La diaspora sud sudanese per la pace e democrazia
Mentre gli scontri tra gli eserciti del presidente Salva Kiir e del suo ex vice Rieck Machar stanno devastando il Sud Sudan con il conseguente corollario di morti, feriti e profughi, un gruppo di cittadini sud sudanesi in diaspora, riuniti nel cartello “Rally for peace and democracy in South Sudan” chiedono una tregua immediata e poi la pace. Prendendo la parola con un comunicato stampa, controbattono le prese di posizione assunte dall’IGAD (autorità intergovernativa per lo sviluppo regionale) nel summit del 27 dicembre sulla crisi del Sud Sudan e indicano la via per poter uscire dalla tragedia in atto. Innanzitutto, contestano la tesi di un tentato colpo di stato contro il presidente Kiir: l’evidenza dei fatti e precise valutazioni politiche e militari deporrebbero a favore non di un colpo di stato ma di un conflitto etnico tra Dinka e Nuer. Un conflitto premeditato e preparato nel tempo con movimenti graduali sia sul piano politico che militare da parte del presidente dinka Salva Kiir, a cui si attribuisce, insieme al suo rivale Machar, un nuer, anche la responsabilità di aver soffiato sul fuoco di rivalità etniche molto forti nel paese e mai risolte. Inoltre, contestano l’idea che la crisi in corso possa risolversi con un governo dal potere condiviso con le parti in causa. Ritengono come premessa necessaria alla soluzione del conflitto, fare una lettura oggettiva della situazione sud sudanese e un’informazione indipendente legata a fonti investigative non di parte. Ritengono assolutamente prioritario e urgente promuovere un percorso di riconciliazione e di unità nel paese. E poichè ciò non può avvenire con gli attuali leader politici, artefici delle divisioni in seno al governo e fomentatori di quelle etniche, chiedono la formazione di un governo sostitutivo-provvisorio per il periodo di due o tre anni con il compito di perseguire la riconciliazione e l’unità in Sud Sudan attraverso un programma preciso di interventi articolato in vari punti, tra cui:
- dare vita ad una commissione “verità e riconciliazione” su modello di quella del Sud Africa del 1990 che inviti leader politici, militari, e civili a testimoniare, confessare e pentirsi delle violenze perpetrate, al fine di ottenere il perdono;
- definire la separazione e il bilanciamento tra il potere esecutivo, legislativo, giudiziario;
- formare una commissione di revisione della Costituzione in senso federale; porre le basi per una ripartizione delle risorse naturali e per la devoluzione delle funzioni giudiziarie, di polizia, e di altri servizi sociali;
- promuovere leggi che salvaguardino la convivenza pacifica e il dialogo tra la popolazione;
- riportare gli eserciti dentro il sistema di difesa nazionale, nella piena fedeltà al governo e arruolando militari di varie etnie; disarmare le milizie tribali e i gruppi che compiono razzie di bestiame o azioni di banditismo;
- riportare ai loro villaggi originari gli sfollati che si trovano nei campi di raccolta;
Il comunicato di “Rally for peace and democracy” si rivolge agli organismi regionali di cui il Sud Sudan è membro (IGAD, Unione Africana) e alla comunità internazionale affinchè nelle sedi opportune esercitino un ruolo costruttivo nelle direzioni indicate. All’invito, fanno seguito alcuni severi avvertimenti: se la comunità internazionale e gli organismi regionali non agiranno in queste direzioni, si chiederà al Tribunale Regionale (modello Rwanda e Sierra Leone) di perseguire i responsabili dei massacri. Si ritiene infatti che Salva Kiir, con le sue milizie, abbia compiuto gravi crimini contro l’umanità e che Rieck Machar sia responsabile delle uccisioni di molti dinka. Nel caso che tali richieste restino ignorate, ci si rivolgerà alla Corte Penale Internazionale.
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29 dicembre 2013