Pellegrinaggio di giustizia
Noi Pellegrini di giustizia lasciamo la Terra Santa dopo aver percorso le strade che portano dalla Galilea lungo la valle del Giordano fino alle colline a sud di Hebron, la palestinese Al-Khalil.
Portiamo con noi la forza della creatività della non violenza trasmessa nelle parole di tutte le persone incontrate, in luoghi che non sono pietre morte ma fonti vive di sofferenza e di speranza. Ci facciamo testimoni della dignità di un popolo che resiste per esistere, che affronta l'ingiustizia quotidiana senza perdere l'umanità e un profondo spirito di accoglienza. Un popolo che nell'umiliazione quotidiana dei check-point, nell'esclusione, nella violazione continua dei diritti umani, nell'esposizione a una violenza ingiustificata e improvvisa e nella negazione totale della libertà e della sua stessa identità trova ancora il coraggio di chiederci di aiutare chi lo opprime a riconoscere la verità di un sistema in cui tutti alla fine risultano oppressi. Non ci dimenticheremo dei kalashnikov imbracciati da giovanissimi soldati israeliani, dell'imponente e surreale presenza delle colonie illegali nei Territori occupati, delle persone ancora ammassate nei campi profughi, delle terre palestinesi stremate per la privazione dell'acqua, degli sguardi impotenti dei lavoratori costretti a passare ogni giorno all'alba il check-point di Betlemme.
Torniamo cambiati. Torniamo con nel cuore il desiderio e la volontà di divenire Bocche Scucite per dare voce a un dramma troppo spesso mistificato. Ci impegniamo a testimoniare la speranza di una pace fondata sulla giustizia che come un ulivo nasce dalla terra solo con un processo lungo e tortuoso. Una pace che non può che essere un dono da chiedere con umiltà, ma che al tempo stesso abbiamo tutti il dovere di costruire ogni giorno dalle radici.
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As “Pilgrims of Justice”, we now leave from the Holy Land after traveling through the roads leading from Galilee to the Jordan Valley, the Palestinian Al-Khalil (Hebron) and the hills south of Hebron.
We carry with us the power of creative non-violence diffused by the words of all the people we met, in places that are not dead stones but living sources of suffering and hope. There we witnessed the dignity of a people resisting to exist, who faces the daily injustice without losing humanity and a profound spirit of hospitality. Despite the daily humiliation of checkpoints, the exclusion, the continuing violation of human rights, the exposure to a sudden and unjustified violence and the total denial of freedom and its very identity, this people still dare to ask us help those who oppress him to recognize the truth of a system in which all eventually are oppressed. We will not forget the Kalashnikov held by young Israeli soldiers, the imposing and surreal presence of illegal settlements in the Occupied Territories, people still huddled in refugee camps, the Palestinian lands exhausted by deprivation of water, the powerless looks of workers forced to pass every day at dawn the checkpoint in Bethlehem.
We go back changed. We return with desire and will in our hearts to become “Unsewn Mouths” to give voice to a tragedy too often mystified. We are committed to witness the hope of a peace based on justice, which, as an olive tree, comes up from the earth only after a long and tortuous process. A peace that can only be a gift requested with humility, but at the same time, a peace that we all have a duty to build each day from its roots.