RICORRENZE

Elogio ai piedi

Camminare per la pace: le escursioni storico-pacifiste sulle montagne della Grande Guerra.
Maurizio Mazzetto

“Camminando s’apre cammino”, possiamo dire anche noi. 

Per ricordare l’America Latina di papa Francesco e il suo straordinario incontro con i Movimenti Popolari in Bolivia e per ricordare il testimone della pace e della giustizia Arturo Paoli. 

Ma anche per imparare, sui sentieri della Prima Guerra Mondiale, le lezioni della storia, che gli uomini troppe volte non sanno ascoltare.

Così il Punto Pace di Pax Christi Vicenza, dal 2011 organizza e conduce delle “Escursioni storico-pacifiste” sulle Prealpi vicentine, teatro di battaglie tanto cruente quanto insensate. Inutili stragi, potremmo ben dire, echeggiando la famosa, ma non ascoltata, voce del Papa di allora, Benedetto XV. 

Ci siamo messi in cammino andando, anzitutto, nei luoghi “classici” di questa zona del Veneto montagnoso e martoriato dalla Grande Guerra: il Monte Pasubio, dove abbiamo percorso “La strada delle 52 Gallerie”, e poi il Monte Ortigara, chiamato “il Calvario degli alpini”, e, infine, il Monte Grappa, che sovrasta e divide le Valli del Piave e del Brenta e dove il fascismo ha eretto un Ossario glorificatore di quegli “eroi” che furono i generosi ma ingannati soldati provenienti da tutta Italia. In genere, poveri contadini.

A queste prime tre Escursioni, abbiamo poi aggiunto, in questi anni, diverse camminate – sempre accompagnate da uno storico, talora da uno scrittore, come Claudio Rigon o Paolo Malaguti, e con momenti di riflessione proposti dallo scrivente – di diversa tipologia e difficoltà. Ad esempio, siamo saliti sul Monte Castelgomberto e Monte Fior, in Altopiano dei Sette Comuni-Asiago, laddove la Brigata Sassari, con a capo Emilio Lussu, visse i suoi giorni di tenacia e di sofferenza, ma anche la scoperta – testimoniata dal noto e imprescindibile “Un anno sull’altipiano” – dell’inganno subito da generali per lo più inetti e sanguinari. Uno fra tutti, emblema della follia della Prima Guerra Mondiale, matrice di tutte le altre successive, fu il “generalissimo” e cattolico Cadorna, che al mattino faceva la santa Comunione e poi mandava i carabinieri a fucilare alle spalle i soldati che si ribellavano agli assalti insensati e suicidari. 

La consegna della pace

“Degli ingannati, dunque, anche i nostri morti? (…). Veniamo a prendere un comando: la consegna. La consegna per un soldato è sacra: se dai morti, ancora più sacra. La leggete – meglio la sentite – dalle parole scritte sul tumulo: ‘Pace a tutti nel segno della croce’. Siete creati i custodi della pace”. Così si esprimeva il grande don Primo Mazzolari, in occasione del 4 novembre 1932.

Con la “consegna della pace” – l’invito è pure di camminare con la bandiera della pace appesa allo zaino – siamo saliti sul Monte Verena, da dove si dice che partì il primo colpo dell’Italia entrata in guerra, con un voltafaccia degno del miglior furfante, il 24 maggio 1915, contro gli austroungarici.  

Un “elogio dei piedi”, per dirla con Erri De Luca, può essere definita questa iniziativa, che è partita ben prima del noto anniversario, ma che ora acquista, fino al 2018, un significato del tutto particolare, tenendo contro che si differenzia da tutte le molteplici proposte che – in genere, promosse dagli Alpini, dai Comuni o da altre realtà – seguono una linea retorica e nazional-patriottica, ossia proprio quella strada che condusse, disgraziatamente, il nostro Paese a entrare, solo cento anni fa, in guerra. Dunque, piedi di pace, come quelli cantati dal profeta, e non piedi di guerra.

Magari potessimo dire con Guccini “Poi tutto tacque, vinse ragione/ si placò il cielo, si posò il mare/ solo qualcuno in resurrezione/ piano, in silenzio, tornò a pensare” (nella canzone Nostra Signora dell’Ipocrisia). Dopo la Prima Gguerra mondiale, non solo il mondo (la gioventù!) non fu più come prima, ma si preparò immediatamente un’altra devastante guerra, poiché ogni guerra non conduce mai alla pace. 

Per questo, camminiamo: per “tornare a pensare”: unendo il cammino al ragionamento, il corpo ai pensieri e al cuore, il quale sui sentieri delle montagne è più portato all’incontro, al saluto e all’aiuto piuttosto che allo scontro e alla morte reciproca. 

Cimiteri 

Spesso, nei nostri percorsi – partecipati da persone di differenti età e provenienze geografiche e culturali – incontriamo dei cimiteri di guerra. Ma difficilmente coloro che li vedono oggi si fermano a piangere su di essi. Talora, o spesso, il turismo montano (ed esiste anche un “turismo di guerra”, come ha segnalato lo stesso Paolo Rumiz nel suo ultimo libro, Come cavalli che dormono in piedi) impedisce tale atteggiamento di silenzio e di pianto. Forse ciò capita perché siamo più morti di coloro che lì furono sepolti. Ebbe a scrivere Gunther Anders “Nei cimiteri in cui riposeremo nessuno verrà a piangerci, perché i morti non possono piangere altri morti”.

Ogni indicazione sulle escursioni eseguite e su quelle in programma (insieme alle Tracce di riflessione usate), si può trovare nel sito www.inutilestrage.it, nella sezione “Attività”. Il sito stesso costituisce un deposito ricco di materiale, di diverso genere (brani storici e letterari, analisi psicologiche, politiche ed ecclesiali, lettere e testimonianze, canzoni e poesie, fotografie, racconti e riflessioni odierne) utile a operatori, insegnanti, studenti, accompagnatori, cittadini e credenti che desiderano informarsi meglio di ciò che è avvenuto allora, affinché possiamo contrastare meglio ciò che avviene oggi, tutti i giorni, sotto i nostri occhi.

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