POTERE DEI SEGNI

Pietre di scarto

Don Tonino, vescovo giovane accanto ai giovani: per cogliere quel brivido
di speranza che attraversa la terra, per incoraggiare chi è fuori dalle corsie
di rincorsa della vita.
Rosa Serrone

Don Tonino ama i poveri e soprattutto i giovani che sente impoveriti di valori, esperienze e solide relazioni. La sua prima premura è per i tossicodipendenti e non si limita a inaugurare la C.A.S.A. a Ruvo. Scrive a chi si sente fallito, a chi non trova pace, ai drop out, ai giovani disoccupati (“Pietre di scarto”, edizioni la meridiana). Ha anche cura dei seminaristi, degli studenti e dei gruppi ecclesiali. Dei giovani scrive in “I piedi di Giovanni”, da Omelie e Scritti Quaresimali: “Noi ci affanniamo, sì, a organizzare convegni per i giovani, (…) li mettiamo anche al centro dei programmi pastorali, ma poi resta il sospetto che, sia pure a fin di bene, più che servirli, ci si voglia servire di loro. Perché, diciamocelo con franchezza, i giovani rappresentano sempre un buon investimento. Perché sono la misura della nostra capacità di aggregazione e il fiore all’occhiello del nostro ascendente sociale. Perché, se sul piano economico il loro favore rende in termini di denaro, sul piano religioso il loro consenso paga in termini di immagine. Perché, comunque, è sempre redditizia la politica di accompagnarsi con chi, pur senza soldi in tasca, dispone di infinite risorse spendibili sui mercati generali della vita. Servire i giovani, invece, è tutt’altra cosa. Significa considerarli poveri con cui giocare in perdita, non potenziali ricchi da blandire furbescamente in anticipo. Significa ascoltarli. Deporre i panneggi del nostro insopportabile paternalismo. (...) Far tintinnare nel catino le lacrime della condivisione, e non quelle del disappunto per le nostre sicurezze predicatorie messe in crisi. Asciugare i loro piedi, non come fossero la pròtesi dei nostri, ma accettando con fiducia che percorrano altri sentieri, imprevedibili, e comunque non tracciati da noi. Significa far credito sul futuro, senza garanzie e senza avalli. Scommettere sull’inedito di un Dio che non invecchia. Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia. Camminare in novità di vita verso quei cieli nuovi e quelle terre nuove a cui si sono sempre diretti i piedi di Giovanni, l’apostolo dagli occhi di aquila, che è morto ultracentenario senza essersi stancato di credere nell’amore. Servire i giovani significa entrare con essi nell’orto degli ulivi, senza addormentarsi sulla loro solitudine, ma ascoltandone il respiro faticoso e sorvegliandone il sudore di sangue. (...) Significa, soprattutto, essere certi che dopo i giorni dell’amarezza c’è un’alba di risurrezione pure per loro. E c’è anche una pentecoste. La quale farà un rogo di tutte le scorie di peccato che invecchiano il mondo. E attraverserà la schiena della terra adolescente con un brivido di speranza. Saremo capaci di essere una Chiesa così serva dei giovani, da investire tutto sulla fragilità dei sogni?”.
Al suo funerale sul porto, la giovane Angela Paparella, oggi presidente diocesana di Azione Cattolica disse: “Caro don Tonino vescovo giovane… sei stato giovane per noi. E in un tempo dove si dice che è difficile comunicare ai giovani la fede, tu hai saputo avvicinarci tutti e trovare le parole, gli sguardi, i gesti per parlare a noi di Gesù Cristo, per dirci tutto il suo amore. A te, testimone vero della fede abbiamo creduto; con te abbiamo parlato, marciato, pregato, riso, cantato tante volte insieme. (…) Ma non sei stato solo un vescovo giovane. Sei stato pure un adulto credibile, un saldo punto di riferimento per tutti i giovani “vicini” e “lontani” dalla tua Chiesa” (Luce e Vita Documentazione, 93/2). E noi sapremo correre come Pietro insieme a Giovanni per condividere gioie e speranze ,tristezze e angosce dei giovani?

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