Le beatitudini al femminile, o anche a coppie

Antonino Drago

Per spiegarmi meglio, subito riporto le beatitudini di Matteo (5, 1-10), lette nel senso del titolo:

 

Beate quelle, che in virtù dello Spirito, stanno lontane dalla ricchezza,

perché di esse è la ricchezza dei rapporti comunitari;

Beati quelli che rifuggono dalle violenze,

perché con essi continuerà la Vita;

Beate quelle che di fronte alle prepotenze piangono,

perché verranno consolate;

Beati quelli che non tollerano le ingiustizie,

perché saranno immersi nella Giustizia.

Beate quelle che si piegano alla misericordia verso gli ultimi,

perché per prime riceveranno misericordia;

Beati quelli che migliorano la vita sociale senza interessi ed ambizioni,

perché vedranno Dio;

Beate quelle che fanno superare i conflitti,

perché saranno chiamate figlie di Dio in Terra;

         Beati quelli che lottano contro le ingiustizie fino al sacrificio personale,

         perché con essi si rappresentano in Terra i rapporti trinitari di Dio.

 

Ho semplicemente messo al femminile i pronomi “quelli” a quelle Beatitudini che vediamo più spesso realizzate nelle donne. In questo modo: 1) il femminile viene riconosciuto anche nel massimo insegnamento del Vangelo; 2) nelle otto Beatitudini sono presenti sia il femminile che il maschile; 3) i due generi si alternano tra loro in piena parità; 4) e, così come è nella vita umana, formano coppie ben assortite (come il lettore può constatare rileggendo le Beatitudini due a due). Questo è un insegnamento su come affrontare e risolvere il primo di tutti i conflitti umani, quello nel rapporto uomo/donna. Con ciò le Beatitudini di Matteo danno la prova che i loro suggerimenti su come affrontare gli altri conflitti (compresi quelli con la struttura della società), rappresentano il metodo più sapiente.

Debbo precisare alcuni punti del testo su suggerito. La sequenza di coloro che ricevono le Beatitudini forma una progressione: si passa da chi è in uno stato di povertà, a chi si impegna nella vita interiore (rifuggire, reagire col pianto, non tollerare) e, dalla quinta in poi, a chi si impegna prima nei rapporti interpersonali (avere misericordia per altri) e infine nei rapporti sociali (fare la pace, combattere per la giustizia). Ma allora la sesta Beatitudine non deve essere intesa come intimistica (“puri di cuore”), ma come un impegno sociale; deve indicare quelli che “operano per la società”. Solo così la sequenza delle Beatitudini indica un preciso cammino di crescita pedagogica, sul quale ciascuno/a può misurarsi.

Le altre varianti sono facili chiarificazioni del testo originale.

È invece necessaria più attenzione per vedere che tutto il linguaggio delle Beatitudini di Matteo è proprio al femminile. Iniziamo chiedendoci: come si può crescere alla vita superterrena? Per rispondere, guardiamo la Beatitudine Gesù: di fronte al mondo, che è negativo perché è la negazione del regno di Dio, egli lo ha negato (come spiega bene San Paolo (1Cor 1, 18-31; 4, 10-13; di ricambio, il mondo nega Lui, cioè dice che è una follia il Suo accettare la croce). Le Beatitudini suggeriscono, sull’esempio di quanto Gesù ha fatto, le tante maniere di vivere in alternativa al mondo. In termini pedagogici, invitano coloro che sono di fronte alle malattie del mondo a negarle per mezzo della loro vita (o almeno, di alcuni loro atti vitali); cioè, a negare le negazioni di Dio in Terra.

Abbiamo ottenuto uno schema linguistico (la doppia negazione) che fa capire concettualmente come si può uscire dal materiale fino a trascendere nel mondo spirituale. Da quasi un secolo la logica matematica ha chiarito che se una frase doppiamente negata è equivalente alla corrispondente frase affermativa (ad es. “Non sono malato” = “sto bene”) allora siamo nella solita logica classica; ma se non è equivalente (perché la affermativa risulta astratta, o diversa dalla prima; ad es. “rifuggono dalle violenze = imbelli, incapaci, ecc.), allora siamo nella logica non classica; cioè siamo in una maniera interamente diversa di ragionare. Si capisce bene questa differenza di logiche notando che ogni istituzione maschilista sopprime le doppie negazioni, tutto è sì o no (nella caserma: gli ordini sono senza dubbi; nell’esercito o si è amici o nemici; nella scienza dominante tutto è o vero o falso; i linguisti dell’impero coloniale più esteso della Terra e più duraturo nella storia, l’inglese, addirittura esorcizzano le doppie negazioni come tipiche delle lingue primitive). Così abbiamo ottenuto che ci sono essenzialmente due maniere di ragionare. Allora, siccome il mondo maschile pretende la sicurezza dei sì e no contrapposti, fino all’autoritarismo, possiamo dire che esso è legato alla logica classica; mentre le doppie negazioni, che sono aperte alle novità, in particolare al trascendente, sono appropriate al mondo femminile.

Ma allora le beatitudini di Matteo, che sono tutte a doppie negazioni (sottolineate nel testo), esprimono la logica del femminile. La esprimono anche perché sono organizzate inclusivamente: fanno posto paritario a quelle rivolte all’altro genere. Invece in Luca (6, 20-26) le prime quattro sono miste, ma poi i quattro “Guai!” sono di tipo solo negativo, cioè esprimono la logica maschile di tanti no autoritari ed esclusivi.

Allora gli atti indicati dalle doppie negazioni delle Beatitudini ci fanno fuoriuscire dalla logica del mondo. Ma dove porta questa logica delle Beatitudini? A diventare “Beati/e”. Ma per opera di chi, se noi neghiamo solamente? La prima di Matteo lo dice: “per l’azione dello Spirito Santo” nel mondo; in effetti ogni altra dovrebbe ripetere queste parole, ma tante ripetizioni sarebbero noiose. Allora la parola che inizia ogni Beatitudine (“Beati/e”) dice come lo Spirito Santo ci trasforma quando, come Gesù, abbiamo vissuto le negazioni del mondo. Ma quando saremo beati? Siccome “Lo Spirito soffia là dove [e quando] vuole”, dal punto di vista umano ogni Beatitudine non ha una regola nel tempo; perciò chiede di avere fiducia in Lui.

Ma c’è di più. Cristo ci ha insegnato: “Ama il prossimo tuo come te stesso” tanto da amare anche i nemici. È chiaro che esso sintetizza tutto il cammino di crescita suggerita dalle (neg)azioni delle Beatitudini. Ma si noti che nel mondo antico maschilista “amare” significava comportarsi al contrario dei maschi autoritari (e magari militareschi); perciò l’invito di Gesù di amare il prossimo e i nemici, significava comportarsi anche nell’ambito sociale così come le donne si comportavano nella vita privata. Quindi, la sintesi delle Beatitudini, “amare”, esprime il femminile. 

Però quell’insegnamento è espresso come un comandamento, il che è tipico della logica maschile. Ma si noti che Gesù aggiunge che l’amore nella vita pubblica non è tanto seguire un impulso o un semplice sentimento, ma è un amare equilibrato: “come” se stessi (Mt 22, 39); il che significa né più né meno di se stessi. Questa è una doppia negazione1 (e difatti la prima regola di questo amare è “Non resistete al male [col male]”; Mt 5, 39). Ma allora anche la sintesi delle Beatitudini suggerita da Gesù, amare i nemici, deve potersi esprimere con la logica femminile, con una doppia negazione. Scopriamolo.

Si noti che molti uomini considerano la violenza come naturale e necessaria; mentre le donne, che fisicamente sono più deboli degli uomini e quindi sono soggette a subire la loro violenza, giustamente giudicano la violenza negativamente, come la degenerazione della relazione umana. Ricordiamo che tutte le Beatitudini si riferiscono ai tanti aspetti negativi del mondo; il modo di giudicare delle donne li sintetizza tutti con il male più immediato e destabilizzante che esse possono temere: la violenza. Perciò la logica femminile porta a sintetizzare le Beatitudini con la doppia negazione: Beati/e i/le non violenti/e.

Di fatto, questa espressione è veramente capace di sintetizzare tutte le Beatitudini; perché: 1) riassume quella dei “miti” e quella delle “pacifiche”, perché il significato di queste due parole è chiaramente collegato a quello di “non violenza”; 2) del Cristianesimo Gandhi amava sopratutto le Beatitudini, alle quali si è ispirato nella sua lotta non violenta.

Ma vale anche il viceversa, Nel 1957 Lanza del Vasto, il discepolo occidentale di Gandhi, scriveva che le Beatitudini danno al Vangelo il carattere di Magna carta della non violenza occidentale (I quattro Flagelli, SEI, Torino, 1996, 551-552). Cinquanta anni dopo, nell’Angelus del 18/2/2007 Benedetto XVI ha detto:

Giustamente questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr. Lc 6, 29) – ma nel rispondere al male con il bene (cfr. Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia. Si comprende allora che la nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della "rivoluzione cristiana", una rivoluzione non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico. La rivoluzione dell’amore, un amore che non poggia in definitiva sulle risorse umane, ma è dono di Dio che si ottiene confidando unicamente e senza riserve sulla sua bontà misericordiosa. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei "piccoli", che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita.

In effetti, così come Gesù ha introdotto l’impulso femminile a amare nella soluzione de(i conflitti del)la vita sociale, così Gandhi ha introdotto il criterio femminile di giudizio, cioè la “non violenza”, nella soluzione dei conflitti sociali. Quindi nella storia dell’umanità, tutti e due hanno aperto la strada alle donne per entrare a pieno titolo nella (soluzione dei conflitti della) vita sociale e nella vita spirituale.

Antonino Drago

 

  1. Ancora secondo la logica matematica, il “come”, essendo una parola modale, è equivalente a una doppia negazione (“non è vero che non sia…”); così lo è un’analogia o una parabola. Quindi il linguaggio delle doppie negazioni (della logica non classica) non è da gruppo minoritario ghettizzato, ma è molto frequente in tutti. Esso è creativo perché suggerisce tante maniere di modalizzare, analogizzare, creare corrispondenze; proprio così come è il linguaggio di Gesù nel Vangelo ed anche quello femminile.

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