A Longare, tra storia, memoria e impegno

Maurizio Mazzetto

Oggi, dopo aver celebrato l’Eucaristia con la gente, vado a Longare, appena fuori Vicenza, davanti alla base militare americana “Pluto”, a protestare contro gli armamenti atomici. Un gruppo di amici, lo fa, ogni domenica mattina, da oltre 25 anni.

Parto in bicicletta dal mio paese, collocato a nord-est della città, e, dopo averla raggiunta, infilo la ciclabile che scende nella Riviera Berica, fino a Longare.

Essa ricalca la linea delle rotaie della dismessa “Littorina”, la quale scende, verso sud, fino a Noventa Vicentina. La prendevo anch’io, ai tempi del Seminario, per andare a casa il sabato e domenica. Ma solo ora cerco di capire il perché di questo termine: “Littorina”. Forse ha a che fare con il littorio? Sì, da una piccola ricerca scopro che nel 1933, e, dunque, in piena epoca fascista, le automotrici (questo il termine esatto), furono chiamate Littorine (una delle caratteristiche dei populismi e dei fascismi è sempre stato quello di cambiare i nomi dei luoghi e delle cose). Ah, bel colpo per un’antifascista come me.

Comunque la mattinata – pur essendo molto calda e pur sospettando di questo collegamento tra il mio povero e caro mezzo di trasporto liceale e il fascismo – mi si presenta gradevole, poiché andando in bicicletta si sente sempre un po’ d’aria, anche se si suda ugualmente.

Poco prima di giungere davanti alla base militare, mi soffermo a osservare un capitello che ricordo, appunto, da quei tempi, quando lo vedevo dalla Littorina. Finora non l’ho mai potuto vedere da vicino, e da fermo. E scopro qualcosa di interessante, … proprio a proposito di fascismo e a proposito di guerra.

Leggo la lapide, sotto la statua della Madonna, cui è dedicato: “Io sono l’Immacolata Concezione. Lourdes 25.3.1858”. E poi, più sotto: “Spegni i superbi ardori dell’odio e i falsi amori. Ai corpi dà vigore e vera pace al core. Longare 2.5.1943”.

Ecco, dunque, l’anno di erezione e la motivazione della sua costruzione. Ha anch’esso a che vedere con il fascismo, che ha portato il nostro Paese nella Seconda guerra mondiale, la quale... si è conclusa, drammaticamente, con il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, proprio quel fatto che vogliamo ricordare con le manifestazioni di questi giorni (6-9 agosto). Tutto si lega e si richiama. Perciò il mio andare lì assume  maggior forza e significato.

A propositi di santi e madonne, non dimentico che oggi (7 agosto, NdR) – e l’ho ricordato stamattina durante L’Eucarestia – si fa memoria, nella Chiesa universale, di san Gaetano Thiene (1480-1547). A Vicenza, poi, lo ricordiamo con particolare attenzione, essendo egli, oltre che vicentino, con san Vincenzo e con la Madonna di Monte Berico, Patrono della città e della diocesi.

Gaetano Thiene – come riporta il Proprio della Liturgia delle Ore della Diocesi di Vicenza – quando scelse di seguire Cristo inviò una lettera ai fratelli Ferdinando e Girolamo scrivendo loro, all’inizio: “Cristo sia sempre la vostra pace, Lui che dobbiamo bramare che estenda in noi, ogni giorno di più, il suo regno, che non è di questo mondo, com’Egli afferma a Pilato dicendo: ‘Il mio regno non è di questo mondo’ (Gv 8,36). La sua bontà già da qualche anno mi stimola ad aver parte in detto regno suo e ogni giorno di più mi fa vedere che non possiamo servire a due padroni, al mondo cioè e a Cristo”.

Ecco: quando i cristiani vogliono servire “due padroni” son pronti non solo a fare la guerra, ma anche a giustificarla religiosamente. Di più: son capaci di arrivare alla blasfemia, come fecero - lo ricordo a tutti - gli americani, i quali, quando, il 16 luglio 1945, provarono la bomba atomica, nel deserto del New Mexico, la chiamarono “Trinity”, Trinità. La sua potenza era simile a quella, immensa, di Dio...

Alcuni libri riportano che il direttore del “Progetto Manhattan”, Robert Oppenheimer, aveva significativamente commentato questo test con le parole del Bhagavadgita, uno dei testi sacri dell’induismo: “Sono diventato Morte, distruttore di mondi”.

Insomma: un Dio della morte, non un Dio della vita. Due “padroni” opposti. Più chiaro di così...

Quando arrivo davanti alla base, trovo gli amici. Vi sono anche quelli dell’iniziativa “Pace in bici”, promossa dall’Associazione Beati i costruttori di pace, che da qualche anno organizza, dal 6 al 9 agosto, una “quattro giorni” in bicicletta per sensibilizzare sulle questione delle armi nucleari Comuni e cittadini, soprattutto del Veneto. Quest’anno, sono partiti da Mantova e arriveranno il 9 agosto, come ogni anno, ad Aviano dove sono ospitate ancora armi atomiche.

Poi, dopo cinque minuti di protesta silenziosa che, con tutti i presenti, facciamo lungo la strada e davanti alla base, faccio presente che eravamo stati lì, il 6 e 9 agosto del 2013, con i giovani del Campo Internazionale di Pax Christi, tenutosi a Vicenza, e con i vescovi Giovanni Giudici, di Pavia, e Luigi Bettazzi, di Ivrea, già Presidente nazionale e internazionale del Movimento.

Inoltre distribuisco a tutti quattro “chicche”: tre riguardanti la presenza di atomiche a Longare (un, testo – segnalo loro – di difficilissima reperibilità; un altro, di don Primo Mazzolari, del 1957, di tempestiva e ammirevole denuncia oltre che di piacevole lettura, essendo un racconto) e la quarta consistente in una omelia, pronunciata all’inizio degli anni Ottanta da padre Ernesto Balducci, il quale, commentando un testo dell’Apocalisse che si legge nella vicina festa dell’Assunzione di Maria (15 agosto), si riferiva alle armi nucleari come al nuovo “drago rosso” di cui parla il testo biblico.

Infine, utilizzo un articolo di Avvenire, di due giorni fa, in cui l’arcivescovo della città di Nagasaki, Joseph M. Takami, rende noto: “In questo tempo di commemorazione dei 70 anni dalla fine della guerra e dall’olocausto da Hiroshima e Nagasaki, il governo giapponese guidato da Shinzo Abe ha voluto introdurre la Legge sulla sicurezza nazionale e guarda all’obiettivo di modificare l’articolo 9 della Costituzione affinché il paese si doti di un vero esercito. Ci sono concreti tentativi di opporsi strenuamente a questa legge, non solo tra avvocati, scienziati e accademici, ma anche tra commercianti, donne, casalinghe e studenti universitari. Come pure tutti i vescovi del Giappone. Io stesso spero che la legge venga ritirata”. Quindi, in riferimento alla Settimana della Pace tra il 6 (atomica su Hiroshima) e il 15 agosto (resa del Giappone), afferama: “Lo faremo con un’attenzione forse maggiore quest’anno, in un tempo di revisionismo sui fatti bellici e di più accentuato nazionalismo”.

Concludendo, faccio notare agli amici presenti che il nazionalismo sta sempre alla radice non solo del riarmo delle nazioni ma anche delle guerre stesse (così, ad esempio, fu, in buona parte, per la Prima Guerra Mondiale, di cui in Italia ricordiamo quest’anno il Centenario), oltre che del razzismo e di ogni discriminazione, come avviene sotto i nostri occhi in questi giorni nei confronti dei profughi che sbarcano in Italia. Il nazionalismo, in effetti, è un cancro che si oppone tanto alla pace quanto alla giustizia. 

Ma il motivo che mi ha spinto a stendere queste note – a beneficio di tanti amici – mi è venuto da una lettura pomeridiana.

Prendo in mano il settimanale diocesano, “La Voce dei Berici”, e mi accorgo che il numero odierno, appena arrivato, è avvolto da un altro doppio foglio, che ha un altro titolo (“La verità. Settimanale cattolico della Diocesi di Vicenza”) e reca questa data di edizione: 19 agosto 1945!

Sono incuriosito di questa coincidenza: oltre a ricordare, in Italia, il Centenario della Prima Guerra Mondiale, e, nel mondo, il 70° anniversario del lancio delle bombe atomiche sul Giappone, nella nostra Chiesa locale si ricorda pure, e proprio in questi giorni, la nascita del settimanale diocesano.

Lo sfoglio, dunque, con l’intenzione di verificare se ne parla e come ne parla di ciò che è avvenuto a Hiroshima e Nagasaki.

La prima cosa che noto è che la notizia c’è, ma non appare in prima pagina (le pagine sono quattro). Ed ovviamente rimango colpito.

Da un articolo che vi riporto sotto, pur nell’incertezza delle informazioni, sembra che vi fosse la sostanziale consapevolezza della tragedia avvenuta (ossia la gran quantità di morti che le bombe potessero aver causato), ma non che questo fatto – dietro il quale si verificava una grande svolta, in negativo, nella storia dell’umanità – dovesse meritare una evidenza, e, dunque, anche un impegno, maggiori.

Se ne scrive in terza pagina, in una sezione intitolata “Specola sul mondo”, e con titoli in caratteri piccoli, come una notizia di politica internazionale tra le altre, quantunque il tono - come leggerete tra poco - sia stato di aperta condanna. A fianco delle notizie, vi è, poi, un articolo, non firmato, con un titolo un po’ più grande: “Atomi ed anima”.

Penso di fare un servizio a tutti se mi metto a trascrivere questi pezzi (così, tra l’altro, non andranno nel dimenticatoio generale), accompagnandoli, alla fine, con alcune brevi considerazioni.

 

“LA RESA DEL GIAPPONE

Le colonne russe sono penetrate profondamente nella Manciuria. Le bombe atomiche hanno distrutto Hiroshima base militare, e Nagasaki base navale. Migliaia di aerei bombardano il Giappone, la flotta alleata ne martella le coste.

Tutto questo ha spinto fatalmente il Giappone a chiedere la resa incondizionata. È ancora una prova della prepotenza della forza bruta impiegata a piegare le nazioni orgogliose e superbe”

Come interpretare l’ultima frase?

 

“LA BOMBA ATOMICA  

Parliamo di forza bruta.

Parliamo della bomba atomica, inventata pare da due ebrei cacciati dalla Germania, che ha un potenziale carico di esplosivo di 2000 superfortezze volanti. Il suo uso è stato deplorato dall’Arcivescovo di Canterbury: ‘Il fatto ha inorridito i popoli’. Il Pontefice, dice il ‘Cattolic Herald’ settimanale di Londra, aveva ragione quando protestò contro le bombe volanti e sostenne che non era sufficiente internazionalizzare e controllare i nuovi armamenti, ma bisognava ripudiarne l’uso e distruggere quelli esistenti.

Anche il Prof. Stanley Ildons ha inviato al Presidente Truman e al Primo Ministro Atlee due telegrammi di protesta.

Noi siamo nettamente contro questi ordigni e contro ogni ordigno di guerra. ‘Guerra alla guerra’ ha detto il Papa”.

Ottima chiusura. Peccato che la dichiarazione e l’impegno siano senza risalto, scritti in piccolo e confinati in un articolo che, allora, pochi avranno letto (molti di più avranno letto le notizie, in evidenza, riguardanti l’Azione Cattolica, ad esempio), ed oggi molti non conoscono.

E poi: “... contro ogni ordigno di guerra”?

Ma è proprio così che hanno pensato in questi settant’anni, fino ai giorni nostri, i cattolici vicentini? Se è così, come hanno permesso – per tornare a noi – che a Longare gli americani ospitassero ordigni di guerra... e magari anche nucleari? E che dalla Caserma Ederle, costruita nella nostra città, partissero soldati che hanno fatto e che fanno tutte le guerre che l’America ha deciso di fare in giro per il mondo? E che si costruisse un’ ulteriore base militare americana, al Dal Molin? 

“Guerra alla guerra”.

Credono, i cattolici, a ciò che dicono? E, poi, lo fanno? 

 

“ATOMI ED ANIMA

Le notizie dal fronte giapponese hanno rivelato l’impiego di un nuovo potentissimo ordigno di distruzione.

Fisici noti in tutto il mondo, da anni tesi nel duro sforzo di pervenire a progressi scientifici rivoluzionari, hanno raggiunto risultati probabilmente insperati.

Se ciò fosse avvenuto in un normale periodo dell’umanità, certamente la scoperta, nell’indirizzo delle applicazioni industriali, non avrebbe di certo destato l’interesse odierno.

L’URANIO 235, ha dato vita ad un micidiale strumento di morte, addirittura d’impensate ed inimmaginabili possibilità distruttive. Una sola bomba atomica – secondo le prime e imprecise informazioni – avrebbe causato la quasi totale distruzione di Hiroshima, una delle città più importanti del Giappone, il cui numero di abitanti si aggira sui 400 mila.

C’è da inorridire! Effettivamente la scienza ha dei meriti incalcolabili per il progresso, ma di quante catastrofi non è stata e non è ancora responsabile?

L’uomo, mentre in molte occasioni riesce a superare se stesso nell’abnegazione e sacrifico per il tormentato genere umano, troppo spesso viene coinvolto in responsabilità paurose, appunto in conseguenza della sua scienza.

Ma a consolazione e serenamente in tante aridità, la Santità, la poesia e l’eroismo, vertici sublimi delle capacità spirituali degli uomini, dicono della esistenza d’anime superiori, le cui virtù sono sempre tese in una silenziosa e difficile lotta di valorizzazione dello Spirito. Non è problema semplice il dover stabilire una graduatoria di valori sulle responsabilità di specifiche realizzazioni scientifiche, però risulta evidente la superiorità dell’anima sulla disintegrazione degli atomi.

La scienza dimentica troppo spesso lo scopo a cui dovrebbe venir utilizzata, e questo accade perché essa vive soltanto in se stessa, ignorando i valori umani dei quali la vita è formata e per  quali gli esseri devono vivere.

Esultiamo per tutti quei vantaggi che la scoperta potrà offrire al progresso industriale, ma non possiamo non avvilirci per la sua prima applicazione, come quando dalle piste di lancio dell’Europa occupata, vennero proiettate nello spazio le sibilanti e tragiche ‘V’.

Guai agli uomini che pretendono di vincere la vita con la morte, la vita si vince solo con l’AMORE. ***”.

Sì, è vero: solo la nonviolenza può vincere la violenza, e in questo consiste la superiorità dell’anima.

 

Vicenza, 7 agosto 2015 

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