Una storia di oppressione
Nel 1960, la risoluzione 1514 delle Nazioni Unite sancisce il diritto all’autonomia e alla libertà di tutti i Paesi sotto colonizzazione. Ma per il Sahara Occidentale, colonia spagnola dal 1884, non andò così. Nel 1975, dopo l’abbandono della Spagna, venne occupato da Marocco e Mauritania, interessati alle enormi risorse del territorio.
Per sottrarsi all’aggressione, colonne di profughi fuggono dal Sahara Occidentale e arrivano nel deserto algerino; alla fine del 1975 il Fronte Polisario, esercito e movimento politico sahrawi, si stabilisce lì, a Tindouf. Nel 28 febbraio del 1976 viene proclamata la Repubblica Araba Saharawi Democratica, che oggi è riconosciuta da circa 80 Stati. I sahrawi resistono e riescono a sconfiggere, nel 1979, l’esercito mauritano. Ma non possono contrastare l’offensiva marocchina sostenuta, anche militarmente, dalla Francia. I combattimenti proseguono fino al 1991, quando viene dichiarato il cessate il fuoco. L’Onu si pronuncia a favore di un referendum di autodeterminazione, che lasci decidere ai sahrawi tra l’annessione al Marocco e la creazione di uno Stato sahrawi indipendente. Si istituisce la Minurso, una apposita forza d’interposizione delle Nazioni Unite, che si stabilisce nei campi profughi in Algeria. Ma il Marocco avvia la politica dell’ostruzionismo: il referendum non è stato ancora realizzato. Circa 200 mila rifugiati, che dipendono per la sopravvivenza dall’Onu e dalle organizzazioni internazionali, vivono ancora nelle tendopoli ‘provvisorie’, generazioni di bambini sono nati lì, e non hanno mai lasciato il deserto. Circa 84 mila sahrawi vivono nel Sahara Occidentale occupato dal Marocco, in totale assenza di diritti civili e di libertà d’espressione. Da alcuni anni la lotta nonviolenta della popolazione sahrawi ha adottato strumenti tecnologici: immagini prese con telefoni cellulari e macchine fotografiche digitali vengono inviate all’estero via internet, superando i filtri della censura. Sull’onda delle proteste e della feroce repressione il governo americano ha proposto, al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di estendere il ruolo della Minurso al controllo dei diritti umani (è l’unica missione Onu che non ha, tra i suoi compiti, la protezione della popolazione civile). La mozione non è passata, ma ha avviato una nuova fase: ha costituito, comunque, un forte precedente, e ha dato una speranza per il futuro a quasi trecentomila persone. Ai due lati di un muro invisibile.