Passi nuovi
Il re non vedeva di buon occhio che suo figlio, abbandonando le strade controllate, si aggirasse per le campagne per formarsi un giudizio sul mondo; perciò gli regalò carrozza e cavalli:
Ora non hai più bisogno di andare a piedi: furono le sue parole.
Ora non ti è più consentito di farlo: era il loro significato.
Ora non puoi più farlo: fu il loro effetto.
(Gunther Anders in un racconto per bambini)
Dotati o desiderosi di carrozze e cavalli (aggiorniamo pure l’immagine), segno distintivo di ricchezza o per lo meno della certezza che l’accumulo e la difesa delle proprie cose sia il principio primo e unico di ogni società; certi che l’esasperazione della logica dei confini, della proprietà privata, dell’accumulo, del “noi contro il voi” sia ineluttabile; ci siamo attrezzati di un concetto di difesa terribilmente violento: difendersi significa anche cancellare l’altro per tutelare le cose che abbiamo definito nostre. Persino la lingua latina ci ricorda che difendere è colpire (fendere) più che tutelare. Tutto molto logico nella lingua, nel pensiero e nel comportamento conseguente che è diventato guerra e apparato militare oltre che omicidio legalizzato.
Così non ci è concesso di abbandonare le strade controllate per scorgere nuove possibilità e nuove narrazioni sociali e politiche, spirituali ed economiche e non solo militari o armate del futuro.
Eppure è affascinante la sensazione che ti offrono i passi che calpestano strade nuove. Nuove perché intuite e magari già tracciate in parte ma non ancora percorse nella loro pienezza.
Responsabili
Ogni tanto (o forse sempre) la storia si incarica di rendere la soluzione dei problemi non più rinviabile. Ogni tanto la storia richiede una scelta. Per quanto riguarda tutti noi sono diverse le strade e le situazioni in cui siamo chiamati a camminare e abitare la terra. Ma con stile! “Mossi dal medesimo Spirito, noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri e della comunità” (Gaudium et Spes 78). Diverse sono anche le scelte responsabili, come singoli e come comunità, come società e stati che ci restano da fare. Scelte di nonviolenza, di mitezza, alla portata dei più deboli, degli ultimi, proprio per cambiare il paradigma della difesa.
I. L’inizio di questo nuovo millennio all’insegna del terrorismo, della guerra preventiva, del riarmo e dell’insicurezza, ci indicano che la strada della nonviolenza è l’unica via che apre una possibilità di futuro per tutti. Iniziamo il nostro pellegrinaggio di nonviolenza sulla terra.
II. La nostra presenza cristiana deve portare speranza e fiducia: la speranza che il cammino di liberazione dall’oppressione della ricchezza, dalla ferita della violenza, dalla pesantezza dell’ignoranza, dalla prepotenza dell’egoismo, è possibile perché Dio cammina con noi, non ci sostituisce ma ci sostiene nella nostra responsabilità. Iniziamo un nostro pellegrinaggio di speranza a fiducia sulla terra.
III. Il mondo, villaggio globale, ci costringe a incontrarci nella diversità di culture e di religioni. è giunto il tempo di una coraggiosa educazione all’ecumenismo e all’incontro interreligioso. Iniziamo il nostro laico pellegrinaggio di dialogo e condivisione sulla terra.
IV. La perdita d’identità e la scarsa vita comunitaria, crea un’esperienza umana “astorica” e incapace di progettualità. Persa l’identità, cancellata l’esperienza di popolo in cammino verso la liberazione diventiamo facilmente capaci di ingiustizie fatte da noi o appoggiate dai nostri silenzi. Iniziamo il nostro pellegrinaggio di giustizia sulla terra.
V. Abbiamo diviso l’umanità in buoni e cattivi, amici e nemici, e con troppa facilità ci sentiamo i buoni della terra, tanto buoni da arrogarci il potere di giudicare e condannare a morte, sostenendo le violenze, pur con tutti i distinguo, che vanno dalla guerra alla pena di morte, dal neoliberismo selvaggio alla militarizzazione delle relazioni, dallo sfruttamento dei popoli oppressi al rifiuto dei diritti umani a difesa di tutti gli uomini e tutto l’uomo. Iniziamo il nostro pellegrinaggio di pace sulla terra.
VI. Seguire, conoscere e capire i fatti di questo mondo richiede intelligenza, studio e confronto, ma pare che ci sia più facile individuare qualcuno che ci sostituisca in questo sforzo di elaborazione e di progettualità. Spesso i nostri gruppi o associazioni, città o Stati mancano di questo coraggio. Contro l’ignoranza che spesso ci caratterizza iniziamo il nostro pellegrinaggio di formazione sulla terra.
VII. Ci piacciono le menzogne, soprattutto quelle che screditano l’altro e giustificano le nostre scelte. A noi il coraggio di riconoscere la parte di verità che c’è in ogni opera umana, e le possibili verità che abitano l’intimo di ogni uomo. Iniziamo il nostro pellegrinaggio di verità sulla terra.
VIII. La violenza personale e sociale, familiare o comunitaria provoca fratture profondissime, toglie terreno alla fiducia reciproca e impedisce ogni collaborazione. Condannare ci viene spontaneo, offrire un’altra possibilità meno. Iniziamo il nostro cammino di riconciliazione sulla terra.
IX. Siamo buoni reporter di guerra e cattivi narratori di pace. La mancanza di violenza è una non-notizia perché manca la cultura della prevenzione e del riconoscimento del bene come storia significativa. Iniziamo il nostro cammino di narrazione del bene e delle persone buone.
X. Come diceva Etty Hillesum: “Io non voglio ‘stare al sicuro’, voglio esserci, tra tutti questi cosiddetti ‘nemici’ dovunque io mi trovi voglio che ci sia un po’ di fratellanza”. Sicurezza è riconoscere e riconoscersi nell’altro, è includere, accogliere non escludere e cancellare. Iniziamo il nostro pellegrinaggio di fraternità sulla terra.
“Spesso si discute se la guerra è giusta o è ingiusta. La guerra è impossibile! Questa è la nuova categoria che dobbiamo tutti acquisire. Oggi in caso di guerra non ci saranno più né vinti, né vincitori. E io ho imparato anche dall’ultima guerra mondiale che non ci sono liberatori, ma soltanto uomini che si liberano. Infatti, Hitler non è stato vinto, il nazismo non è stato vinto, il razzismo non è stato vinto. è stato solo emarginato, in attesa di esplodere ancora”.
(D. M. Turoldo)
Uomini che si liberano più che liberatori. è un metodo nuovo, una nuova strada. Ne ricordo alcuni. Io inizio, voi continuate. 6 uomini, 6 itinerari, 6 storie, 6 percorsi per una nuova difesa.
Desmond Tutu e Nelson Mandela hanno avuto il coraggio di utilizzare il concetto e la strategia dell’Ubuntu per affrontare la tragica situazione di apartheid e di violenza razziale. Ne usciremo solo insieme, solo se le relazioni fra persone e popoli saranno consolidate e rilanciate sempre e ad ogni costo (leggi: D. Tutu, Non c’è futuro senza perdono, ed. Feltrinelli).
Jean Goss diceva che se un uomo non può uccidere di fronte alla violenza di ogni genere può denunciare tutte le violenze che opprimono, attaccare la coscienza di chi ne è responsabile, rifiutarsi di collaborare, e infine disobbedire a leggi ingiuste” (leggi: J.Goss, Fede e nonviolenza, L’Epos).
Carmine Di Sante di fronte alla violenza al servizio della verità rilancia l’orizzonte della gratuità e del disinteressamento come nuovo paradigma di responsabilità sul futuro. Ben oltre il logos degli interessi (leggi: C. Di Sante, Responsabilità, fuoriuscita dalla crisi, ed. Messaggero).
Danilo Dolci, nella sua esperienza educativa, denunciava chi ostacolava la creatività perché profondamente violento. Muore chi non sogna, diceva. Una condizione creativa è la ricchezza e chiarezza d’informazioni e una sana crescita culturale. Non si può elaborare il vuoto ma una relazione sì perché crea legami (leggi: D. Dolci, Palpitare di nessi, ed. Armando).
Walter Wink denuncia un mondo di dominio in cui il mito della violenza che salva genera un potere devastante per l’uomo e la sua dignità. Ho un solo vero potere: non riflettere il male e i suoi strumenti, questo difende l’umanità e il suo futuro (leggi: W. Wink, Rigenerare i poteri, Emi).
Alex Langer, di fronte a chi propone la logica del “più veloce, più alto, più forte”, rilancia un diverso percorso “più lento, più profondo, più dolce”. Questa è la prospettiva del nuovo benessere dell’umanità. Meno consumi, meno possesso, meno violenza per difenderlo (leggi: A. Langer, Il viaggiatore leggero, Sellerio).
Mi sono accorto che, così facendo, ho rinunciato alla carrozza e ai cavalli.
E va bene così!