La Teologia della Liberazione acquista diritto di cittadinanza nella Chiesa?
La scelta cristiana, oggi più che mai, non è una questione dottrinale, di ortodossia, di principi dogmatici o partecipazione ad una Chiesa e al suo potere religioso-politico.
È sempre più una scelta vitale, esistenziale all’interno di una società globale dove si confrontano le civiltà e le culture diverse, comprese quelle religiose, ma che pongono l’uomo di fronte a scelte epocali per la sua stessa sopravvivenza.
Il sistema neoliberale, economico e politico, non lascia scampo, o si va ad una riconquista della centralità dell’uomo con i valori essenziali di libertà e giustizia o all’orizzonte si profila “l’estinzione della specie umana”, così come è stata concepita e vissuta.
Il cristianesimo, nel suo annuncio, resta, per noi, il messaggio dove la “dignità umana” si pone al centro di un universo geografico e storico.
Ma una dignità piena, reale, senza se e senza ma, è possibile superando ideologie o dottrine per rifarsi alle dimensioni della ragione e della coscienza.
La Chiesa cattolica ha messo al centro la “dottrina”, un’evoluzione culturale di secoli, carica di dogmi e di precetti con un potere, pressoché assoluto, definito di origine divina dopo quasi 2000 anni.
Gesù e il suo messaggio hanno al centro “l’uomo”, la sua dignità, uguaglianza, fraternità, senza alcune distinzione.
I valori di libertà, verità e giustizia sono al centro del Vangelo e restano il segno testimoniale della civiltà cristiana e di ogni credente in Cristo.
L’ingiustizia, l’oppressione, la disuguaglianza sono la negazione reale, storica della presenza cristiana, come afferma il movimento teologico della Liberazione (è così che Pablo Richard[1] definisce la Teologia della Liberazione)
Oggi, speriamo che la Teologia della Liberazione acquisti anche in Europa e nella “cattolica” Italia diritto di cittadinanza e spazio culturale se non altro come ritorno all’essenzialità del Vangelo per un nuovo annuncio profetico.
Per questo è necessario che le comunità credenti in Gesù di Nazareth abbandonino “l’infantilismo religioso” del catechismo e, acquistando una fede matura, si riprendano la lettura biblica ed i suoi essenziali valori, per realizzare una comune, libera, pluralistica cristianità capace di rispondere alle grandi sfide epocali di oggi.
Un punto essenziale sarà la distinzione tra dottrina, religione, struttura ecclesiale e Vangelo. Una distinzione che porti ad una capacità di ascolto pur in una dialettica culturale, nella consapevolezza che, forse, la vecchia Chiesa europea ha molto da imparare dalla “primavera” della Chiesa dei poveri.
Renato Piccini
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Intervista a Pablo Richard
di José Eduardo Mora
1. Dopo lunghi anni di silenzio cui fu sottomessa dal potere di Roma, la Teologia della Liberazione – TdL – di nuovo diviene oggetto di attenzione all’interno della Chiesa. Quali prime interpretazioni si possono trarre da questa congiuntura?
È la possibilità di recuperare la memoria del passato e la possibilità di aprire un dibattito pubblico per fare una valutazione degli ultimi 40 anni della TdL. Papa Francesco apre questo spazio di riflessione critica che ci permette anche di recuperare la memoria dei nostri martiri che hanno dato la vita per il Vangelo.
Per cominciare, è importante ricostruire qualcosa della memoria storica degli anni ‘80, quando la Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicò il documento Libertatis Nuntius. Istruzione su alcuni aspetti della Teologia della Liberazione (1984) e Libertatis Consciencia. Istruzione sulla Libertà Cristiana e la Liberazione (1986). Citiamo soltanto due brevi brani del primo: «L’impazienza e una volontà di efficacia hanno portato alcuni cristiani, diffidando di ogni altro metodo, a rifugiarsi in quello che loro chiamano “l’analisi marxista”» (VII, 1). «Le “teologie della liberazione”, che hanno il merito di aver valorizzato i grandi testi dei Profeti e del Vangelo sulla difesa dei poveri, portano a un amalgama nefasto tra il povero della Scrittura e il proletariato di Marx».
Queste accuse di influenza marxista nella TdL hanno legittimato ampiamente la persecuzione di migliaia di cristiani, laici e sacerdoti, molti uccisi per la loro testimonianza evangelica, non certo per motivi ideologici.
Un fatto che trasformerebbe la memoria storica di questi 40 anni sarebbe la canonizzazione da parte di Papa Francesco di Mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo, profeta e martire di San Salvador, El Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 per annunciare il Vangelo.
2. Ci troviamo dinanzi a un’occasione di vitale importanza per la Teologia della Liberazione, nel senso che ci può essere una rinascita, dopo che questa opzione è stata “demonizzata” e combattuta duramente dal Vaticano?
Io credo che Papa Francesco ci stia dando la grande opportunità che la TdL esca alla luce pubblica per provocare un dibattito aperto su di essa. L’incontro di Papa Francesco con Padre Gustavo Gutiérrez, principale ispiratore della TdL in questi 40 anni di esistenza, così come il suo incontro con l’arcivescovo e teologo Herdhard Müller, segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono segni di un cambiamento profondo e radicale della riflessione teologica nell’epoca che si sta ora aprendo.
3. Da Giovanni Paolo II a Jorge Bergoglio, quali principali cambiamenti ha sperimentato, al suo interno, la Teologia della Liberazione, in un così lungo periodo?
La TdL non è una dottrina o un dogma, ma un nuovo modo di fare teologia.
L’“atto primo” è la pratica di liberazione, la riflessione teologica è “l’atto secondo”.
L’evoluzione della TdL non è un’evoluzione teorica. Ciò che sta cambiando è la pratica della liberazione. In ogni epoca sorge un nuovo soggetto, una coscienza critica, un progetto, un’utopia e una speranza di liberazione, che orienta il nostro cammino. Tutto questo ha un senso in se stesso, anche se il successo non è garantito.
Nell’“atto secondo”, che è la riflessione teorica a partire dalla prassi di liberazione, la grande novità della TdL è il dialogo con altre scienze: l’economia politica, le scienze sociali e filosofiche, ecc… La TdL non è “una” teologia, ma un “movimento teologico”, che si afferma con le nuove prassi e i nuovi movimenti sociali. Nel 1992, a 500 anni della conquista coloniale, quando i movimenti indigeni e africani riemersero, nacque una “Teologia indigena della Liberazione”. Così come nacquero la “Teologia della Liberazione della Donna”, dei giovani, degli artisti… La TdL è cresciuta negli ultimi decenni anche in dialogo con le lotte e le scienze ecologiche: non solo ascolta il grido dei poveri, ma anche il grido della Terra. Rinacque nel dialogo ecumenico e interreligioso. La TdL è anche una fonte di “spiritualità”, nella misura in cui la prassi di liberazione è il cammino di una ricerca di Dio. La TdL ha creato un nuovo modo di leggere e interpretare la Bibbia, ha organizzato Comunità Ecclesiali di Base. Con Papa Francesco pensiamo che la TdL ha cominciato a svilupparsi apertamente nella Chiesa e in comunione con essa.
4. La CEPAL ha confermato che nel 2012 la povertà in America Latina, ha colpito 167 milioni di persone. Uno dei principi fondamentali della TdL era che dovevano cambiare le strutture che dirigono la società. In questo senso, si può affermare che la TdL è tanto necessaria come ai suoi inizi?
Finché ci sarà povertà e siamo decisi a lottare contro di essa, ci sarà TdL. «Quando i poveri soffrono, i profeti sono una necessità».
5. Quali potrebbero essere le prospettive per la TdL nel caso che il Vaticano cessasse, almeno, di combatterla apertamente come avvenne in passato?
Il problema principale non è che la TdL sia o no accettata dal Vaticano. La TdL si legittima per se stessa a partire dalla sua forza evangelica e liberatrice. Se la TdL entra liberamente nel dibattito pubblico della Chiesa, potrebbe accompagnare tutte le correnti attuali di liberazione. Già è coinvolta nel movimento che grida: “un altro mondo è possibile” ed esistono già i soggetti in grado di costruirlo.
6. Come teologo con una vasta esperienza, considera, per i segni che il Papa ha mostrato nei suoi primi sei mesi, che davvero Bergoglio ha come grande opzione il suo compromesso per i poveri della terra?
Sono convinto di sì, ma non è sufficiente una sua scelta personale, bensì un’opzione come Vescovo di Roma e come massima autorità della Chiesa cattolica, insieme alle altre chiese e religioni. Non è solo l’opzione del papa per i poveri, ma la sua capacità di riformare tutta la Chiesa a partire dall’opzione preferenziale per i poveri.
7. Francesco ha affermato nell’intervista a La Civiltà Cattolica che non si può parlare della povertà senza sperimentarla. Questa affermazione lo rende più vicino a quello che a suo tempo difese la TdL?
Certamente. Non è sufficiente fare un’opzione per i poveri, ma bisogna stare con loro, dare loro il nostro tempo e ascoltarli. Inoltre, l’opzione per i poveri è sempre più un’opzione per i “movimenti sociali” dei poveri, e questo esige di “essere lì sempre”. Storicamente la TdL nacque nelle “villas miseria”, nelle baraccopoli, nelle “poblaciones marginales”, nei “bassifondi” e nei luoghi più poveri e anche più pericolosi dell’America Latina. Qui viviamo, stiamo e qui cresciamo sempre.
8. C’è stato entusiasmo, anche, da parte di figure come Leonardo Boff e Gustavo Gutiérrez per questo nuovo papa. Come teologo e studioso, pensa che Francesco contribuirà a cambiamenti significativi nella Chiesa?
Credo di sì. Il Papa ha dato segni potenti e discorsi radicali (che vanno alla radice dei problemi). Sappiamo però dalla storia che le “carte” volano, ciò che rimane sono le “testimonianze personali” e i “cambiamenti strutturali”. Papa Francesco ha già dato molte “testimonianze profetiche”, che sono solo un inizio di cambiamenti più strutturali e globali nella Chiesa. Per esempio: la riforma della Curia Vaticana e dello Stato Vaticano. Alcuni pensano che questo cambiamento sia così tanto globale e importante, che si arrivi al punto di “ucciderlo”. È possibile. Ma penso che potrebbe succedere qualcosa di peggio: che gli “costruiscano una trappola mortale”, che gli rendano la vita impossibile, una guerra invisibile e distruttiva. Esiste una “destra cattolica internazionale”, con l’appoggio di un settore ecclesiastico che è capace di tutto. Non permetteranno che il “vescovo di Roma” metta in discussione il sistema economico e politico globale. Questa “destra cattolica internazionale” conta probabilmente sul sostegno della potente “Opus Dei”, e anche dell’organizzazione più potente ancora: i “Legionari di Cristo” (il cui fondatore, Padre Maciel, è stato il sacerdote pedofilo più perverso e protetto nella storia non troppo lontana della Chiesa). Esiste un altro movimento “oscurantista”: “Araldi del Vangelo”, con molto potere economico, considerato da alcuni qualcosa come “l’esercito al servizio del Papa”.
9. L’America Latina potrebbe sperimentare, nel nuovo contesto aperto dal Papa, una rinascita delle sue basi, a partire dalle comunità che sono state storicamente emarginate?
Credo che sia una speranza reale e possibile. Dobbiamo, tuttavia, insistere che i movimenti di base, come le Comunità Ecclesiali di Base, i Movimenti di Lettura Popolare della Bibbia e molti altri, vivono con la loro propria forza. Sono stati perseguitati, sono diminuiti e sono sorti numerosi altri movimenti cattolici contrari. La Chiesa, però, non è un “mercato religioso”, dove la qualità dei “prodotti” si misura dal “successo della vendita”. Ciò che si “vende bene” non è necessariamente ciò che “vale di più”. Non possiamo valutare i movimenti di base con un criterio “neoliberale”. Se in un quartiere, per esempio, ci sono due o tre Comunità cristiane di base e 50 o più movimenti cattolici, non significa che questi
valgono più di alcune e umili Comunità Ecclesiali di Base, presenti oggi nei luoghi più “pericolosi” del continente.
10. Quale potrebbe essere il contributo della TdL a questa Luce della Fede di cui parla Francesco nella sua prima enciclica?
Se ci riferiamo all’enciclica: “Lumen Fidei” (Luce della Fede) è probabilmente opera del teologo Ratzinger, futuro Papa Benedetto XVI. Non rappresenta il pensiero più genuino di Papa Francesco. Inoltre, è un’enciclica esageratamente lunga, densa, dogmatica, pochissimi cattolici la leggeranno. Papa Francesco ha annunciato già la sua enciclica: “Beati Pauperes”. Con Papa Francesco la Teologia ha fatto un “salto in avanti”. Tornare indietro sarebbe andare contro la storia. Papa Francesco ha già aperto una nuova epoca nella vita della Chiesa cattolica.
Pablo Richard
Dottore in Teologia e in Sociologia
Ricercatore del Departamento Ecuménico de Investigaciones (DEI) – Costa Rica
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Da quando il gesuita Bergoglio è Papa Francesco, da molte parti, amici, credenti e non credenti, ci pongono un interrogativo: «Che ne pensi di questo Papa?»… una domanda non solo legittima ma che dimostra quanta “speranza” è riposta in un momento storico così drammatico, anche per la sua universalità, nella figura del “capo” della Chiesa cattolica e ciò proprio perché v’è un vuoto di “autorità” morale, carismatica, a tutti i livelli, religioso, politico, culturale… Questa speranza esprime pure, per molti credenti, la preoccupazione e il timore di essere ancora una volta delusi nelle loro attese, soprattutto di riforma universale della Chiesa, affinché si faccia non solo portavoce ma dia un’autentica testimonianza evangelica in un mondo sempre più globalmente confuso e bisognoso dei valori universali di giustizia e pace, i valori essenziali del messaggio cristiano.
Il neoliberalismo rischia di ridurre la storia umana ad una macabra lotta tra poveri puntando sull’egoismo di pochi e sull’emarginazione e distruzione del presente e del futuro di interi popoli.
La risposta più semplice sarebbe: “il problema non è il papa, ma il papato”. Sarebbe una risposta giusta, ma troppo semplicistica.
La figura, la persona che incarna un posto così importante nello scenario universale conta, e come conta!!!
Un vangelo, visto e vissuto, nelle sue parole, nei suoi gesti, nei suoi fatti conta, e conta per miliardi di persone, molti non cattolici, ed è la testimonianza che può ridare speranza ad un mondo che ha smarrito i veri valori della dignità umana.
Chi lo conosce da tempo e vive nella stessa geografia, come lui ha vissuto, della Chiesa dei poveri, piena di ricchezza evangelica, non ha dubbi che nella Chiesa cattolica si sia aperto un nuovo orizzonte profetico, come fu quello del Concilio Vaticano II con Papa Giovanni.
Il movimento teologico della liberazione – la Teologia della Liberazione – non chiede di riconoscergli nessun particolare spazio culturale nella tradizione cattolica, ma chiede di essere conosciuto anche nel “Vecchio Mondo” cristiano prima di essere emarginato e condannato, e questo per il bene universale della Chiesa e della stessa comunità umana.
Renato Piccini
[1] Pablo Richard è nato in Cile nel 1939. È laureato in teologia presso l’Università Cattolica del Cile e in Sacra Scrittura nel Pontificio Istituto Biblico di Roma; ha realizzato studi di Archeologia Biblica a Gerusalemme e conseguito il Dottorato in Sociologia della Religione alla Sorbona di Parigi. È uno dei fondatori della Teologia della Liberazione. Fa parte del DEI – Departamento Ecumenico de Investigaciones – di Costa Rica dove dirige, da decenni, il Movimento Popolare della Bibbia per l’America Latina. Numerose sono le sue pubblicazioni e articoli tradotti in diverse lingue. Da anni collabora con la Fondazione Guido Piccini che ha curato l’edizione italiana di diverse sue opere, l’ultima Memoria del movimento storico di Gesù, Quaderni della Fondazione Guido Piccini 006, LIBEREDIZIONI 2011