EDITORIALE

Sovranità popolare limitata?

La redazione

“La sovranità appartiene al popolo”. Suona bene l’articolo 1 della Costituzione. Ha il sapore di democrazia autentica, di sovranità popolare piena. Ma dove sta, oggi, questa sovranità popolare? A uno sguardo smaliziato, essa appare sempre più corrosa e ristretta, sempre più sottomessa ad altri poteri. Poteri statuali, nazionali e internazionali, ma anche occulti. Che di fatto minano alle fondamenta la Carta Costituzionale e l’autorevolezza del nostro Stato e dei suoi organi istituzionali. Sempre più spesso i principi fondativi del patto costituzionale vigente devono imbattersi in zone grigie – od oscure – in cui non hanno più diritto di parola, di ricerca della verità. Lo scorcio di un editoriale non permette di configurare tutte le situazioni che limitano la sovranità popolare. Sono diverse, e di diversa natura. Si pensi, ad esempio, all’opaca presenza in Italia di basi militari extraterritoriali; alla tecnocratica legittimazione di un’Europa che impone solo parametri economici e un’austerity che non lascia replica; ai trattati di Libero Commercio che l’Europa va negoziando con il mondo senza che i cittadini europei ne siano minimamente informati, e dunque capacitati ad esercitare – tramite i parlamenti nazionali – la facoltà di approvazione e controllo.
Del resto, gli stessi parlamentari hanno difficoltà di accesso a informazioni fondamentali per esercitare pienamente il proprio ruolo. Questo avviene ad esempio quando ci si confronta con il vincolo giuridico del Segreto di Stato, codificato formalmente in Italia nel 1977, che generalmente impatta su quattro diritti garantiti dalle Costituzioni: libertà di informazione e diritto alla sicurezza, e in casi specifici, diritto di difesa e diritto alla privacy. Accanto al segreto militare utilizzato per motivi di sicurezza, questi istituti non posseggono i requisiti di generalità e universalità propri delle leggi.
Gli sviluppi della vicenda di Ustica di queste settimane sono emblematici. Come scrive Andrea Purgatori sull’Huffington Post lo scorso 23 ottobre, i magistrati della Procura di Roma che indagano sulla strage di Ustica hanno potuto udire il maresciallo Giuseppe Dioguardi, che ha prestato servizio in Aeronautica fino al 2008, solo dopo il 2010, alla scadenza del suo nullaosta di segretezza, il Cosmic, che è il livello più alto. Oggi sappiamo finalmente che depistaggio ci fu. Sappiamo che la notte dell’abbattimento del DC9 nel cielo di Ustica infuriava una battaglia aerea tra caccia militari di diversa nazionalità. Daria Bonfietti, Presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime di Ustica, ricorda che “serve un maggiore impegno del Governo per capire chi abbia abbattuto l’aereo e abbia depistato le indagini”. È un problema politico. Non militare.
È la storia di questo Paese, delle sue tante stragi che ancora attendono i colpevoli. Una storia di occultamento e di trasfigurazione. Di delimitazione programmata della sovranità del popolo cui non è dato sapere, malgrado le reiterate richieste di giustizia e di verità. Più volte è stata chiesta l’abolizione di questi segreti. Almeno del segreto di Stato posto, appunto, su atti, documenti, notizie, attività, fatti e luoghi la cui conoscenza non autorizzata potrebbe danneggiare gravemente gli interessi fondamentali dello Stato. L’uso storico del segreto in Italia è stato eccessivo, sconveniente anche sotto il profilo filologico, coprendo illegali transazioni di armamenti, vicende militari di assai opinabile sicurezza, nefaste deviazioni di servizi segreti… Nella più discutibile arbitrarietà, come ancora ci racconta Purgatori per la vicenda di Ustica: “I generali di squadra aerea erano solo tredici e ciascuno di loro aveva una linea telefonica diretta con un apparecchio criptato che comunicava con le altre dodici, una specie di teleconferenza via Skype ante litteram. Qualunque decisione dovevano prendere e presero, lo fecero insieme, in tempo reale… Chi ha gestito questa storia, chi era in determinati posti di comando e controllo, ha fatto carriere inimmaginabili”.
L’abolizione del segreto di stato fa parte di una nuova concezione dello Stato moderno e va di pari di passo con la difesa e la piena applicazione della nostra Carta Costituzionale. Quella che dice che la sovranità appartiene al popolo. E anche che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Indicativo presente.

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