Lettera di mons. Romero a Jimmy Carter
Poco più di un mese prima di essere assassinato, quando tramite la stampa nazionale apprese che gli Stati Uniti stavano studiando la possibilità di inviare aiuti economici e militari alla Giunta del Governo del Salvador, Romero scrisse una lettera al presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, nella quale gli esprimeva la sua preoccupazione per il fatto che il Governo Usa stava voleva favorire la corsa agli armamenti del Salvador, mediante l’invio di attrezzature militari e di personale.
Se questa informazione fosse stata confermata, scriveva Romero, la mossa degli Stati Uniti, “invece di favorire una maggior giustizia e pace in Salvador, avrebbe accresciuto senza dubbio l’ingiustizia e la repressione contro il popolo organizzato che stava lottando perché i suoi diritti umani fondamentali potessero essere rispettati.
L’arcivescovo di San Salvador accusava la Giunta di Governo, le Forze Armate e i Corpi di Sicurezza di El Salvador del fatto che “hanno fatto solo ricorso alla violenza repressiva producendo un numero di morti e di feriti maggiore di quello causato dai regimi militari appena passati”. Per questo, chiedeva a Jimmy Carter di proibire i suddetti aiuti militari promessi al Governo salvadoregno e chiedeva anche che il suo “Governo non intervenisse direttamente o indirettamente con pressioni militari, economiche, diplomatiche , ecc. nel determinare il destino del popolo salvadoregno”.
Citando la Conferenza Episcopale Latinoamericana di Puebla, Romero considerava deplorevole e ingiusta l’intromissione di potenze straniere nelle scelte politiche ed economiche del Paese e reclamava il diritto alla legittima autodeterminazione. Dato il suo elevato livello di consapevolezza e di organizzazione, credeva che il popolo era l’unico capace di superare la crisi che il suo Paese attraversava e di assumere la gestione responsabile del futuro del Salvador.
Numerose furono le dimostrazioni di solidarietà alla lettera, giunte da diverse parti del popolo e della Chiesa, tra cui molti religiosi e sacerdoti che lavoravano in ambito pastorale in tutto il Salvador e vari vescovi latinoamericani che espressero a Romero il suo appoggio per questo gesto di protesta, così come la propria solidarietà per la distruzione di una parte dell’Arcidiocesi avvenuta poco prima.
La lettera fu definita “devastatrice” da un membro del Governo degli Sati Uniti la cui appellativo Romero rispose dicendo che “non voglio devastare nulla, se non semplicemente, in nome del popolo, chiedere ciò che grazie a Dio sembra aver averto gli occhi anche agli Stati Uniti”. Jimmy Carter gli rispose con una lunga lettera nella quale giustificava il suo appoggio alla Giunta perché “offriva le migliori prospettive” e affermava che “la maggior parte dell’aiuto economico sarebbe andato in soccorso di chi ha più bisogno”.
Nonostante ciò, nell’“aiuto militare, gli Stati Uniti riconoscevano l’esistenza di situazioni sfortunate che in occasionalmente sono incorse le Forze Armate in passato”. E, rivolgendosi a Romero, Carter afferma: “Ci preoccupa tanto quanto a lei che questo aiuto non sia usato in forma repressiva e che si tratta di mantenere l’ordine con il minimo uso della forza letale”. La lettera di Carter si riferiva alla necessità di un clima meno belligerante e meno conflittuale e assicurava che gli Stati Uniti non avrebbero interferito negli affari interni di El Salvador. Menzionava anche la minaccia della guerra civile come alternativa alle riforme del Governo. Romero co
Romero rese pubblico il contenuto della lettera di Carter nell’omelia del 16 marzo 1980 e in questa sede espresse anche le sue valutazioni. Gli sembrava un giudizio politico discutibile dire che la Giunta di Governo del Salvador offriva prospettive migliori. Sull’ingerenza degli Stati Uniti negli affari salvadoregni, il commento dell’arcivescovo non poteva essere più esplicito: “Speriamo che i fatti parlino meglio delle parole”. Sull’alternativa della guerra civile di fronte alle riforme della Giunta alla quale faceva riferimento il presidente degli Stati Uniti come una minaccia, Romero credeva che il suo intento era creare una psicosi, che nessuno doveva temere per una guerra civile oramai prossima e che ci sarebbe stato opportuno trovare altre alternative razionali.
Sull’aiuto militare chiedeva una severa vigilanza “perché non si trasformi in repressione del nostro popolo. E questo è evidente perché la posizione delle Forze Armate si sta facendo sempre più pre-oligarchica e brutalmente repressiva”. La lettera di mons. Romero a Jimmy Carter dimostra cha la denuncia profetica dell’arcivescovo di San Salvador non era diretta solo al potere politico, economico, militare e paramilitare del suo paese, ma puntava anche al cuore stesso dell’Impero nordamericano nella persona del suo Presidente.
Note
L'autore:Direttore della Cattedra di Teologia e Scienze delle Religioni “Ignatio Ellacuria” dell’Università Carlos III di Madrid e direttore dell’opera comunitaria “San Romero de América, Mártir de la Justicia” (Tirant Lo Blanch, València, 2015)