Sbarchi
Chi sono gli stranieri che giungono in Italia? Da dove vengono?
Dati alla mano, proviamo a conoscere i nostri vicini di casa.
Secondo la metodologia che caratterizza il Dossier Statistico Immigrazione, cercherò di presentare insieme ai miei colleghi coordinatori di questa impegnativa ricerca annuale, i dati più significativi rispetto all’anno precedente, per poi tirare qualche conclusione.
In Italia, gli stranieri residenti alla fine del 2013 sono risultati 4.922.085 su una popolazione di 60.782.668, con un’incidenza dell’8,1%. Le donne sono il 52,7% e i minori oltre 1 milione, mentre sono 802.785 gli iscritti a scuola nell’anno scolastico 2013/2014 (incidenza del 9,0% sulla popolazione scolastica complessiva), tra cui 11.470 rom.
Il livello di istruzione è notevole: il 10,3% ha una laurea e il 32,4% un diploma (dati del Censimento del 2011). Nel 2013 i residenti sono aumentati di 164.170 unità al netto delle revisioni censuarie.
Secondo la stima del Centro Studi e Ricerche IDOS, la presenza complessiva degli immigrati in posizione regolare è, però, più alta e ammonta a 5.364.000 persone.
Nel 2013, i visti per soggiorni superiori a 90 giorni sono stati 169.055, di cui solo 25.683 per lavoro subordinato e 1.810 per lavoro autonomo. Attualmente hanno maggiore peso sull’aumento della popolazione straniera i visti per ricongiungimento familiare (76.164) e le nuove nascite (77.705 a fronte di 5.870 decessi). Notevole è anche l’incidenza delle famiglie con almeno uno straniero (2.354.000, pari al 7,1% di tutte le famiglie residenti in Italia), che in un quarto dei casi sono miste. Nonostante il policentrismo delle provenienze (196 paesi), si riscontra una notevole prevalenza di alcune aree di origine: oltre la metà (51,1%) proviene da soli cinque Paesi (Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina) e circa i due terzi (64%) dai soli primi dieci.
Un quarto della popolazione straniera risiede in quattro province (Roma, Milano, Torino e Brescia). Gli stranieri residenti in Lombardia (oltre 1 milione) rappresentano il 22,9% del totale nazionale e quelli della provincia di Roma (oltre mezzo milione) il 10,3%.
I permessi scaduti senza essere rinnovati sono stati 262.688 nel 2011, 166.321 nel 2012 e 145.670 nel 2013. Tuttavia, ufficialmente, le partenze per l’estero hanno coinvolto 44mila cittadini stranieri e 82mila cittadini italiani, tra i quali quelli residenti all’estero sono 4.482.115.
Al Censimento del 2011 in media la differenza di età tra stranieri e italiani è stata di 13 anni (31,1 rispetto a 44,2) e questo divario a oggi fa sì che l’immigrazione influisca positivamente anche sul sistema pensionistico. Nel 2013, secondo la stima di IDOS, la quota di immigrati che raggiungeranno l’età pensionabile salirà al 2,6% rispetto al totale dei casi, per poi passare al 4,3% nel 2020 e al 6,0% nel 2025.
I cittadini italiani per acquisizione, che erano solo 285.785 nel 2001, sono aumentati a 671.394 al Censimento del 2011, cui se ne sono aggiunti 65.383 che hanno acquisito la cittadinanza nel 2012 e 100.712 nel 2013.
Profughi
Sono in aumento gli sbarchi dei profughi in provenienza dall’Africa e dall’Asia medio-orientale. Al 31 agosto 2014 le persone sbarcate in Italia sono state complessivamente 112.689, mentre diverse migliaia di persone sono morte in mare nonostante l’operazione “Mare Nostrum”, iniziata il 18 ottobre 2013, che, un anno dopo, ha permesso di salvare oltre 130mila persone. Anche nel 2013 le richieste di asilo sono state in Italia di numero contenuto (26.620) rispetto ad altri Paesi europei (127mila in Germania, ad esempio). Il 10 luglio 2014 è intervenuto un accordo Stato-Regioni-Enti Locali per un piano nazionale di accoglienza e i posti messi a disposizione dallo SPRAR (sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati) sono stati portati a quasi 20mila entro il triennio 2014-2016.
Risultano in diminuzione le persone non autorizzate all’ingresso che sono state intercettate alle frontiere italiane (7.713), le persone rimpatriate (8.769) e quelle intimate di espulsione ma non ottemperanti (13.529), per un totale di 30.011 individui, in costante diminuzione dal 2006 (quando furono 124.381). Secondo la convinzione prevalente, la popolazione straniera in posizione irregolare è inferiore al mezzo milione, anche perché 430mila non autorizzati a stare in Italia sono stati interessati dai provvedimenti di emersione varati nel 2009 e nel 2012.
CIE
Una realtà molto problematica è quella dei Centri di Identificazione e di Espulsione. Su 420 Cie operanti in tutta l’UE (37.000 posti in totale), 10 sono in Italia, dove nel 2013 sono stati trattenuti 5.431 uomini e 585 donne (inclusi 395 romeni e molti provenienti dal carcere), con un tasso di espulsioni eseguite pari al 45,7% e condizioni di vita critiche per quel che riguarda il rispetto dei diritti umani, come attesta anche l’organizzazione Medici per i Diritti Umani (MEDU) e come la stessa Commissione del Senato per i diritti umani ha riconosciuto.
L’incidenza degli stranieri sul totale degli occupati era del 3,2% nel 2001 ed è aumentata nel 2011 all’8,2%. I dati dell’Istituto Nazionale di Statistica attestano che nel 2013 si è trattato di 2,4 milioni di lavoratori. Alla fine dello stesso anno sono stati 3 milioni 113mila i disoccupati complessivi nel Paese, con un aumento di circa 639mila unità nel corso dell’ultimo biennio. Tra i lavoratori stranieri il tasso di disoccupazione è salito nel 2013 al 17,3% e il numero di disoccupati a 493mila.
La crisi ha influito anche sull’invio delle rimesse che, pur rimanendo essenziali per le famiglie e i Paesi di origine degli immigrati, sono ulteriormente diminuite nel 2013 a 5,5 miliardi di euro, circa un quinto in meno rispetto all’anno precedente e molto di meno rispetto al picco raggiunto nel 2011 (7,4 miliardi di euro).
Non sono mancati i casi di discriminazione segnalati dall’UNAR, che nel 2013 sono stati 1.142, dei quali 784 (pari al 68,7%) determinati da fattori di carattere etnico-razziale. L’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, attraverso il Dossier Statistico Immigrazione (che nel 2014 ha commissionato per il secondo anno) propone una lettura realistica del fenomeno basata sulle statistiche e libera dalle ideologie, in funzione di una gestione lungimirante in grado di valorizzarne il più possibile l’apporto nella società.
Al fondo della questione della convivenza vi è il concetto di pari opportunità che, per un malinteso concetto di buon senso diffuso (politici, amministratori e cittadini), porta sempre a collocare gli italiani prima degli immigrati, al di là degli aspetti di merito.
Il Dossier 2014 mostra come spesso, in tal modo, sia stato travisato il concetto di integrazione. A raddrizzarlo è intervenuta la normativa comunitaria (come per l’apertura dei posti di pubblico impiego agli stranieri lungosoggiornanti, da equiparare agli italiani), o la giurisprudenza italiana ed europea (per la concessione agli stranieri delle prestazioni socio-previdenziali). Il ruolo dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, che nel 2013 ha registrato 1.142 casi di discriminazione (nel 68,7% dei casi su base etnica), non deve essere ritenuto accessorio e trascurabile, bensì un termometro della qualità della convivenza.
Al futuro ci si prepara innanzitutto con un cambiamento di mentalità, predisponendosi a una convivenza alla pari. Gli immigrati non sono la soluzione di tutti i nostri mali, ma non ne sono neppure la causa, e possono esserci d’aiuto sul piano demografico, occupazionale, commerciale e culturale: senza di loro le cose andrebbero molto peggio. Basti pensare alle circa 500mila imprese da loro create e portate avanti anche in questa fase di crisi.