Nei processi di cambiamento

Dal primo al secondo incontro di Bergoglio con i movimenti popolari.
I contenuti dell’appuntamento di Santa Cruz, l’agenda del pianeta, l’impegno dei movimenti e dei popoli.
Tonio Dell’Olio

L’incontro dei movimenti popolari ha molteplici e profondi significati ma è essenzialmente un’occasione di incontro, di conoscenza. È l’opportunità di stringere alleanze e di scambiare buone pratiche. L’incontro mondiale dei movimenti popolari, promosso ufficialmente dal Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace ma fortemente voluto da papa Francesco, non è sicuramente un’assemblea celebrativa e tantomeno una kermesse di papaboys. Non ha alcun precedente nella storia millenaria della Chiesa cattolica. Sicuramente si possono incontrare molti esempi di assemblee di organizzazioni di operai cattolici o di associazioni laicali, ma mai si era arrivati nemmeno a immaginare la possibilità che il Vaticano potesse convocare movimenti realmente popolari al di là delle loro appartenenze ideologiche e culturali, dei loro percorsi di lotta e di rivendicazioni, di

Diciamolo senza timore: noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi... E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco.
Papa Francesco (incontro con i movimenti popolari, Santa Cruz, 9 luglio 2015)

impegno e di radicamento nei differenti territori e provenienti dai cinque continenti. Perché tra i circa 1.500 partecipanti dei 40 Paesi diversi c’erano credenti e non credenti, realtà che si riconoscono in un percorso di fede ma anche coloro che motivano la lotta a partire da altri percorsi di vita, culturali o ideologici. Tantomeno si poteva immaginare in passato che tutto questo avvenisse con la presenza, impegnativa e solenne, dello stesso Papa. Ha ragione la giornalista che nel corso della conferenza stampa sul volo di ritorno dalla visita in Sudamerica, chiede al Papa se non teme di fare un’opzione a favore dell’ideologia anarchica cui alcuni dei partecipanti al II incontro mondiale sembrano richiamarsi. Bergoglio risponde: “Sostenendo i movimenti popolari la Chiesa non fa un’opzione per l’anarchia. Io sono molto vicino a queste realtà perché è un fenomeno di tutto il mondo, lo troviamo anche in Oriente, nelle Filippine, in India, in Tailandia. Sono movimenti che si organizzano tra loro non solo per fare una protesta ma per andare avanti e poter vivere, e sono movimenti che hanno forza e non si sentono rappresentati dai sindacati perché dicono che i sindacati sono una corporazione e non lottano per i diritti dei poveri. La Chiesa non può essere indifferente, ha una dottrina sociale, e dialoga con questi movimenti. Voi avete visto l’entusiasmo: la Chiesa non è lontana, ci aiuta a lottare. Ma non è che la Chiesa fa un’opzione per la strada dell’anarchia. No, non sono anarchici, questi lavorano, fanno lavori con gli scarti. Io ho fatto questo: ho dato la dottrina sociale della Chiesa. (...) Se lei legge il discorso ai movimenti popolari vedrà che è un riassunto della dottrina sociale della Chiesa applicata a loro. E quando devo parlare al mondo dell’impresa, faccio lo stesso”. Così alla domanda se crede che la Chiesa sia disposta a seguirlo sul sostegno ai movimenti popolari che sono considerati ‘molto laici’, il Papa con chiarezza ha risposto: “Sono io che seguo la Chiesa. Semplicemente predico la dottrina sociale della Chiesa. Non è la mano tesa a un nemico, non è un fatto politico, è un fatto catechetico”. 

 Laudato si’

Questo è il cuore, ovvero il senso, della convocazione da parte della Chiesa ufficiale dei movimenti popolari. E se nel primo incontro romano dello scorso ottobre, il diritto all’abitazione (techo), la rivendicazione della terra (tierra) intesa come spazio vitale di sovranità alimentare per tutti gli abitanti del pianeta e la richiesta di un lavoro dignitoso (trabajo) avevano costituito il motivo centrale, essenziale e vitale delle aspirazioni dei popoli cui i movimenti davano voce, il secondo incontro di Santa Cruz in Bolivia dal 7 al 9 luglio scorsi, ha riproposto lo stesso perimetro di riflessione ed esperienza ma più che rafforzato dalle riflessioni tracciate dall’Enciclica Laudato si’ che è stato il testo più citato in tutti i lavori dell’incontro e condiviso da tutte le diverse espressioni dei partecipanti. Se ne sono sentiti rappresentati in pieno. Si può affermare con certezza che quell’Enciclica ha rappresentato lo scrigno prezioso e la sintesi più alta delle riflessioni e delle istanze dell’impegno dei movimenti popolari. A scorrere i titoli delle sessioni di lavoro dell’incontro di Santa Cruz si direbbe che c’è una sorta di parafrasi dell’indice del testo del Papa nonostante che al momento della preparazione dei lavori, non fosse ancora noto agli organizzatori. Il tema del primo giorno dei lavori è stato: La lotta per la Madre Terra e il contributo della Laudato si’, in cui tanto le esposizioni quanto il lavoro dei gruppi ha approfondito alcuni temi cruciali riguardanti il rispetto della Pachamama. Si è analizzato in questo modo la questione della sovranità alimentare rispetto alle aggressioni che essa subisce da parte degli agro-tossici e del transgenico, della crisi ambientale in atto, del concetto di territorio. 

I protagonisti 

Il valore aggiunto della discussione è rappresentato essenzialmente dal fatto che a parlarne erano quelli di Via Campesina e del Movimento Sim Terra, così come gli indiani custodi dei semi di piante in via di estinzione e delle donne palestinesi come Mariam Mousa della Union of Agriculture Work Committe (UAWC). E così di seguito quando si è discusso di lavoratori (dall’esclusione all’organizzazione popolare) o di diritto all’abitazione e di organizzazione delle città, i riferimenti all’Enciclica di Francesco sono stati sempre numerosi ed espliciti. Per questa ragione si può affermare che il Papa non è stato presente soltanto nella sessione di conclusione dell’incontro ma che vi abbia partecipato per intero in tutti i momenti. Che abbia ispirato e accompagnato la riflessione prima ancora che condividerne – come egli stesso ammette – lo spirito e gli orientamenti. Del resto basta dare anche uno sguardo fugace alla “Carta di Santa Cruz”, la dichiarazione finale dell’Incontro, per rendersi conto di come e di quanto abbia inciso la presenza e la parola di papa Bergoglio. “Le organizzazioni sociali riunite nel Secondo Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari, a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, nei giorni 7-8-9 luglio 2015, concordano con papa Francesco sul fatto che le problematiche sociali e ambientali emergono come due facce della medesima moneta”, questo il suo esordio. E – quasi un’eco delle considerazioni iniziali del discorso pronunciato dal Papa in quell’assise – la Carta lancia la sfida del cambiamento come necessità improcrastinabile per la salvezza del pianeta e dei suoi abitanti: “Riaffermiamo il nostro impegno nei processi di trasformazione e liberazione come risultato dell’azione dei popoli organizzati che, a partire dalle loro memorie collettive prendono la storia nelle loro mani e decidono di trasformarla per dar vita alle speranze e alle utopie che ci chiamano a rivoluzionare le strutture più profonde di oppressione, dominazione, colonizzazione e sfruttamento”. È il primo dei dieci punti contenuti nella Carta stessa che sembra un distillato essenziale per proseguire quella lotta che già nel primo incontro il Papa non aveva avuto dubbi a benedire.  

La nuova sfida 

Il passo in avanti rispetto al primo incontro romano è rappresentato non soltanto dalla maggiore ampiezza e profondità di visione che non si ferma soltanto alle tre T (tierra, trabajo y techo) ma tocca anche le questioni planetarie della costruzione della pace e di una cultura dell’incontro, della lotta alle varie forme di discriminazione, alla promozione della libertà di espressione, all’uso della scienza e della tecnologia al servizio di uno sviluppo autentico ed efficace dei popoli, alla visione della solidarietà come progetto di vita alternativo ai miti del consumismo e dello spreco. La sfida va oltre. La Carta viene consegnata nelle mani del Papa perché costituisca il programma di cambiamento che egli potrà proporre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite dove parlerà nei prossimi giorni nel corso della sua visita a Cuba e Usa. Un Papa che si fa portavoce delle istanze dei poveri. Un Papa che ascolta e rappresenta il dolore e le speranze di chi – dal Nord al Sud del mondo – lotta per un mondo più giusto e più fraterno.

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