Per le strade del mondo
Con le parole pronunciate nell’omelia per la messa del giovedì santo scorso, papa Francesco ha esplicitato la sua concezione di Chiesa: “Quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, ‘le periferie’ dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede”.
Ho chiesto a vari esperti dell’America Latina un loro commento.
In difesa del lavoro
Un primo elemento significativo è lo stile del Pastore argentino, mite e pacato, ma inflessibile davanti all’ingiustizia. Come avvenne nel dicembre 2001: la rabbia del popolo argentino ormai ridotto sul lastrico da un crac economico senza precedenti si era trasformata in rivolta; Bergoglio chiamò l’allora presidente De La Rua e alzò la voce in difesa del “popolo strangolato dall’economia speculativa”.
Gli esempi di vicinanza dell’allora cardinale ai problemi del lavoro si contano a centinaia. La Messa, celebrata il 6 settembre 2009 in occasione dell’anniversario della Convenzione Internazionale dei Diritti dei Lavoratori Migranti, ha avuto il suo momento culminante quando un raccoglitore di cartoni si è avvicinato con il suo carretto all’altare eretto in Plaza Constitución per ricevere la benedizione del cardinale. Un gruppo di donne ha consegnato come offerta una borsa confezionata dalle sarte riscattate da laboratori clandestini e una rete con fotografie di donne scomparse in mano a organizzazioni che controllano la prostituzione. “Continuiamo a cercarle, vogliamo trovarle vive”, hanno detto insieme a rappresentanti della cooperativa La Alameda e il Movimento dei Lavoratori Esclusi (MTE), organizzazioni che hanno denunciato casi di sfruttamento e tratta di persone in laboratori tessili clandestini e postriboli.
Bergoglio ha espresso la propria solidarietà a tutti coloro che soffrono situazioni di schiavitù o sono emarginati nella città e li ha esortati a “gridare” perché “questa infernale macchina dell’esclusione e dell’emarginazione cambi il suo cuore”; il porporato ha ricordato: “Vogliono toglierci la forza, vogliono rubarci la dignità. Per questo, se ci uniamo, ci saranno meno schiavi”.
La priorità di lottare contro il debito sociale, promuovendo la dignità invece che la carità, è un’altra caratteristica che accomuna varie analisi.
Contro la schiavitù
Mi racconta Gustavo Vera, coordinatore della cooperativa La Alameda (cfr. l’articolo “El Papa Francisco y la deuda social en Argentina” che ho scritto per l’agenzia Argenpress) che ha appena lanciato la rete “Por una Argentina sin mafias” (appoggiata anche da Libera): “Abbiamo il nuovo Papa solo da un mese e siamo riusciti a far chiudere vari narco-prostiboli importanti. Con l’impegno riposto da Francesco nella lotta contro la tratta e le schiavitù, si danno le condizioni ideali per rendere visibili queste problematiche. È il suo stile di appoggiare le cooperative, le fabbriche recuperate, i settori popolari che si rialzano e recuperano il senso di dignità”.
Padre Renato Chiera, fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro, da 40 anni lotta al fianco dei meninos de rua, i ragazzi di strada, nella Baixada Fluminense, una delle favelas più grande e violenta del mondo, controllata da narcotrafficanti e squadroni della morte; anche lui è pieno di aspettative per il cambiamento: “Francesco vuol dire un programma di vita, una Chiesa che deve essere riformata”. “Ricostruisci la mia Chiesa”, diceva Gesù a Francesco. È quello che dice al nostro nuovo Francesco. Sarà la voce dei poveri. Ho parlato con una ragazza che ha avuto un bambino e che abbiamo salvato dalla droga e dal crack; e questa signora mi ha detto: “Ho visto l’amore di Dio nel suo cuore, è un Papa buono, lavora col cuore non con le leggi”.
Il debito estero
Il circolo vizioso del debito estero è una schiavitù moderna. Durante la prima udienza in Vaticano, il presidente della Federazione Luterana Mondiale FLM Martin Jungle, teologo cileno, ha consegnato al Papa un crocifisso di El Salvador e l’ultimo libro pubblicato dal FLM sul debito estero: “Non sono solo numeri, come argentino Lei sa che si produce il debito estero in vari modi, non possiamo accettare i debiti illegittimi e illegali”.
Vari movimenti sociali chiedono di rilanciare la Campagna mondiale per la cancellazione del debito estero, replicando le buone pratiche del Brasile dove le varie pastorali sostenute dalla Conferenza Episcopale Brasiliana (CNBB) collaborano attivamente con i movimenti sociali, in primis il Movimento dei Senza Terra (MST) e Giubileo Sud – che ho documentato nel mio libro “Oltre il debito”, EMI 2007.
L’oscurità della dittatura
Hanno ragione Leonardo Boff e il premio Nobel Adolfo Perez Esquvel quando affermano l’inopportunità di indagare su fatti riguardanti il periodo della dittatura Argentina; tra l’altro voci assai autorevoli escludono qualsiasi legame dell’allora gesuita Bergolio con la dittatura all’ora al potere. Anzi mettono in luce il suo grande impegno per salvare molte vite umane e per lenire le sofferenze causate dalla dittatura fascista e sanguinaria di Videla (1976-1983). L’ordine di appartenenza di papa Francesco, quello gesuita, resta al margine della complicità con la dittatura dei 30.000 desaparecidos e della guerra intestina nella stessa Chiesa.
Carlos Pisoni, membro dell’organizzazione HIJOS (Hijos por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio), costituita dai cosiddetti “appropriati” durante la dittatura, cioè dai bambini figli di detenute torturate e scomparse che venivano assegnati a famiglie di militari – crudele e criminale adozione – chiede di “rompere il patto di silenzio della cupola della Chiesa, che è stata complice con gli oppressori fino all’estremo di un sacerdote condannato all’ergastolo. Una Chiesa che ha partecipato alla desaparición (scomparsa di bimbi), che confessava i criminali di lesa umanità e addirittura li benediva. Per questo speriamo che Bergoglio rompa questo patto”.
Papa Francesco I è chiamato a far luce anche su altre Chiese perseguitate, come per esempio quelle del Salvador e del Guatemala. Una canonizzazione di tutti i martiri della giustizia nella sequela di Gesù, a cominciare da mons. Romero, è quanto chiede il teologo Jon Sobrino nell’omelia pronunciata il 22 marzo nella cappella dell’Università Centroamericana di San Salvador Uca (cfr. l’articolo “Monseñor Romero y la Iglesia de los Pobres” che ho scritto per l’agenzia Adital).
Teologia della Liberazione
Nel 1979 padre Bergoglio partecipa al vertice della Celam (Consiglio episcopale latino-americano) a Puebla ed è fra coloro che si oppongono alla Teologia della Liberazione.
Oggi la Teologia della Liberazione è ancora viva. Recentemente è stato il suo fondatore, il prete peruviano Gustavo Gutiérrez, a dichiarare che essa “è ancora viva in America Latina nonostante le ultime quattro decadi e il suo messaggio centrale, l’opzione preferenziale per i poveri, si ripercuote sul compito pastorale della Chiesa”.
Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, conferma che “una vera teo-logia della liberazione che è strettamente legata alla dottrina sociale della Chiesa e nel mondo di oggi deve levare la propria voce. Una visione che, partendo dalla fede, realizza la realtà intera, storica dell’uomo, come singolo e come società, offre orientamenti comportamentali non solo a singoli cristiani, ma anche sul piano delle decisioni politiche ed economiche”.
Non bisogna dimenticare che la maggior parte dei leader latinoamericani di sinistra al potere rende pubblica riconoscenza alla TdL in quanto ha ispirato profondamente le riforme strutturali che si stanno dispiegando in questi anni di Buen Vivir.
Concludendo, l’elezione di papa Francesco assume il significato di una correzione di rotta impressa alla Chiesa cattolica, dal punto di vista della geopolitica del cattolicesimo, anche nell’ottica della Chiesa dei poveri che, fin dal Concilio Vaticano II, ha costruito un esempio di profezia, di coraggio, di fedeltà aperta al mondo.