Tempo di pluralismo
Prezioso e indispensabile strumento, il volumetto del grande esperto di educazione interculturale Brunetto Salvarani, per tentare la comprensione dell’oggi e prepararci al domani dell’Italia delle religioni. La consapevolezza di abitare sotto lo stesso cielo, illuminato però da stelle diverse, prima che spaventare, può aiutare a ripensare il sacro, dentro una nuova esperienza, quella della non separazione dal profano, vivendo così il dialogo interreligioso non come una competizione, ma come un servizio all’umano. Questo tempo post-secolare, caratterizzato dalla crisi della ragione e dalla ‘rivincita di Dio’, può essere tempo favorevole solo se le religioni accetteranno la sfida di non vivere l’umano come fosse condanna, e neppure ripararsi nella fede come fosse sospensione di umanità. Il sacro che torna al plurale, liberato dalla violenza fondamentalista e disposto al dialogo con le altre esperienze religiose, mette in discussione la cultura dominata dal concetto, e ripropone la cultura della contemplazione, come arte di accogliere e avvicinare l’altro.
Tanti sono gli approfondimenti e le sottolineature legate a questo intravvedere il cambiamento, necessario oggi, per passare dalla religione degli italiani all’Italia delle religioni, per cogliere la nuova geografia del sacro. Emerge l’urgenza, prima che il mondo imbarbarisca, di educarci al pluralismo religioso, in cui le religioni si sentano chiamate a collaborare tra loro, a fare della loro esperienza del sacro una predicazione dell’alternativa. E in una stagione caratterizzata, per le Chiese in Europa, dal credere senza appartenere oppure, quando il sacro torna sulla scena, dall’appartenere senza credere, connotato della “religione civile”, è sottolineata l’urgenza di elaborare l’appartenenza non come un muro, ma come un ponte, e quindi la sfida per le Chiese e le loro teologie di scoprire una fede interreligiosa dentro la propria tradizione. Si tratta di ripensarsi, passando dal paradigma dell’identità cartesiana a quello dell’ospitalità: sono accolto, dunque sono. Questo vuol dire non l’amore di identità, ma quello di alterità, non la reciprocità, ma l’ospitalità, non la simmetria, ma l’asimmetria, ovvero dal principio dell’autoaffermazione a quello della recettività e dell’accoglienza. Per vivere da cittadini dell’oggi e del domani, emerge dunque dall’avvincente testo, che riporta anche un’intervista a Raimond Panikkar, l’esigenza di un cambiamento di paradigma, rispondendo alla vocazione umana fondamentale dell’accoglienza.