Il MUOS di Niscemi
Un viaggio in alcuni siti militari. Partiamo dalla Sicilia.
La militarizzazione in Sicilia negli anni si è arricchita di numerosi siti, definibili minori rispetto a Sigonella, all’utilizzo della rada di Augusta, a Birgi di Trapani, solo per citarne alcuni. Tra questi anche Niscemi, in provincia di Caltanissetta. A margini della cittadina, in un’area densa di coltivazioni e dove sorgono le ultime querce da sughero di Sicilia, è stato installato negli anni Ottanta, da parte della Marina militare statunitense, che ha provveduto a recintare un’estesissima zona rurale, un complesso di antenne, ben 44, per il sistema di comunicazioni militari e di collegamento dati nel Mediterraneo.
Ai più sconosciuto, il sito, pur con la curiosità degli abitanti che si chiedevano a cosa servisse e se potesse provocare danni, non fu portato all’attenzione oltre i confini del comprensorio sino al 2010, quando cominciò a intuirsi che sarebbe diventato uno dei quattro terminali terrestri al mondo del sistema MUOS (Mobile User Objective System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari creato dagli USA a uso esclusivo delle proprie forze armate.
IL MUOS è un elemento funzionale al collegamento tra i centri di comando, di controllo e logistici statunitensi e degli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, dei gruppi operativi in combattimento e degli arsenali, capace, attraverso la nuova rete di satelliti e terminali terrestri, di moltiplicare per dieci volte il numero delle informazioni che saranno trasmesse nell’unità di tempo, al servizio degli aerei senza pilota, delle operazioni navali e terrestri per la gestione dei conflitti del XXI secolo.
Perché a Niscemi?
La scelta di Niscemi, ben presto, si scoprì essere un ripiego in quanto l’iniziale ipotesi di realizzare a Sigonella il sistema MUOS fu scartata dagli stessi americani che, ben compresero il grave rischio che si sarebbe potuto verificare nelle interferenze radio delle antenne sui voli della base che trasportano ordigni bellici, anche (è palese!) con testate atomiche, e su quelli del vicino aeroporto civile di Fontanarossa di Catania. Il progetto delle tre mega parabole da 18 m di diametro e due antenne da 149 metri viene spostato, quindi, a Niscemi, già colonizzata con antenne visivamente forse meno impattanti (pur se trattasi di alti fusti sino a 50 mt) e di vecchia generazione, in quanto l’idea di fare della Sicilia uno dei quattro centri mondiali (gli altri sono in Virginia, Australia e alle Hawaii) non poteva essere abbandonata per la priorità che il Mediterraneo continua a rivestire tra gli scenari di guerra.
Il sito, però, nel frattempo era diventato di importanza comunitaria con l’istituzione della Riserva regionale “Sughereta di Niscemi” per il rilievo naturalistico posseduto dall’area che ospita una colonia, appunto, di alberi secolari di quercia.
Le autorizzazioni sono, quindi, un possibile ostacolo, perché non sarà facile ottenerle e, nel frattempo, i cittadini cominciano a prendere coscienza di cosa si vuol realizzare. Niscemi, infatti, non è più quella cittadina, ai margini delle rotte turistiche, sonnacchiosa e peggio ancora intrisa di condizionamenti mafiosi e luogo di efferati delitti degli anni Ottanta e inizi Novanta, parte della criminalità organizzata presente nella piana di Gela; importanti iniziative della magistratura e delle forze di polizia hanno intaccato domini economici e criminali che imponevano il silenzio e l’omertà su affari di qualsiasi tipo a danno dei cittadini; la società civile si è svegliata, i giovani, che non sono andati via per la mancanza di lavoro e per il clima che si respirava, hanno ripreso forza e vogliono creare opportunità di sviluppo. E il MUOS allora?
Resistere
Bisogna informarsi, per evitare che presto il territorio diventi zona di occupazione, dove colui che vi è nato non può dire e fare nulla per ribadire i propri bisogni. Ecco, quindi, che le autorizzazioni attese cominciano a essere analizzate, diventano oggetto di osservazioni, opposizioni; anche le istituzioni, dapprima sornione e accondiscendenti, cominciano a registrare dinieghi e richieste di chiarimenti.
In ballo c’è l’aggressione a un’area protetta, sulla quale sono ammessi solo lavori di manutenzione e conservazione del territorio, non certamente una base militare. Ma in ballo comincia ad affiorare poco a poco, dopo aver letto le relazioni dei consulenti della Marina sulla non installazione a Sigonella, un problema sanitario, di potenti radiazioni, i cui effetti sono dannosi per la popolazione. Arrivano anche rapporti del Politecnico di Torino che denunciano il superamento dei limiti di emissione. Tornano alla mente gli episodi occultati dai militari sull’utilizzo di sostanze pericolose in Sardegna, sulle potenti basi radio presso Roma, sui rischi per i bambini esposti, stante che le antenne sorgono a pochi chilometri da Niscemi. E, ancora, si aggiunge un’altra installazione militare, dopo Comiso e Sigonella!
Sorgono i comitati No-MUOS, a Niscemi, in ogni comune del circondario e delle province vicine, i consigli comunali presentano ordini del giorno contro l’installazione, il movimento di opposizione cresce, organizza incontri in tantissime città. Nasce un coordinamento regionale, con i pacifisti dell’isola (tra tutti Antonio Mazzeo che ha avuto il merito di scoperchiare la pentola nel 2008) ambientalisti, medici, e soprattutto giovani e mamme, quelle di Niscemi, preoccupate per la salute dei propri figli; la Chiesa dà timidi sostegni.
Anche la Regione, prossima al voto del 2012, cavalca l’onda; prima concede le autorizzazioni, poi le blocca; interviene il TAR, scattano le denunce delle Procure per danno ambientale. Emergono, accanto alle grandi mobilitazioni di ottobre 2012 e di aprile 2013, quelle pulsioni forti che, richiamandosi all’esperienza di Comiso, con le marce e i presidii scuotono l’interesse isolano, aggregano consensi. Intanto, però, anche con imprese in odor di mafia, i lavori proseguono, pur se a rilento, come se gli americani, increduli per tanta opposizione, alla fine sappiano che la spunteranno, in barba a leggi, disposizioni regionali, pronunce di livello nazionale. Si sentono forti degli accordi esistenti con il governo italiano, quelli famigerati del 1954 che hanno imposto trattati segreti per operazioni e creazione di basi sul territorio italiano; giuristi ed esperti di diritto internazionale intervengono a riguardo, così come i massimi esperti di radiazioni.
La problematica, infatti, a questo punto si sposta sempre più sul fronte sanitario, quello ambientale resta in ombra, mentre quello della militarizzazione, quello più pericoloso e difficile da intaccare, non desiste, organizzando, sul modello NO TAV, un presidio presso la base, ostruendo l’accesso agli automezzi che trasportano le attrezzature sino a bloccare con blitz il trasporto delle grandi parabole; tafferugli, arresti, denunce agli attivisti. Il nuovo governo regionale muove opposizioni: il vento sembra essere cambiato, la Sicilia potrebbe dire la sua sul destino dei propri territori; anche una parte del movimento pacifista ritiene a questo punto di dare consenso alle istituzioni, il MUOS non si farà!
Ma ecco che arriva la soluzione “politica”: spostare sempre più l’attenzione del problema solo sul versante sanitario, per la preoccupazione delle popolazioni, con sopralluoghi, esami, monitoraggi, spingere cioè il dibattito sul versante delle diatribe di carattere scientifico, di massimo livello, allontanandosi da quello sulla militarizzazione; occorre soprattutto “chiarire” se le radiazioni sono oltre i limiti “incerti e confusi” o se invece si può stare tranquilli. Definita la vicenda, ci penseranno gli organi di stampa a calmare gli animi.
I comitati NO-MUOS avvertono che il vento sta cambiando, l’Istituto superiore di Sanità emetterà un responso; lo Stato, battuto dal ricorso al TAR, si uniformerà e i vari ricorsi rischiano di impaludare tutto, mentre la base cresce.
L’opposizione antimilitarista resiste: c’è un’idea da difendere, come allora a Comiso, eppure si comprende di non avere la medesima forza, che non si è mai esposta a comportamenti violenti, limitandosi alla provocazione, nello spirito dei movimenti laici e cattolici sorti e operanti in Sicilia, tra cui Pax Christi.
Ad agosto le forze in campo alla manifestazione nazionale si sono ridotte; c’è scoramento per le decisioni prese a seguito del pronunciamento sui risvolti sanitari, con la revoca della revoca del 29 marzo dell’autorizzazione sui lavori da parte del governo regionale retto da Crocetta che “fa marcia indietro” rinnegando i propositi di adesione e di accoglimento degli obiettivi del NO MUOS; le mamme sono arrabbiate, dopo una dura lotta che le ha viste scendere in piazza. Non c’è rinuncia, non si accetterà facilmente il completamento dei lavori della base, le azioni continuano. Un giudizio finale non può né deve esprimersi. I contributi di tutti sono stati preziosi, la rete che si è creata è importante per reclamare diritti negati; in fondo, per i pacifisti della Sicilia è ancora NO MUOS, con lotte e denunce che proseguono.