ECONOMIA

Manovre e contromanovre

Il rapporto 2015 di Sbilanciamoci! in rete.
Altre manovre sono possibili senza imporre un’austerity rigorosa alla popolazione italiana.
Andrea Baranes (Fondazione Culturale Responsabilità Etica)

Ottantaquattro proposte per una manovra da 27 miliardi, che si chiude a saldo zero. Sono i numeri della contromanovra di Sbilanciamoci! per il 2015. Da quindici anni, la rete di quarantasei organizzazioni che promuove Sbilanciamoci! pubblica una propria analisi critica della Legge di Stabilità (quella che un tempo era la finanziaria) e propone delle misure alternative per “la pace, i diritti, l’ambiente”. In poche parole, si tratta di mostrare – numeri alla mano – che delle politiche economiche radicalmente differenti sarebbero possibili.

Anche quest’anno la contromanovra rispetta l’obbligo del pareggio di bilancio, pur proponendone l’abolizione, dimostrando che la quantità delle risorse pubbliche disponibili non è l’unica variabile che condiziona l’impianto della legge di stabilità. Il punto dirimente resta quale modello di economia, di società e di democrazia si ha in mente. Quello della legge di stabilità 2015 continua a

essere sbagliato perché finge di fare l’interesse di tutti, ma si inchina agli interessi di banche e imprese e non affronta i buchi neri del declino del nostro Paese: l’economia in declino, un’occupazione in calo e sempre più precaria, un sistema pubblico di istruzione e di ricerca indebolito dai progressivi tagli, un disagio sociale crescente che consegna alla povertà assoluta sei milioni di persone, politiche sociali fragili e sempre più delegate alla famiglia, un patrimonio naturale e culturale in abbandono.

Quali politiche?

Per questo, se da un lato nel rapporto vengono duramente criticate le politiche europee, dall’altro si mostra come il famigerato “è l’Europa che ce lo chiede” sia una foglia di fico sempre più improponibile, per almeno due motivi. Prima di tutto perché lo stesso governo sembra purtroppo sposare in pieno la fallimentare visione della Troika che punta sulla competitività come valore assoluto, il che si traduce in una corsa verso il fondo in materia di diritti, ambiente, società e fisco dove l’unico obiettivo del pubblico non è la tutela dei propri cittadini ma fare gareggiare le proprie imprese in una concorrenza internazionale senza regole. Una conferma arriva dalle politiche di tagli alla spesa pubblica per ridurre la tassazione delle imprese, come confermano il jobs act o le altre politiche messe in campo. Dall’altro lato, con il rapporto 2015 di Sbilanciamoci! si dimostra, con una manovra che chiude a saldo zero – 27 miliardi di uscite e 27 di entrate – che politiche economiche nettamente diverse sarebbero possibili anche rispettando i vincoli europei.

Il governo sta facendo passare il semestre di presidenza europea senza tentare di imporre un cambio di visione, senza premere l’acceleratore sulle regole tanto necessarie quanto urgenti per il gigantesco casinò finanziario che ci ha trascinato nella crisi. L’unico impegno dell’Italia su scala europea sembra consistere nel portare avanti il disastroso accordo TTIP di libero scambio con gli USA. Un accordo che si inserisce nella stessa logica di ulteriore espansione dei “diritti” delle imprese a scapito dei cittadini e dell’ambiente.

 Le proposte

Nel merito della contromanovra, sul piano delle entrate gli assi portanti sono due. Il primo è un fisco più equo. Si sceglie, con una proposta molto dettagliata su Irpef, Iva e altre imposte, non di aumentare, ma di redistribuire il prelievo fiscale dai poveri ai ricchi, dai redditi da lavoro e di impresa ai patrimoni e alle rendite. Il fisco non è un male, il vero problema è garantirne l’equità e la progressività attuando la nostra Costituzione. In questo senso Sbilanciamoci! avanza anche la proposta di una patrimoniale con aliquote progressive per operare una reale redistribuzione e una lotta alle sempre più profonde diseguaglianze. Il secondo asse prevede dei tagli alla spesa pubblica tossica. Si opta per un riorientamento e una riqualificazione della spesa pubblica tagliando il sostegno all’istruzione, alla ricerca, alla sanità private, abolendo le grandi opere, chiudendo i Cie e i CARA e tagliando le spese militari, a partire dall’acquisto dei cacciabombardieri F35 per arrivare alla seconda serie di sommergibili U-212 e ad altri tagli ancora, incluso il ritiro dalle missioni a chiara valenza aggressiva.

Sul piano delle uscite gli assi portanti sono tre

Prima di tutto un intervento pubblico in economia. L’intervento dello Stato è alla base di un Piano per lavorare e produrre per il benessere sociale. Riqualificazione del trasporto pubblico locale, stabilizzazione del personale paramedico precario, assunzione di figure professionali stabili per combattere gli abbandoni scolastici, messa in sicurezza del nostro territorio, investimenti nella ricerca pubblica, nell’istruzione e nella tutela del patrimonio culturale potrebbero creare migliaia di posti di lavoro. Lavorare e produrre per il benessere. Nella stessa direzione una politica a garanzia dei diritti dei lavoratori, nel contesto di una scarsità della domanda di lavoro, potrebbe prevedere una piccola riduzione dell’orario di lavoro, la stabilizzazione dei lavoratori precari della pubblica amministrazione e misure finalizzate ad aumentare il costo del lavoro atipico.

In secondo luogo la lotta alle diseguaglianze sociali. Un sistema di welfare universalistico, non gattopardesco e schizofrenico come quello attuale, richiede un maggiore investimento nei fondi sociali, nel sistema per l’infanzia pubblico e, soprattutto, l’introduzione di una misura di reddito minimo garantito che in Europa, al momento attuale, manca unicamente in Italia e in Grecia.

In terzo luogo la buona spesa pubblica. È quella che investe nell’edilizia popolare pubblica (anziché svenderla), nella tutela dei beni comuni (e non nella loro privatizzazione), in un Piano energetico lungimirante, nella preservazione del nostro patrimonio naturale, nel Servizio Civile Universale e nell’Aiuto pubblico allo Sviluppo (con risorse adeguate), nell’economia solidale, a partire dalla destinazione di spazi o aree dismesse di proprietà pubblica o abbandonate dal privato. Investire nel welfare, nella cultura e nella conoscenza con un’ottica di lungo periodo e per garantire il diritto allo studio a tutte e a tutti.

Troppo spesso la stessa crisi, che viene pagata dalle fasce più deboli della popolazione, viene usata come un alibi e un grimaldello per esasperare ulteriormente la privatizzazione, lo smantellamento di diritti acquisiti, l’aumento delle diseguaglianze. Le 84 proposte dettagliate, elaborate dalle 46 organizzazioni aderenti a Sbilanciamoci!, generano risparmi o maggiori entrate da un lato, tagli alla spesa sbagliata e maggiori stanziamenti per quella giusta dall’altro, in 7 aree chiave: Fisco e Finanza, Lavoro e Reddito, Cultura e Conoscenza, Ambiente e sviluppo sostenibile, Welfare e diritti, Cooperazione pace e disarmo, Altraeconomia.

Interrogarsi su quale modello economico, sociale, ambientale vogliamo realizzare, non solo su cosa consumare, ma anche su cosa produrre e come, quali tutele e diritti garantire alle lavoratrici e ai lavoratori, su chi spostare il carico fiscale e via discorrendo. Non solo delle specifiche richieste nei vari ambiti, quindi, ma una vera e propria proposta organica di una Legge di Stabilità radicalmente diversa, che dimostra come anche e soprattutto in un momento di crisi, le politiche economiche dovrebbero e potrebbero essere al servizio dell’insieme della società. Questo è vero tanto in Italia quanto in Europa, dove il nostro Pae-se dovrebbe assumere un ruolo da protagonista per chiedere un’inversione di rotta per proporre e mettere in campo un diverso modello di sviluppo.

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