Bussano alla mia porta
Senza distinzione di razza, cultura o Paese di appartenenza.
Il Centro di accoglienza per immigrati e rifugiati politici e di promozione spirituale e culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano (Udine) si propone come segno di speranza e di contraddizione: raccoglie e rilancia alcune questioni che fra loro si avvertono sempre più intrecciate. Prima di tutto l’uso comunitario del denaro, della casa e delle strutture ispirato dal Vangelo, alternativo all’idolatria del denaro, all’accumulo, ai privilegi, all’esaltazione della proprietà privata.
Il Centro, infatti, è nato dall’utilizzo di un contributo regionale: si trattava di fondi per la ricostruzione del dopo terremoto che aveva devastato il Friuli nel 1976; la ristrutturazione dell’abitazione del parroco è stata pensata come sua residenza e come luogo di accoglienza di alcune persone in necessità. Nel febbraio 1988 hanno bussato alla porta tre immigrati del Ghana; la loro accoglienza ha suscitato l’attenzione a tante persone che iniziavano ad arrivare nel nostro Paese e la decisione di un progressivo ampliamento dell’accoglienza. Questo ha comportato la ristrutturazione di un altro edificio, con uno straordinario contributo di solidarietà di tante persone.
Questione di giustizia
La dedica nel settembre 1992 a padre Balducci, morto in seguito a un incidente stradale il 25 aprile di quell’anno, ha avuto il significato profondo di riprenderne via via intenzioni, riflessioni e prospettive, con attenzione particolare alle questioni della giustizia, della nonviolenza attiva e della costruzione della pace; dell’accoglienza dell’altro con le sue diversità, prefigurando l’uomo planetario di cui padre Ernesto ci ha parlato nell’ultimo periodo della sua vita: cioè di un’umanità nella quale possano convivere nell’accoglienza reciproca le persone, i popoli di culture e di fedi religiose diverse che, liberandosi dai particolarismi chiusi nell’intransigenza e nell’assolutezza e segnati da aggressività e violenze, possano incontrarsi, conoscersi, dialogare, arricchirsi reciprocamente e insieme contribuire a un’umanità nella quale giustizia, pace e fratellanza non restino dichiarazioni astratte, ma diventino progressivamente significative esperienze di vita personale e comunitaria, locale e planetaria.
In un passaggio ulteriore è stato acquistato, ancora con un’estesa solidarietà, un edificio adiacente ormai cadente e poi ristrutturato con contributi pubblici e privati.
Dal giugno 2003, il Centro può accogliere mediamente una cinquantina di persone: singole, famiglie, mamme sole con i bambini; questo significa presenza, accompagnamento, sostegno nell’apprendimento della lingua italiana, nelle esigenze sanitarie e legali, nella frequenza di corsi di formazione e nella ricerca, oggi davvero ardua, di un posto di lavoro. Il tempo idealmente di permanenza progettato sarebbe di un anno, ma di fatto le situazioni difficili, specie delle famiglie, ma non solo, esigono il prolungamento dell’accoglienza, anche con la frequente difficoltà, dato lo spirito originario e sempre attuale del Centro, a interromperla. Questa situazione può determinare qualche passaggio tribolato.
Per l’organizzazione della vita del Centro, soprattutto per rendere praticabile il rapporto fra l’esperienza concreta dell’accoglienza e la promozione culturale, mancavano alcuni luoghi fisici, in particolare una sala polifunzionale per gli incontri. Con il contributo notevole della Regione Friuli Venezia Giulia, della Fondazione Migrantes della Chiesa Italiana, di altre fondazioni e con la solidarietà di tante persone è stata possibile la realizzazione di un grande e articolato edificio, inaugurato nel dicembre del 2007, con la presenza del Dalai Lama e la dedica della sala a don Luigi Petris, un prete della montagna friulana, per tanti anni presente con gli emigrati italiani in Germania e poi direttore generale della Fondazione Migrantes con una capacità di interventi chiari e decisi nei confronti di ogni forma di razzismo e nel sostenere una spiritualità, una cultura, una politica dell’accoglienza.
Un uomo planetario
Il Centro Balducci vive quotidianamente l’esperienza di un laboratorio umano dell’incontro con l’altro e le sue diversità: vi sono coinvolte una cinquantina di persone volontarie, una sola assunta per la segreteria generale, tre suore, sorelle della Congregazione della Sacra Famiglia di Verona e io. È costante la riflessione sull’incontro con l’altro, con ogni altro, di cui l’immigrato, il rifugiato è l’espressione più evidente, riproponendo di fatto la dinamica di ogni relazione umana. Si tratta di una scuola permanente: di sperimentare una pedagogia per liberarci dalla tentazione sempre presente di considerare l’altro inferiore per la sua diversità, per qualche aspetto, per qualche motivo, istruiti dalla storia che, quando questo è avvenuto, ha provocato violenza, morte, terrore; per superare la tendenza a omologare l’altro con la pretesa che rinunci alla sua diversità come condizione per la sua accettazione; per sentire, invece, come la nostra identità possa aprirsi e dilatarsi quando affermiamo la pari dignità di ogni persona e insieme percepiamo la sua diversità come una possibilità di crescita e di arricchimento nell’incontro, nell’ascolto, nella conoscenza.
E questo in una situazione in cui la politica tace sull’immigrazione, non affronta la urgente, doverosa e profonda riforma dell’attuale legge Bossi-Fini, in cui i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) continuano a essere uno scandalo, per la violazione dei diritti umani nei confronti delle persone recluse; in cui continuano le parole e i segni del razzismo che comprendono anche gli insulti a Cècile Kyenge, donna di origine camerunese, ministro all’integrazione. Le tante esperienze positive di accoglienza e di percorsi di cittadinanza nel nostro Paese ci incoraggiano a continuare l’esperienza del Centro Balducci, convinti che si tratti della dimensione fondamentale e decisiva della nostra vita. Anche le parole e i segni di papa Francesco ci sostengono. Gli incontri di spiritualità e di cultura sono un’ulteriore, importante conferma.
A Zugliano, piccolo paese del Friuli, in questi anni è transitato il mondo: persone di culture e di fedi religiose diverse che sono venute per testimoniare resistenze, dolori, martiri, progetti, disponibilità, speranze; persone sconosciute ai più e altre “famose”, tutte ugualmente importanti. Vangelo di Gesù di Nazareth incarnato nella storia, accoglienza concreta delle persone, promozione continua di incontri di spiritualità e di cultura.
Viviamo questo segno nel Centro Balducci in rapporto costante con persone e comunità di diversi luoghi del Pianeta; in una piccola comunità locale, con l’apertura all’uomo planetario.