A 25 anni dalla legge 185 del 1990
Il 9 luglio ricorrono 25 anni dall’entrata in vigore della Legge 185 del 1990 che ha introdotto nel nostro Paese “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”. Una legge partita dalla mobilitazione “Contro i mercanti di morte” e fortemente richiesta da ampi settori della società civile che, già a partire dagli anni Ottanta, denunciarono i numerosi traffici di armi del nostro Paese. La normativa lo scopo di regolamentare questa controversa materia con “rigore e trasparenza”.
Questa legge si caratterizza per tre aspetti:
1) innanzitutto, richiede che le decisioni sulle esportazioni di armamenti siano conformi alla politica estera e di difesa dello Stato «secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» elencando una precisa serie di divieti (art.1);
2) in secondo luogo, ha introdotto un sistema di controlli da parte del Governo, prevedendo specifiche procedure di rilascio delle autorizzazioni prima della vendita e modalità di controllo sulla destinazione finale degli armamenti;
3) infine, richiede al governo di inviare una dettagliata informazione al Parlamento attraverso una Relazione annuale predisposta dal Presidente del Consiglio dei Ministri che comprenda le relazioni (allegati) dei vari ministeri a cui sono affidate diverse competenze in materia di esportazioni di armamenti. (art. 5).
Pur essendo stata ripetutamente modificata, anche per recepire le nuove direttive europee sui trasferimenti intracomunitari di sistemi militari, la legge 185/1990 ha conservato nel corso di questi 25 anni i suoi caratteri essenziali. Il primo consiste nell’affidare all’esecutivo nel suo insieme, e ai vari ministeri che hanno competenze in materia (Esteri, Difesa, Dogane, Finanze e Tesoro, Industria e Sviluppo ecc.), specifici compiti in modo da favorire la collaborazione tra le amministrazioni ma anche per ridurre il rischio di illeciti e di pratiche collusive e corruttive. Il secondo, attraverso l’invio alle Camere di una dettagliata Relazione annuale, sta nel permettere al Parlamento di svolgere il proprio ruolo di verifica e di controllo dell’attività dell’esecutivo. E, di conseguenza, di favorire il controllo attivo anche da parte delle associazioni della società civile.
Negli ultimi anni, però, un’ampia parte delle esportazioni di sistemi militari dall’Italia è stata diretta verso i Paesi in zone di conflitto, a regimi autoritari, a nazioni altamente indebitate che spendono rilevanti risorse in armamenti e alle forze armate di governi noti per le gravi e reiterate violazioni dei diritti umani. Nel contempo dalle Relazioni del governo sono state sottratte informazioni fondamentali ed è venuta meno l’attività di controllo del Parlamento: dopo anni di pressioni da parte della Rete italiana per il Disarmo, solo scorso febbraio le competenti commissioni della Camera sono tornate a esaminare la Relazione governativa in una sola seduta che è durata… meno di un’ora!
Per questo la Rete italiana per il disarmo in occasione dell’anniversario della legge ha inviato al governo Renzi e al Parlamento una lettera per chiedere un confronto su questa materia e il 9 luglio promuoverà a Roma un sit-in per invitare gli organi di stampa a tornare a occuparsi delle esportazioni di sistemi militari e di armi italiane.
Info: www.disarmo.org