Pregare per la pace con il papa con le maniche rimboccate

Don Mario Bandera

Al bar, dopo aver sorseggiato un caffè, entra un amico che mi da una pacca sulle spalle e mi dice: “Don, nonostante le tue preghiere e quelle del Papa, quelli là continuano a darsele di santa ragione!” Ovviamente “quelli là” sta per israeliani e palestinesi. Subito dopo l’amico aggiunge: “con certa gente la preghiera non serve, bisogna che se le suonino fino a che uno dei due sia sconfitto, solo dopo si può cominciare a parlare di pace”. Guardo un po’ stupito l’amico, butto lì una frase di circostanza, saluto ed esco, ma la battuta dell’amico continua a  ronzarmi nella testa: fino a che punto la preghiera può aiutare davvero a cambiare il corso della storia? Fino a che punto la preghiera può essere utile per risolvere i problemi? In fondo la stessa cosa mi si presenta quando visitando gli ammalati mi incontro davanti a dei casi in cui lo stato della malattia è così grave e avanzato, e da parte dei familiari in simili circostanze il ricorso alla preghiera è continuo e incessante, eppure tutta questa preghiera non cambia minimamente la situazione. Chi di noi non è passato attraverso questo crogiuolo dello spirito, chi di noi di fronte ad una morte improvvisa di una persona cara della propria famiglia, a un caso increscioso, a un dramma umano sorto improvvisamente nello scorrere dell’esistenza, non ha sentito il bisogno di raccogliersi ancora di più in preghiera nonostante sperimentasse nella propria carne l’impossibilità e l’impotenza nel risolvere i problemi.

Lo stesso Papa Francesco, nell’Angelus di domenica 13 luglio, ha lanciato un accorato appello per continuare a pregare con insistenza per la pace in Terra Santa. Ha detto Papa Bergoglio: “Ho ancora vivo nella memoria il ricordo dell’incontro dell’8 giugno scorso con il Patriarca Bartolomeo, il Presidente Peres e il Presidente Abbas, insieme ai quali abbiamo invocato il dono della pace e ascoltato la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza. Qualcuno potrebbe pensare che tale incontro sia avvenuto invano. Invece no! La preghiera ci aiuta a non lasciarci vincere dal male, né rassegnarci a che la violenza e l’odio prendano il sopravvento sul dialogo e la riconciliazione. Esorto le parti interessate e tutti quanti hanno responsabilità politiche a livello locale e internazionale a non risparmiare la preghiera e a non risparmiare alcuno sforzo per far cessare ogni ostilità e conseguire la pace desiderata per il bene di tutti. Invito tutti voi ad unirvi nella preghiera. Preghiamo: Signore, aiutaci tu! Donaci tu la pace, insegnaci tu la pace, guidaci tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “Mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace … rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono.”

Nella più genuina e cristallina tradizione della Chiesa, Papa Francesco indica la preghiera non tanto come una domanda incessante da rivolgere a Dio, quanto piuttosto un attento ascolto a quella che è la sua volontà; siamo invitati non tanto a chiedere che dall’alto ci venga elargito un dono, quanto piuttosto, attraverso la purificazione del cuore, a costruire la pace nei nostri piccoli gesti quotidiani come nelle relazioni fra i popoli. Come credenti in Cristo sappiamo che solo la sua Parola può dare un senso agli interrogativi che si agitano nel nostro animo. Se di fronte alla violenza le forze delle tenebre sembrano prevalere, Cristo ci ha assicurato che il male e la morte non hanno e non avranno mai l'ultima parola. Su questa base poggia la nostra fede ed in Lui solo si alimenta la nostra preghiera. Una preghiera che sentiamo il bisogno di elevare al Dio della tenerezza e della pace. Ma la preghiera non può essere disincantata e disincarnata, non può sgorgare da cuori e menti che mentre elevano la loro supplica all’Altissimo, non distolgono i loro sguardi preoccupati dagli indici di Borsa! Le mani giunte hanno come degno corollario le maniche rimboccate, nello sforzo creativo di togliere ogni ostacolo alla costruzione di un mondo più umano, più giusto, in profonda sintonia con la realtà del Regno dei Cieli che Cristo è venuto ad annunciare. La preghiera umile e sincera è la vera “arma” dei cristiani, perché essa sgorga prima ancora che dalle labbra del cristiano orante, dal cuore stesso di Cristo.

La preghiera è un momento altissimo di conversione e di partecipazione al dolore di ogni uomo e di ogni donna che soffrono violenza, che sono vittime di soprusi, che cadono per mano assassina da spietati criminali che oltre ad uccidere, calpestano anche la splendente dignità che aleggia sul volto di ogni persona modellata ad immagine di Dio. Essa permette di accostarsi con enorme rispetto al silenzio “inquietante” di Dio di fronte ad Auschwitz, ad Hiroshima e di fronte ai Gulag di tutto il mondo e di tutte le epoche, senza cadere nella disperazione; aiuta a superare il frastuono del passo cadenzato di chi marcia sulla testa e sui sentimenti della povera gente calpestando popoli inermi, con lo slogan “Gut mit uns” (Dio con noi) stampato nelle menti indottrinate, sugli elmetti, sul calcio dei kalashnikov e sulle fibbie dei pantaloni, ieri con le SS, oggi con i talebani e i terroristi di ogni latitudine.

La sfida della preghiera, oggi più che mai passa attraverso la cruna dell’ago di una realtà dove la percezione della presenza di Dio nella storia di ogni uomo si coglie dai passi e dai gesti di fraternità, di giustizia e di pace, che ogni credente saprà compiere al fianco dei poveri, dei deboli e dei peccatori, ricercando senza sosta, instancabilmente il volto di Dio nello sguardo dei fratelli, a qualunque popolo, razza, nazione e credo religioso esso appartenga. Offrendo loro il dono più originale che Cristo è venuto a portare: l’Amore di Dio per ogni Uomo e il superamento dei conflitti laceranti attraverso l’offerta del perdono e della riconciliazione. Un compito svolto da generazioni di cristiani, che attende di essere continuato da ciascuno di noi, ancora oggi. La preghiera per un cristiano deve essere autenticamente evangelica, essa ha bisogno di un processo personale di purificazione costante, di un discernimento di bisogni, di una conversione continua alla volontà di Dio e alla fine, di un pensiero inaudito: “non la mia, ma la tua volontà sia fatta”. Pertanto tutto ciò che noi dobbiamo chiedere al Signore attraverso la preghiera, si trova in Gesù Cristo, occorre tentare di introdurci nella vita, nelle parole, negli atti, nelle sofferenze, nella morte e risurrezione di Gesù, per riconoscere ciò che Dio ha promesso e compie sempre per noi.

Dio infatti non realizza i nostri desideri, ma realizza le sue promesse. Egli resta il Signore della terra e dell’umanità, protegge i suoi figli e ci da una forza sempre rinnovata per entrare nella profondità della vita, per far fronte al mistero dell’iniquità che continua ad agire nel mondo e che trova nell’odio, nella violenza e nella guerra, i campi principali ove manifestarsi. Oggi più che mai quindi, abbiamo urgenza di una preghiera personale e comunitaria, autentica e incessante, il mondo ne ha disperato bisogno, solo così cambieremo la faccia della terra.

 

Mario Bandera

Luglio 2014

 

 

Ultimo numero

Rigenerare l'abitare
MARZO 2020

Rigenerare l'abitare

Dal Mediterraneo, luogo di incontro
tra Chiese e paesi perché
il nostro mare sia un cortile di pace,
all'Economia, focus di un dossier,
realizzato in collaborazione
con la Fondazione finanza etica.
Mosaico di paceMosaico di paceMosaico di pace

articoli correlati

    Realizzato da Off.ed comunicazione con PhPeace 2.7.15