DISARMO

Un mondo in guerra

Francesco Mancuso (Unione Scienziati per il Disarmo ONLUS - USPID)

Negli ultimi 5 anni, nonostante la crisi economica, il commercio d’armi è cresciuto del 17% e ammonta a 133 miliardi di dollari. 

I primi cinque esportatori (Stati Uniti, Russia, Germania, Francia e Cina) da soli soddisfano il 75% delle richieste mondiali di armi convenzionali.

USA

Sono il principale esportatore mondiale di armi e nell’ultimo quinquennio hanno visto crescere le loro esportazioni del 16%, essi soddisfano il 30% della domanda mondiale. Nei prossimi anni le loro esportazioni beneficeranno anche degli ordini e delle consegne provenienti dal discusso programma F35. 

Asia e Oceania ricevono il 45% delle armi esportate dagli Stati Uniti seguite da Medio Oriente ed Europa (se gli Usa hanno visto crescere le loro esportazioni in Asia ed Oceania del 51%, nell’ultimo quinquennio,  in Medio Oriente esse si sono ridotte del 17%, NdA).

Gli Stati Arabi del Golfo si sentono minacciati dalle attività iraniane, in particolare dal loro programma atomico, e per questo hanno lanciato dei programmi per incrementare la loro difesa aerea e il numero di sistemi missilistici. Nel 2012, il Kuwait ha richiesto la vendita di 4 sistemi  Patriot per un totale di 60 missili PAC-3 (Il PAC è il sistema americano sviluppato per intercettare i missili balistici nemici; la prima versione entrò in servizio durante la guerra del Golfo del 1991 con risultati tutt’altro che brillanti, NdA). Gli Emirati Arabi hanno richiesto altri 48 missili per i 2 sistemi THAAS contro missili balistici acquisiti nel 2011; il Qatar ha richiesto 2 THAAD con circa 150 missili e 11 sistemi Patriot con circa 770 missili PAC-3. 

Altri due Paesi nei prossimi anni diventeranno due importanti clienti statunitensi: si tratta di Afghanistan e Iraq. Le esportazioni in Afghanistan consistono in circa 12.000 veicoli corazzati leggeri nuovi e di seconda mano; per quanto riguarda l’aviazione, gli USA hanno concesso a pochi e selezionati partner, tra cui l’Italia, di vendere caccia leggeri ed elicotteri da usare in operazioni contro i Taleban. L’Iraq ha ricevuto carri armati nuovi e di seconda mano, veicoli corazzati e artiglieria e le consegne sono tutt’ora in corso. Tra il 2014 e il 2018 riceverà 36 caccia da combattimento F16.

Negli ultimi anni le esportazioni statunitensi sono state guidate dalle commesse per l’aviazione ma, contrariamente a quanto si pensa, a guidarle non sono i nuovi modelli come gli F35 ma i vecchi F16 e F15. Ad oggi ne risultano ordinati circa 220 modelli. 

Russia

Il secondo esportatore di armi soddisfa il 26 % delle richieste mondiali e negli ultimi cinque anni ha visto crescere le sue esportazioni del 28%. Anche in questo caso l’Asia e l’Oceania sono i principali importatori seguiti da Africa e Medio Oriente. I principali Stati importatori sono India, Cina, Algeria Vietnam e Venezuela. 

Nel dicembre 2012, l’India ha confermato un ordine per 71 elicotteri Mi-7 (valore stimato di 1,3 mld di dollari) e 42 caccia da combattimento Su-30 (per un valore di 1,6 mld di dollari) da assemblare in India tramite appositi kits. Quest’ordine fa parte di un più vasto accordo sottoscritto con l’India nel 2012, il cui valore supera i 3 mld. 

La Cina ha intenzione di acquistare 24 Su-35, un caccia da combattimento e di cooperare allo sviluppo di un nuovo sottomarino russo.

Mosca ha venduto un importante quantitativo di armi in Asia Sud Orientale favorendo l’incremento della tensione in quella zona del mondo; si stima che i russi abbiano venduto almeno 37 caccia da combattimento Su-30 e 27 equipaggiati con una grande varietà di missili a Indonesia, Malesia e Vietnam. La marina vietnamita riceverà, inoltre, altre 2 fregate Gepard-3 e il primo di 6 sommergibili russi. Continuano, con questo Paese, le negoziazioni per la vendita di ulteriori caccia Su 30 e missili terra aria S-300. 

Per aumentare le proprie esportazioni, il presidente Putin ha adottato una strategia molto aggressiva; la Russia è disposta a concedere crediti ai Paesi che comprano le sue armi attraverso la Banca per le Attività Economiche Estere. I beneficiari sono stati il Venezuela (con una linea di credito che supera i 4 miliardi), Indonesia (400 mln) e, di recente, il Bangladesh ha ottenuto un prestito da un miliardo per l’acquisto di aerei da addestramento/combattimento, veicoli corazzati ed elicotteri Mi-17.

Germania

Le sue esportazioni si sono ridotte dell’8%, ma nonostante ciò continua a rimanere il terzo esportatore mondiale di armi. La riduzione si è registrata in concomitanza con il termine di importanti commesse per il settore navale e terreste, ottenute nei primi anni 2000.

Le industrie tedesche sono intenzionate a mantenere elevate le loro attività e nei prossimi anni pianificano la vendita di circa 600-800 carri armati pesanti Leopard 2A7 e veicoli corazzati all’Arabia Saudita; il Qatar potrebbe ricevere circa 200 carri armati identici a quelli sauditi. 

Nel 2012, al fianco delle vendite nei Paesi del Golfo, è stato confermato dall’Algeria l’acquisto di 1200 veicoli corazzati e 2 fregate MEKO.

Francia

I transalpini hanno visto crollare le loro esportazioni del 18% nell’ultimo quinquennio. Le cause sono identiche a quelle tedesche. L’aria di riferimento continua ad essere l’Asia e l’Oceania che assorbe il 56% dell’export francese. 

Nel gennaio 2012, l’India ha selezionato il caccia francese Rafale come il vincitore per la commessa di 126 arei dal valore di 10,4 mld di dollari. Anche in Medio Oriente la Francia ha beneficiato di ordini provenienti dall’Arabia Saudita che riguardano l’acquisto di 164 veicoli corazzati, 1000 proiettili guidati e 35 obici di lunga gittata da 155mm.

Cina

Le esportazioni cinesi sono cresciute del 162% nell’ultimo quinquennio. Asia e Oceania sono le destinatarie del 74% delle armi cinesi, seguite dall’Africa con il 13%. 

Il Pakistan assorbe il 55% delle esportazioni cinesi e ha acquistato circa 61 caccia da combattimento e, per i prossimi anni, pianifica di acquisirne degli altri; la marina pakistana riceverà nuovi sottomarini e fregate made in Cina. Il Myanmar è stato il secondo importatore di armi seguito molto da vicino dal Bangladesh. 

Nel 2012, si è scoperto che la Cina, due anni prima, aveva venduto 54 carri armati al Marocco. L’Algeria ha confermato l’ordine per tre fregate. Il Venezuela sta ricevendo gli otto aerei da trasporto a suo tempo ordinati e pianifica un acquisto di veicoli corazzati per un valore di 500 mln.

Regno Unito

Per la prima volta dal 1950, il Regno Unito non si trova tra i primi cinque Paesi per esportazioni militari, ma nei prossimi anni incrementerà le sue vendite. 

Nel novembre 2012, il primo ministro inglese Cameroon ha visitato Oman, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti con l’obiettivo di incrementare le vendite inglesi nella regione del Golfo.

A maggio 2012, dai sauditi era giunto l’ordine per 22 aerei da addestramento/combattimento all’interno di un ordine più grande dal valore complessivo di 2.2 mld. A dicembre 2012, l’Oman ha sottoscritto un accordo, dal valore di 4 mld, per l’acquisto di 12 Eurofighters ed 8 aerei da addestramento/combattimento.

Impatto delle importazioni

Tra il 2008 e il 2012, l’Asia è stata la regione che ha importato maggiormente armi assorbendo il 43% delle esportazioni mondiali; subito dopo troviamo il Medio Oriente (13%), l’Europa (15%), le Americhe (11%), l’Africa (9%)e l’Oceania (4%).

In Africa assistiamo a un continente a due velocità. Se nell’area sub-sahariana le importazioni sono lievemente cresciute, nel Nord si è assistito a un incremento del 350%. Paesi come Algeria (+277%) e Marocco (+1460%) hanno guidato la crescita.

Negli ultimi anni, però, si assiste anche a un cambiamento nella qualità dei materiali richiesti. La maggior parte degli importatori si sta dotando, o si vuole dotare, di armi per la proiezione di potenza che permettano l’esecuzione di operazioni militari ben al di là dei propri confini.

Così, ad esempio, l’India ha acquistato un sottomarino nucleare russo classe Akula per compiti di interdizione del mare e attacchi terrestri ad ampio raggio.

La Cina ha rimesso a nuovo una vecchia portaerei di epoca sovietica acquistata dall’Ucraina. Pechino non è interessato a metterla in mare, ma a usarla per l’addestramento dei suoi piloti che così saranno perfettamente in grado di operare quando le portaerei cinesi, ad oggi in costruzione, saranno pronte. 

Sia la Cina che l’India stanno acquisendo aerei da trasporto strategici, in grado cioè di coprire lunghe distanze. Gli indiani compreranno10 aerei da trasporto C-17 e 12 C-130 dagli Stati Uniti; al loro fianco saranno schierati 9 aerei da trasporto/cisterna A-330 prodotti in Spagna. Pechino, invece, ha comprato 10 aerei da trasporto di seconda mano Il-76 da Russia e Bielorussia pianificando anche l’acquisto di 34 nuovi aerei da trasporto Il – 76 e 4 aerei per il rifornimento in volo Il-78. La Cina ha sviluppato un suo aereo cargo che potrebbe sostituire i 34 nuovi aerei russi.

I Paesi europei continuano a investire nell’acquisto di grandi aerei da trasporto e da rifornimento in volo per azioni militari e umanitarie. Tra il 2001 e il 2013, gli USA hanno consegnato 7 aerei da trasporto C-17 al Regno Unito e 3 C-17 alla NATO. I Paesi del patto atlantico, però, preferiscono agli aerei made in USA quelli prodotti dall’Airbus, un’industria paneuropea. L’industria ha due modelli di punta l’A 400 M da trasporto e l’A 330 MRTT da rifornimento in volo.

E l’Italia?

Il nostro Paese ha una legge che regola l’esportazione di grandi sistemi d’arma, si tratta della 185/90; in base a quanto previsto ogni anno, entro il 31 marzo, il governo deve presentare alle Camere un rapporto sull’export italiano. Come ultimo regalo, il governo Monti ci ha lasciato una relazione, lunga più di 2000 pagine e molto confusionaria, mentre tutte le altre difficilmente superavano le 100 pagine. 

La relazione per il 2012 afferma che l’Italia ha esportato armi per 4.160.155.096,14€ (4,1 mld di euro) ma da esse vanno sottratti 1.434.598.587,76€ (1,4 mld di euro) per i programmi intergovernativi. La cifra risultante è di  2.725.556.508,41€ (2,7 miliardi di euro).  L’aver mischiato così i dati ha creato  delle classifiche del tutto menzognere. 

Dopo anni in cui i governi passati hanno cercato in tutti i modi di ridurre la trasparenza nelle esportazioni di armi, la relazione del governo tecnico è quella che brilla di più per l’assenza di dati importanti. Da tempo ormai non è più contenuta la tabella con le principali banche coinvolte nel commercio d’armi; la tabella per esportazione in ogni singolo Paese è stata reinserita, ma i dati sono stati riportati nel modo più aggregato possibile Non si hanno più notizie sul processo di riforma della l.185/90, che regola le esportazioni in questo settore, che dovrebbe essere modificata dal governo tramite un decreto legislativo. 

In un periodo in cui la crisi economica regna sovrana e nel quale le industrie civili arrancano senza molte prospettive per il futuro è giunto il momento di rivedere le priorità strategiche. Se l’Europa vuole uscire da questa crisi deve comprendere che le priorità sono altre. Un esempio è rappresentato dal caso greco. Il Paese ellenico è stato sottoposto a vere e proprie purghe per ottenere gli aiuti dall’Unione Europea, ma i principali Stati dell’eurozona hanno esplicitamente richiesto che Atene continui ad acquistare i sistemi d’arma ordinati negli anni scorsi. In questo modo Germania e Francia hanno garantito una continuità per le proprie industrie belliche pericolosamente esposte con la Grecia. Se gli Stati europei continueranno a vivere uno a spese dell’altro, credo proprio che la nostra Unione Europea, nata sotto le migliori aspettative, sia destinata a fallire.

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