ITALIA

Dal dolore all’impegno

Le esperienze nate nel nostro Paese. Per invocare giustizia e cercare verità.
Rosa Siciliano

“Caro diario oggi 28 giugno 1980… la mamma e il papà non hanno ancora telefonato per dire che sono arrivati. Qui sono tutti agitati. Non credo a quello che sento, dicono che l’aereo è scomparso!! NO! Non è possibile, non può succedere niente di brutto ai miei genitori. Io sono la piccola di casa. Ma perché a casa nostra c’è sempre il dottore e mi mandano sempre a comprare la camomilla? Perché i miei fratelli e mia sorella piangono sempre? Perché la TV fa vedere sempre quelle immagini nel mare? Sono tutte finte, come dice sempre la mamma! Se potessi sentirla al telefono la mamma mi tranquillizzerebbe. […] Mi stanno facendo credere a questa realtà, ma io tengo forte le mie dita incrociate. […] Perché devono esistere questi sbagli e far soffrire così la gente?
Anno 1990.
Da quel triste momento di dieci anni fa tutti mi hanno sempre detto che ero fortunata ad essere così piccola e che quindi non soffrivo più di tanto, ma non sanno che quando la speranza muore la vita non ha più senso. Quella bambina è cresciuta, ora ha ventitré anni, e ancora non sa che senso dare a questa sua sofferenza”

(Linda Lachina, da Ustica La via dell’ombra).

Giustizia e verità
Pensavamo fossero solo tragedie ed esperienze “della porta accanto” quelle attraversate nel nostro lungo viaggio attraverso le frontiere del dolore. Anche in Italia, lunghe e dolorose sono le vie del lutto, prezzo ingiustamente pagato da gente comune per guerre non volute, per giochi di potere sleali, per stragi senza significato né senso alcuno, per disegni criminosi che attraversano, silenziosi e gelidi, anche molte nostre città... Ma, anche vicino a noi, spesso dal dolore nasce uno spazio inatteso di fermento e di resistenza, di partecipazione e di conoscenza. Nel brano citato, il riferimento è alla vicenda di Ustica: il 27 giugno 1980 , poco dopo le 20.30, i radar di Fiumicino cessavano di registrare le battute di un aereo, un Dc9 in volo tra Bologna e Palermo con a bordo 81 persone. L’aereo era caduto in mare a nord di Ustica. Nessun superstite. Uno di quei misteri italiani come l’attentato in piazza Fontana o la strage di Bologna rimasti irrisolti. “Giustizia e verità”: non è solo un motto iconografico della resistenza latinoamericana ma costituisce il filo conduttore che dall’Argentina ci conduce in Medio Oriente e in Italia.
È proprio questo l’obiettivo, infatti, dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Ustica, che lavora “per non dimenticare… per non smettere di pretendere la verità”. L’associazione è stata costituita nel 1988, per iniziativa della senatrice Daria Bonfietti. Quasi tutte le famiglie delle vittime hanno aderito alla sua proposta, giunta loro per lettera. “Sino al 1986 – ci racconta la senatrice, attuale presidente dell’associazione – nessuno sapeva nulla dell’accaduto, né la cause, né la dinamica.

Per saperne di più
Associazione Parenti delle Vittime della Strage di Ustica
Via Polese, 22 – Bologna
Tel. 051/253925 – Fax 051/253725
Presidente: Daria BONFIETTI
Thhp://www.mclink.it/personal/MC9494/ustica.htm
Nel sito sono pronunciati i nomi delle vittime, uno per
uno, perché ogni nome è un volto e una memoria che
tuttora persiste nelle azioni dei loro cari.

Associazione familiari vittime strage di Bologna 2 Agosto 1980
Via Polese 22, 40122 Bologna
2agost80@iperbole.bologna.it
http://www.comune.bologna.it/iperbole/2agost80/2agost80.htm

Libera – associazioni, nomi, numero contro le mafie
via Marcora 18, 00153 Roma
Fax 06/5840436
libera@libera.it
Educazione alla legalità: educazionelegalita@libera.it
Ufficio beni confiscati:beniconfiscati@libera.it
Comunicazione:redazione@libera.it ufficiostampa@libera.it


Comitato genitori di militari morti caduti in tempo di pace
Ref. : Angelo Garro e Anna Cremona
Via Castel Morrone 5, Milano
Telefax 02/7389527
Nessuno rispondeva alle richieste di informazioni dei parenti delle vittime. Silenzio assoluto”. Hanno preteso le informazioni, hanno sollecitato le istituzioni per avere risposte chiare, vere, su quanto accaduto, sull’incidente “occorso a seguito di un’azione militare di intercettamento. È stata spazzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto” : così afferma il giudice Priore, nella sentenza ordinanza del 1999 conclusiva della fase istruttoria, che ha individuato i nomi degli imputati per “alto tradimento”. Il processo è attualmente in corso presso la Corte di Assise del Tribunale di Roma.
Dopo 19 anni, la risposta della magistratura ha rappresentato per i parenti delle vittime – e non solo per loro – una vittoria, un passo in avanti verso la verità… E nella nostra conversazione, la presidente dell’associazione prosegue: “Il silenzio, nei lunghi anni che hanno preceduto la sentenza del 1999, non era dettato da alcuna legge né segreto ufficiale e formale ma da una strana fedeltà a qualcosa a cui alcuni nell’apparato militare obbediscono… L’obiettivo di tutti – soprattutto delle istituzioni, compresa quella militare – è la fedeltà alla verità e alla giustizia. Talora però si è deviati da questo importante nostro
comune obiettivo…”.

Il dramma delle stragi
Proseguendo il nostro viaggio in cerca di segni di speranza tra le lacrime, il nostro pensiero va immediatamente a una strage che ha lasciato tutti gli italiani attoniti e increduli dinanzi agli schermi televisivi: la strage di Bologna. “Il 2 Agosto 1980, sabato, ore 10,25. Un attimo, poi, per tante persone, per tante famiglie ci fu una tragica svolta alla propria vita. Al dolore, ai sacrifici, di fronte a tutte le inspiegabili situazioni rese ancor più difficili da uno Stato non sempre presente, tutti coloro che furono colpiti, contrapposero, con forza civile, la faticosa battaglia per ottenere giustizia e verità” – così apre il suo discorso lo scorso 2 agosto Paolo Bolognese, presidente dell’associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna costituita da 44 persone il giugno 1981 e di cui sono ben 300 oggi gli aderenti, tutti familiari di vittime della medesima strage. Una data indimenticabile nella storia del nostro Paese, una bomba esplosa in pieno giorno ha dilaniato il cuore di Bologna e ha provocato il ferimento di 200 persone e la morte di 85 tra uomini, donne e bambini.
Dopo il lutto, però, anche qui, la rinascita di una speranza e la passione per la giustizia e per la verità: “L’associazione si prefigge di ottenere con tutte le iniziative possibili la giustizia dovuta”. Ogni anno un comunicato, essenziale e chiaro, è pronunciato nel giorno del triste anniversario di fronte a un’Italia che, in

Le stragi in Italia (dal 1969 …)
Milano, 12 dicembre 1969, piazza Fontana – 17 morti, 88 feriti
Gioia Tauro, 22 luglio 1970– 6 morti, 50 feriti
Peteano, 31 maggio 1972 – 3 morti
Milano, 17 maggio 1973,questura – 4 morti, 52 feriti
Brescia, 28 maggio 1974, piazza della Loggia – 8 morti, 103 feriti
San Benedetto di Val di Sembro, 4 agosto 1974, l’Italicus – 12 morti, 44 feriti
Roma, Via Fani, 16 marzo 1978 – 5 morti
Bologna, 2 agosto 1980, la strage della stazione – 85 morti, 200 feriti
Rapido 904, 23 dicembre 1984 – 15 morti, più di 100 feriti
Capaci, 23 maggio 1992 – 9 morti
Palermo, Via d’Amelio, 19 luglio 1992 – 5 morti

parte ha già dimenticato e rimosso, in parte ricorda ancora con dolore e smarrimento l’accaduto. Si rievoca il dolore di quel giorno, la paura, ma soprattutto il silenzio, assordante e sgradevole, di cui l’avvenimento è stato nel tempo ricoperto, un silenzio in cui rumoreggia la delusione e lo sdegno dei parenti delle vittime perché “la giustizia e la verità sono lontane”. Fin dal suo sorgere, l’associazione ha seguito con solerzia le indagini giudiziarie, ostacolate inizialmente dal tentativo di escludere nell’accaduto il dolo e successivamente dai depistaggi e dalle lentezze (casuali?) della giustizia italiana.
Con dovizia di particolari e documenti, è ricostruita nel sito internet dell’associazione la storia delle indagini giudiziarie, seguite dall’associazione tra i familiari delle vittime, che il 6 Aprile 1983 insieme alle associazioni delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia, dell’Italicus e, successivamente, anche delle vittime della strage di Ustica, ha costituito a Milano l’Unione dei Familiari delle Vittime per Stragi. L ’Unione è sorta nel 1983 e il suo percorso di cittadinanza attiva è approdato all’elaborazione della proposta di legge di iniziativa popolare per “L’abolizione del segreto di Stato nei delitti di strage e terrorismo”, presentata nel 1984. I promotori dell’iniziativa ritengono, infatti, che “i processi per strage sono stati tutti fortemente condizionati dalla frequente opposizione del segreto di Stato” e chiedono, pertanto, che “il segreto di Stato sia cancellato in tutti i processi per reati complessi per finalità di terrorismo o di evasione dell’ordine democratico e per delitti di strage previsti dagli artt. 285 e 422 del codice penale”, in omaggio al principio secondo cui la verità sulle stragi appare come primario indeclinabile interesse della democrazia (Torquato Secci, http://www.comune.bologna.it/iperbole/2agost80/2agost80.htm) .

Morire per la patria?
Se poi parliamo di giovani militari, i racconti di coloro che hanno deciso di costituire un Comitato di genitori di militari caduti in tempo di pace, fanno accapponare la pelle. Roberto Garro ha perso la vita a soli 20 anni, con altri 3 suoi compagni di leva, in Friuli Venezia Giulia. Aveva deciso, solo pochi giorni prima di morire, di restare nell’Arma come volontario di Ferma Breve. Suo padre, Angelo Garro, è tra i promotori del comitato. Tanti i silenzi, in questa e in circostanze simili, tante informazioni negate…Sono genitori che rivendicano dignità per i figli militari morti in tempo di pace, che cercano solidarietà e coraggio in esperienze simili alle loro, chiedono di sapere, chiedono di non mentire sui “suicidi” dei giovani di leva, sulle ragioni della morte… F orti le parole di Angelo Garro, padre del giovane Roberto, che – nel tentativo di introdurci nelle dure regole della vita militare per poter poi capire meglio il loro dolore – ci racconta che “dal momento in cui i nostri ragazzi indossano la divisa, non sono più esseri umani, ma carne da macello” .
Questi genitori – che nei giorni in cui pubblichiamo questo numero di Mosaico di pace si uniscono al cordoglio delle famiglie dei militari e dei carabinieri morti nell’attentato in Iraq sollecitano ora la discussione in Parlamento del disegno di legge per il riconoscimento di un risarcimento più equo ai “militari di leva e di carriera, infortunati o caduti durante il periodo di servizio” allo Stato (testo unificato delle proposte di legge Ramponi e Ruzzante). Di gran rilievo è, inoltre, l’impegno di questo comitato spontaneo per offrire solidarietà ai militari che corrono il rischio di contrarre malattie a causa delle ingenti quantità di uranio impoverito, plutonio, benzene, emissioni elettromagnetiche di cui sono cosparse le aree di “missioni di pace”, in quantità ben maggiori di quelle a noi note.

Contro le mafie
“A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulla gambe di altri uomini”: Giovanni Falcone fu premonitore quando pronunziava queste parole. Chi di noi non le ricorda? ’impegno contro la mafia è ben vivo anche grazie alla coraggiosa testimonianza e all’opera incessante per la verità di persone che, vittime delle violenze delle mafie, testimoni diretti, familiari di vittime, hanno deciso di dedicare la propria vita all’impegno contro la criminalità organizzata e in particolar modo hanno deciso di impegnarsi in Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie. Da Giovanni Impastato a Rita Borsellino, da Maria Falcone a semplici cittadini, magistrati, giornalisti, appartenenti alle forze dell’ordine, sacerdoti, imprenditori e commercianti, sindacalisti, esponenti politici, amministratori locali, morti per mano delle mafie o testimoni ancora vivi di delitti di mafia…
Dalla memoria all’impegno: nelle sedi giudiziarie perché si raggiunga la verità negli omicidi per mano di mafia; nelle strade e nelle associazioni per una cultura di cittadinanza attiva e di rispetto della legalità; in tante nostre città per il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi, in virtù della legge 109/96, promulgata immediatamente dopo la legge che istituiva il Fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell’usura (legge n.108/96), grazie all’impegno di Libera e di tutti coloro che con essa lavorano per un mondo migliore.

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