Per un mondo senza armi nucleari
«Mentre è impossibile immaginare un mondo in cui le armi nucleari siano a disposizione di tutti, è ragionevole immaginare un mondo in cui nessuno le abbia e lavorare insieme per tale obiettivo». Questo il punto nodale dell’intervento dell’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, tenuto ieri alla cinquantanovesima conferenza generale dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea).
Lo sviluppo tecnologico pone oggi sfide fondamentali, che chiamano direttamente in gioco la responsabilità umana, la solidarietà e la cooperazione sociale. «Un mondo senza armi nucleari non è soltanto un ideale morale — ha spiegato Gallagher — ma deve essere perseguito attraverso concrete iniziative politiche, soprattutto da parte delle potenze nucleari».
Nel suo intervento l’arcivescovo ha voluto sottolineare in particolare il sostegno della Santa Sede all’azione dell’Aiea «che promuove la cooperazione internazionale nell’uso della tecnologia nucleare per scopi pacifici e per uno sviluppo umano integrale» e che «impedisce la proliferazione nucleare». A settant’anni dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki e dopo le numerose iniziative politiche che si sono succedute in questi decenni, «l’Aiea resta un’indispensabile agenzia per promuovere la sicurezza umana». Quest’agenzia — ha ricordato Gallagher — «favorisce l’apertura di interessanti possibilità per controllare il potere della scienza e della tecnologia al fine di indirizzarlo ai pressanti problemi della povertà, della salute e del degrado ambientale». Le applicazioni pacifiche delle tecnologie nucleari «consentono a molti Stati di avvicinarsi alla realizzazione dei loro obiettivi di sviluppo e sono in linea con il richiamo di Papa Francesco contenuto nella sua recente Enciclica Laudato si’ per una gestione responsabile delle nostre risorse umane e naturali». In effetti, le tecnologie nucleari «stanno migliorando l’agricoltura, il controllo dell’inquinamento, la gestione delle risorse idriche, la nutrizione e la sicurezza alimentare, e il controllo delle malattie infettive». A tal proposito — ha sottolineato Gallagher — «va fatta una speciale menzione dell’inestimabile contributo dell’Aiea nella lotta contro il cancro, uno dei grandi flagelli del genere umano, specialmente in alcuni dei Paesi più poveri del mondo. Questi e altri sforzi stanno migliorando la qualità della vita di milioni di persone». Di conseguenza «bisogna continuare a sostenere e rafforzare i contributi dell’Aiea allo sviluppo sostenibile».
Sul piano morale e sociale, l’uso nucleare pone ancora sfide enormi. «Troppo spesso la necessità, definita nei termini dell’utilità e di ristrette concezioni della sicurezza nazionale, è il criterio prevalente che governa la tecnologia invece della responsabilità, della solidarietà e della sicurezza cooperativa». Il principio della deterrenza nucleare (le strategie d’attacco e contrattacco messe in atto, soprattutto nel corso della guerra fredda, per scoraggiare ogni aggressione) «può difficilmente essere la base di una coesistenza pacifica tra i popoli e gli Stati nel ventunesimo secolo poiché essa non risponde e non è adatta alle sfide della sicurezza nel nostro tempo; inoltre essa rischia di essere usata in modo che potrebbe avere severe conseguenze umanitarie».
Sul piano strettamente politico, «la Santa Sede non si fa illusioni sulle sfide poste dall’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari» ha detto Gallagher. «Progressi sono stati compiuti attraverso gli accordi npt, ctbt, start e new start, iniziative unilaterali e altre misure. Ma questi passi sono limitati, insufficienti, e spesso bloccati nello spazio e nel tempo». Proprio a causa delle tensioni crescenti «le potenze nucleari devono rinnovare i controlli delle armi e i processi di disarmo». La cosa più importante è portare avanti le trattative e rompere gli stalli politici, dando inoltre particolare rilievo alla questione delle conseguenze umanitarie delle armi nucleari. «Le tre conferenze sull’impatto umanitario delle armi nucleari e l’impegno umanitario adottato da più di cento Paesi sono sviluppi positivi che meritano sostegno». Un altro punto essenziale — ha ricordato l’arcivescovo Gallagher — è «la costituzione di zone libere dalle armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa, specialmente in Medio oriente». A questo scopo «l’indispensabile ruolo dell’Aiea nella sicurezza nucleare e nello smaltimento delle scorie, nella verifica e nel monitoraggio diventerà sempre più importante mentre l’uso pacifico dell’energia nucleare si espande e il mondo si muove verso il disarmo nucleare». In tal quadro, «la Santa Sede accoglie positivamente la partecipazione dell’Aiea nella verifica e nel monitoraggio degli impegni dell’Iran sul nucleare secondo il Joint Comprehensive Plan of Action (jcpoa)». La Santa Sede «valuta positivamente questo accordo poiché considera che il modo per risolvere le dispute e le difficoltà debba sempre essere quello del dialogo e della negoziazione». L’accordo è infatti «il risultato di molti anni di negoziazione su una questione che ha causato grave preoccupazione nella comunità internazionale. È chiaro che l’accordo richiede ulteriori sforzi e impegno da tutte le parti coinvolte affinché porti frutti». Noi speriamo — ha aggiunto l’arcivescovo segretario per i rapporti con gli Stati — «che la piena realizzazione dell’jcpoa assicuri la natura pacifica del programma nucleare iraniano secondo l’npt e che esso sia il passo definitivo verso una maggiore stabilità e sicurezza nella regione». In una regione come il Medio oriente, già segnata da numerosi conflitti, «raggiungere un accordo su una questione delicata è un importante passo che promuoverà il dialogo e la cooperazione su altre questioni». E per questo «occorre dichiarare ancora una volta che il modo per risolvere i conflitti in Medio oriente, che dev’essere tradotto a livello globale e regionale, è quello del dialogo e della negoziazione e non quello del confronto. È vero, questo cammino chiede decisioni coraggiose per il bene di tutti, ma il solo che alla fine condurrà alla pace desiderata per la regione».
Tutti questi impegni — ha concluso Gallagher — implicano che «la logica della paura e dell’inganno devono essere sostituite con una nuova etica globale». Abbiamo bisogno di «un’etica globale della responsabilità, della solidarietà e della sicurezza cooperativa adeguata al compito di controllare il potere della tecnologia nucleare affinché quest’ultima sia usata soltanto per scopi pacifici e non sia più una spada di Damocle che pende sulla terra». Tutti gli Stati, infatti, hanno diritto alla sicurezza nazionale, «ma ridurre la sicurezza alla sua dimensione militare è artificiale e semplicistico». La sicurezza «richiede anche sviluppo socio-economico, partecipazione politica, rispetto dei diritti umani fondamentali e del ruolo della legge, cooperazione e solidarietà al livello regionale e internazionale» perché «come ha detto papa Francesco lo scorso dicembre: “La sicurezza del nostro futuro dipende dal garantire la pacifica sicurezza degli altri perché se la pace, la sicurezza e la stabilità non saranno stabilite globalmente, non ne potremo affatto godere”».