Il coraggio della verità
Dopo il caso di Julian Assange e il caso di Bradley Manning è scoppiato il caso di Edward Snowden. Il filo conduttore è unico: sono personaggi che hanno violato – in maniera diretta o indiretta – i sistemi informatici statunitensi, squarciando il velo di segretezza che avvolge la guerra e l’apparato di spionaggio americano che ci sorveglia. Ciò che era segreto l’hanno reso pubblico e adesso sono perseguitati.
Assange ha fondato Wikileaks, pubblicando ad esempio i cablogrammi USA (ossia i messaggi del circuito diplomatico) da cui possiamo capire ad esempio quali politici sono più “collaborativi” con il governo americano.
Il secondo, Manning, è in carcere per aver diffuso le immagini delle uccisioni di civili compiute dalle Forze Armate americane. Il terzo – ed è il caso esploso più di recente – ha rivelato il cosiddetto “datagate” e ha mostrato al mondo intero come il governo di Obama spia tutto il pianeta. Edward Snowden, mentre stiamo scrivendo, sta cercando disperatamente rifugio politico ed è braccato.
Proprio grazie a Snowden abbiamo potuto conoscere l’esistenza del programma di sorveglianza PRISM, classificato come di massima segretezza dalla National Security Agency (NSA) sin dal 2007.
Scarsissima la solidarietà internazionale dei governi, a parte alcune eccezioni come quella del presidente venezuelano Nicolas Maduro che ha dichiarato: “Snowden è perseguitato nel mondo senza alcuna ragione (…) non ha lanciato alcun missile o ucciso qualcuno” e quindi “merita la protezione del diritto umanitario internazionale”.
Edward Snowden ha 29 anni ed è un impiegato pentito nella NSA. Lo scopo delle sue rivelazioni è di “non consentire al governo Usa di distruggere privacy e libertà di internet”. Con queste parole ha messo sotto accusa Obama, che si trova così coinvolto nel primo vero scandalo della sua amministrazione.
Lo scoop planetario di Snowden è emerso grazie al quotidiano britannico Guardian, che ha rivelato “il tentacolare sistema grazie al quale la Nsa, National Security Agency, ma anche l’Fbi, accedono da almeno sei anni alle comunicazioni telefoniche degli americani e ai server mondiali di nove big company del web, da facebook a skype”, scrive Simone Cosimi su Wired.
Le rivelazioni di Snowden hanno creato frizioni fra Usa e il resto del mondo, tanto che, come si legge sul sito dagospia, “Obama deve calare le braghe e mostrare il suo PRISM a Europa e Cina”. E tuttavia le nazioni che si indignano per essere state spiate non offrono asilo politico a Snowden, ed è qui l’ipocrisia di tutta questa storia.
Su Dagospia si legge: “Lo scandalo Datagte costringe gli Usa a scoprire le carte su Prism: l’Europa ottiene un gruppo di lavoro misto sui programmi di sorveglianza dell’America. S’allarga il papocchio: migliaia di aziende hi-tech hanno fornito dati all’intelligence Usa ricevendo in cambio informazioni riservate”.
La sorveglianza di PRISM è andata così in profondità che ha toccato e-mail, chat, chat vocali e videochat, video, foto, conversazioni VoIP, trasferimento di file, notifiche d’accesso e dettagli relativi a siti di reti sociali. E tutto questo è potuto avvenire grazie alla collaborazione di vari fra i maggiori service provider, tra cui i principali sono Google, Facebook, Microsoft, Skype, Apple e altri.
Con Snowden si sono schierati alcuni degli esponenti più critici del cinema americano (Oliver Stone, John Cusack, Roseanne Barr, Danny Glover, Amber Heard e Shia LaBeouf) che hanno firmato un appello insieme a un gruppo di pacifisti statunitensi (Noam Chomsky, Tom Hayden, Daniel Ellsberg e Joseph Wilson). In Italia su PeaceLink è stata creata una pagina web per Snowden su www.peacelink.it/cybercultura/a/38690.html. Non è molto, ma occorre pur incominciare a fare qualcosa.