Il perdono di una madre per cambiare

Alidad Shiri

Abbiamo visto probabilmente tutti l’immagine toccante del giovane condannato a morte in Iran, a cui la mamma della vittima ha tolto il cappio sul luogo dell’esecuzione dopo averlo perdonato pubblicamente. L’Iran, dopo la Cina e l’Arabia Saudita è il Paese dove vengono eseguite più condanne a morte. Dall’Iran ci arrivano in genere notizie che non sono giudicate con favore dal mondo occidentale, ma questo è un avvenimento così straordinario che dalla Turchia è stato sottolineato con una nomina simbolica: quella di “mamma dell’ anno” per la signora Samaria Ali-Nejad che sei anni fa ha perso il figlio di 17 anni, ucciso da un altro ragazzo con una coltellata in una lite furibonda. Per la legge iraniana sono i genitori di una persona assassinata che possono decidere alla fine se dare l’ordine di esecuzione al boia o perdonare. Sempre si decide per l’esecuzione e l’anno scorso sono state effettuate circa 700 condanne a morte, tra cui anche due donne. Nel caso di cui parliamo il marito della vittima aveva delegato la moglie a decidere. Questa donna per la prima volta dopo due mesi parla con una giornalista che le chiede le motivazioni della scelta controcorrente di perdonare. Usa un’immagine molto significativa per descrivere il dolore che ha portato in questi sei anni, dopo la morte del figlio: uno strazio che la prendeva dai capelli alle punte dei piedi. Con questo desiderio di vendetta è arrivata insieme al marito sul luogo dell’esecuzione, mentre la mamma del condannato si buttava in terra ad implorarla e il ragazzo bendato, con il cappio al collo, in piedi sullo sgabello, urlava chiedendo pietà. A questo punto c’è stato un grande cambiamento interiore nella donna. Lei si è immedesimata nel dolore dell’altra madre per una ferita così grande che avrebbe causato il suo gesto a tutta la famiglia del colpevole, e qui ha cambiato idea. Dice di avere sentito come Dio che la spingeva a perdonare, ha allungato la mano per dare un ceffone, togliendo il cappio al giovane condannato, urlando che i giovani non devono risolvere le loro liti con i coltelli o con le armi, rovinando così se stessi, la propria famiglia e quella degli altri. In quel momento la grande ferita che aveva nel cuore si è rimarginata ed è subentrata una profonda pace. Le foto mostrano anche l’abbraccio successivo tra le due madri. Dopo due mesi anche il viso più disteso mostra che la signora Samaria Ali-Nejad vive con la pace dentro. Lo spirito di riconciliazione è presente nel profondo di tante religioni che qui possono incontrarsi al di là dei confini tradizionali. Il perdono è un prezioso valore infatti per tutte le grandi religioni monoteistiche. Mi ricordo ancora da bambino la voce del mullah che indicava il perdono come aspetto fondamentale della religione islamica. Ho visto qui che è anche presente nel Vangelo di Gesù come suo insegnamento di base. Lui stesso in croce ha perdonato i suoi aguzzini. A volte davanti a un dolore così grande sembra impossibile, però è importante cercare di attuarlo. È un gesto, quello della donna iraniana da cui anche il suo governo deve imparare. La situazione politica sembra che stia cambiando con il nuovo Presidente, sembra che il provvedimento sulla censura di WhatsApp sia stato sbloccato e anche i rapporti diplomatici con l’Occidente sono migliorati. Ovviamente lui ancora non può fare tanto perché deve sottostare al potere religioso di Khamenei. Ma i giovani iraniani credono ancora nel loro Presidente e nei loro sogni di libertà. La vendetta non risolve niente, anzi aggrava i problemi. Il gesto di questa donna può insegnare tanto però non solo al suo Paese ma anche a noi. Si tratta di imparare a risolvere i conflitti non in modo violento, a riflettere, ad andare più in profondità noi tutti. Visto che in questi giorni si sta parlando dell’assegnazione del prossimo Nobel per la Pace, questa donna lo meriterebbe per il suo coraggio e per dare un messaggio forte a tante famiglie oltre il suo ambiente.   

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