Quando un papa è "nuovo"
Nessuno si aspettava uno dalla fine del mondo che, per giunta, era gesuita e si sarebbe chiamato Francesco. I più cinici pensavano che il coup de theatre del nome (di fatto suggerito dal card. Hummes) sarebbe valso anche per Scola; ma a Bergoglio non bastava. Fin da principio si dichiara vescovo di Roma, ignora il Vaticano, abita all'hotel Santa Marta (quello dei cinque piani contestati da Italia nostra). La prima dichiarazione "ex fenestra" sconcerta il mondo: "buona sera". Niente più logos, niente apparati: travolgente successo popolare, atei compresi e sintonia totale con il bisogno di fiducia di un'umanità in crisi. Lo spirito soffia con il tempo che trova e addirittura "twitta". I media banalizzano: "Giovani, non abbiate paura di sognare", "Un cristiano se non è rivoluzionario non è cristiano" e perfino "Essere pastori, non pettinatori di pecore" sicuramente copiato da Bersani.
Registrata la popolarità, di fatto nessuno conosce ancora il carattere autentico del nuovo pontificato: il banco di prova è, infatti, il "fare". La curia - sarà che vivono da separati in casa - sembra ammutolita, ma certo è sulla difensiva: chi mai avrà fatto uscire la notizia della "lobby gay" in Vaticano? o delle scandalose calunnie di pedofilia? Papa Bergoglio si è tenuto le mani libere, ma prepara la difensiva nominando organismi pluralisti di controllo. La più volte affermata collegialità arriverà dopo aver esaurito l'avvio tattico di una vera strategia. In ottobre si espliciteranno nomine a cui non arriverà per improvvisazione: la squadra fornirà la base di consolidamento al progetto "in pectore". La Commissione d'inchiesta sullo Ior, istituita per ultima e con un documento scritto a mano, dimostra che il Papa si assume interamente la responsabilità strategica non solo di una risposta dignitosa alle pressioni europee, ma della trasparenza nella necessaria - ma anche necessariamente corretta - finanza vaticana.
Francesco non voleva fare il Papa ("Dio non benedice chi lo vuole fare"), ma "è" il Papa e ne assumerà le funzioni, privilegiando, come dice sempre, la pastoralità e, finalmente, la mondialità delle rappresentanze non più solo romane. Dovrà anche intervenire nelle responsabilità del magistero, speriamo condiviso e senza rigidità, come fa sperare l'ancora mancata menzione delle questioni "non-negoziabili". Tuttavia aborto, eutanasia, matrimoni gay, giudizi sulla scienza, ma anche relazioni diplomatiche dello Stato Città del Vaticano o nuovi passi sull'unità dei cristiani sono ineludibili.
Ovvio anche l'indirizzo nella problematica religiosa: i conservatori hanno già contestato l'espressione "Gesù ha redento anche gli atei" e, anche se qualcuno in Vaticano ha precisato che "Gesù è morto per tutti ma per entrare in Paradiso ci vuole la fede", bisognerà pur chiarire che Benedetto (pro multis) aveva sostenuto l'esatto contrario. Bergoglio ha detto che "I sacramenti sono gesti del Signore, non prestazioni o territori di conquista di preti e vescovi": significa che finalmente usciremo da Trento? Sostenere che "non c'è peccato che Dio non perdoni" significa che non esiste l'inferno? Finora non una parola sulla sessualità, sulla differenza di genere e sulla famiglia, nonostante l'imperversare dei femmicidi: restiamo nella tradizione, nonostante il malumore delle suore desiderose di non essere giudicate solo madri o "zitelle"? Non dimentichiamo i duecento anni di ritardi denunciati da Carlo Maria Martini....
Bisognerà dunque che Francesco espliciti la sua visione di Chiesa, in una fase decisiva per la continuità del Cristianesimo. Il futuro infatti può essere percepito come baratro oppure come orizzonte. Ma un Papa ottimista avrà bisogno di aiuto: non gli verrà certo dal mondo dei clericalizzati. Se ne sarà capace, toccherà al "popolo di dio" aiutarlo a reggere la sfida. Non sia timido, si sbrighi a tendergli la mano.