominio, segnata dalle gesta di eroi, di santi, di potenti, negata alla gente comune chiamata "senza storia", ma la storia come immenso movimento dal basso, incerto, fluttuante, con alti e bassi, conquiste e arretramenti, scoraggiamenti e speranze. Oggi scopriamo che quello spirito del Concilio, così osteggiato e tradito dai luoghi del potere, ha camminato lungo le strade della storia. Semi sparsi germogliano e fecondano nuova vita. E’ tenendoci per mano che riusciamo a dare alla vita un senso sempre nuovo e al tempo stesso antico, ricco di tutta la sapienza del cammino umano nei secoli. Riteniamo di poter affermare che erede della chiesa del Concilio sia questa realtà in ricerca faticosa, generosa e autentica dei tanti modi di coltivare nuova speranza.
Firenze, 24 marzo 2013