L’ordine del caos

Arturo Gianluca Di Giovine

Ordine e Caos sono due forze inconciliabili, due principi dai quali discende vita o morte, oppure due logiche complementari che possono coesistere. Nel nostro caso l’ordine del caos vede sempre l’ordine primeggiare sul caos, ma non come suo oppositore, bensì come suo imitatore, o meglio come caos mascherato. Il nostro caso è la questione medio orientale e precisamente quella israelo-palestinese.

Nell’incontro con Riccardo Marchio (volontario nella Chiesa Latina di Gaza) e Ada Serra (giornalista del Franciscan Media Center), avvenuto presso la sede dell’Orta Nova che vorrei e avente per oggetto proprio il conflitto israelo-palestinese, sono scaturite molte riflessioni circa le cause di questa lunga e tormentata violenza. Nel suo intervento Ada ha evidenziato come l’operazione israeliana ‘Margine Protettivo’ sia scaturita non dall’uccisione di tre soldati israeliani da parte di militanti di Hamas (notizia falsa e resa nota anche dalla polizia di Tel Aviv) bensì dalla visita di Papa Francesco in Terra Santa (maggio 2014). La visita del Papa, secondo Ada, ancora una volta ha riacceso gli animi, le speranze e i cuori di coloro che vogliono la Pace, ma purtroppo anche la violenza, l’odio e le rivendicazioni di chi non vuole la Pace. Naturalmente risulta molto difficile dimostrare questa teoria, che può essere falsificata sin da subito, tuttavia ripercorrendo le tappe della cruenta e sanguinosa questione palestinese, sembra emergere l’ipotesi che ogni qual volta si aprono spiragli di Pace avviene qualcosa che travolge e distrugge la possibilità di vivere insieme.

Nel novembre del 1974 l’allora leader palestinese Yasser Arafat interviene nell’Assemblea Generale dell’ONU, sostenendo che può esserci una via di Pace, l’intera assemblea apprezza le sue parole. Nello stesso anno, il presidente egiziano Saddat si reca in Israele e cerca di arrivare ad un accordo di pace con lo stesso Israele e gli USA (presidente Carter), non riconoscendo l’OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina) nelle trattative e quindi minando la leadership di Arafat. Si arriva agli accordi di Camp David, nei quali l’Egitto recupera il Sinai. Successivamente Saddat viene ucciso in un attentato rivendicato da integralisti islamici. Ritorno al sangue.

Nel giugno del 1988 l’OLP, in un vertice ad Algeri, attraverso un comunicato riconosce, seppur implicitamente, lo stato di Israele. Nello stesso vertice viene proclamato lo stato di Palestina con capitale Gerusalemme. Due mesi dopo Arafat dichiara di accettare il diritto di tutte le parti a vivere in pace e l’OLP rinuncia alle azioni terroristiche e alla lotta armata. La Pace sembra materializzarsi, soprattutto quando in Israele, nel giugno del 1992, vince le elezioni il partito laburista e il 13 settembre 1993 presso la Sala Blu della Casa Bianca Arafat, Rabin (primo ministro israeliano) assieme a Clinton (presidente USA) pongono le fondamenta per cominciare a costruire la Pace. Gli stessi leader, subito dopo, vengono insigniti del Premio Nobel per la Pace a Stoccolma e Arafat nominato Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Tutto sembra orientarsi per il verso giusto, ma a novembre del 1995, nei pressi di Tel Aviv il premier israeliano Rabin viene barbaramente ucciso da un integralista ebreo, in quanto accusato di trattare con il nemico. Risponde Hamas che da un’ulteriore pugnalata al processo di Pace.

Gli interessi in gioco sono molti (economici, geo-politici, etc…), il più delle volte rimangono celati, di sicuro vi sono stati errori e ombre nell’era Arafat, ma la situazione sembra riflettere un ordine basato sul caos, sulla violenza. Più di qualcuno, non solo israeliano, sembra voler mantenere questa situazione di perenne destabilizzazione, un vero e proprio stato di emergenza continuo. Come ha scritto Gideon Levy, giornalista israeliano del quotidiano Ha’aretz, anche questa operazione “si concluderà come tutte le precedenti , cioè senza assicurarci né la protezione, né il margine”, l’ordine del caos. 

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