Il Muos: la sua storia e la gente che protesta

Nella Sicilia sud-orientale donne e uomini coraggiosi resistono da anni contro la loro condanna a morte.
Antonio Mazzeo

Il 27/09/2005 l’ambasciata americana a Roma chiedeva al ministero della Difesa l’autorizzazione per costruire a Niscemi, in Sicilia, una delle quattro installazioni mondiali del MUOS.

Dietro quest’acronimo si cela il Mobile User Objective System, ossia un complesso sistema che permette le comunicazioni segrete della Marina Militare USA.

Da qui partono gli ordini a intervenire nei diversi teatri di guerra statunitensi. Sempre da qui vengono guidati e controllati i missili Cruise e i controversi droni Global Hawk.

Dal 2009 gli abitanti della zona si sono organizzati in un collettivo che resiste contro questa macchina da guerra americana: il NO MUOS.

Da allora viene portata avanti una battaglia nonviolenta per chiedere lo smantellamento del MUOS e la chiusura della base militare.

Siamo andati a trovarli il 31 maggio, pochi giorni dopo che qualcuno ha distrutto il loro presidio nei pressi della base militare.

Per arrivare alla base, poco dopo aver lasciato Niscemi, imbocchiamo una bella stradina di campagna circondata da querce da sughero.

Improvvisamente il filo spinato prende il posto della sughereta. Siamo in compagnia di Giuliana, che fa parte dei NO MUOS fin dalle origini.

Siccome ci troveremmo in un’area protetta di grande bellezza naturalistica ci incamminiamo lungo un sentiero delimitato da reti. I cartelli, beffardi, ricordano che raccogliere un fiore è un reato... tuttavia gli statunitensi hanno potuto tranquillamente spianare una collina per installare  un Eco MUOStro.

Meno di un minuto dopo essere scesi dal pulmino, arriva una pattuglia della polizia di stato. Non ci chiedono niente ma ci seguono e ci riprendono con delle telecamere.

Continuiamo a camminare in direzione di un’altura da dove si può godere al meglio il panorama delle parabole.

Intanto Giuliana ci spiega che il MUOS è dislocato in quattro basi militari: tre in pieno deserto e lontane da ogni centro abitato (Hawaii, Virginia, Australia) e una nei dintorni della cittadina di Niscemi, nel ragusano.

In ognuna delle quattro basi, tre antenne paraboliche di 18 metri di diametro sono collegate a dei satelliti geostazionari e permettono le comunicazioni tra il Pentagono, i centri di comando delle forze armate e i centri operativi.   

L’autorizzazione al MUOS è stata la condanna a morte per gli oltre 30000 abitanti che vivono nell’area.

Intorno alla base il paesaggio lascia senza parole. Valli ricoperte da sugherete e ulivi testimoniano la bellezza di una natura un tempo rigogliosa.

La stazione per le telecomunicazioni di Niscemi nasce nel 1991 e occupa 1660000 metri quadri in un’area protetta. Siamo, infatti, in un parco regionale ma soprattutto in un SIC, un sito d’importanza comunitaria.

Ciò significa che non si può edificare in tutta l’area per nessuna ragione. Il che è (era) giustificato dal fatto che bisognava proteggere a tutti i costi le sugherete di Niscemi.

Qualche minuto dopo ci raggiunge anche una pattuglia americana dell’US Navy. Impassibili due giovanissimi marines ci “accompagnano” seguendo i nostri movimenti dall’altra parte del filo spinato.

Da un lato la polizia di stato italiana segue e filma un gruppo costituito da 15 ragazzi e tre anziani colpevoli di passeggiare in quella che dovrebbe essere un’area naturale protetta. Dall’altra parte due marines su un pick-up Ford bianco ricordano che in questo lembo di terra comandano loro.

D’altronde nell’accordo siglato a Roma tra l’ammiraglio N.G. Priston e il generale Mario Marioli in data 6/4/2006 si definisce senza ambiguità che l’uso e la proprietà della base sono esclusivamente statunitensi.

Mentre proseguiamo la nostra passeggiata abbondantemente scortati ascoltiamo le tante storie di questa resistenza.

Sono molte le donne che stanno lottando contro questa macchina da guerra nella loro terra. Anche le madri di Niscemi e dintorni sono attivissime ma ormai stremate dopo anni di lotte.

L’8 agosto 2013 Elvira si è arrampicata sulle antenne. Insieme a lei altre sei persone sono salite e hanno installato delle amache per resistere il più possibile. Questa loro protesta nonviolenta ha permesso di bloccare per un giorno le comunicazioni militari statunitensi. Per un giorno questa macchina da guerra non ha fatto morti in giro per il mondo. Secondo alcuni Elvira e gli altri meriterebbero una medaglia al valor civile. Secondo lo Stato si possono accontentare di una denuncia per “ingresso arbitrario in zona militare”.

Dopo una mezz’oretta arriviamo finalmente su una collina che domina i dintorni. Le tre antenne paraboliche si stagliano all’orizzonte. Qualche coniglio saltella ignaro della pericolosità delle antenne che lo circondano.

Il panorama è dominato dagli enormi tralicci delle 46 antenne che emettono onde UHF e VHF tra i 30 e i 3000 MHz. Alcuni dei ragazzi del gruppo cominciano ad avvertire nausea e mal di testa.

Il costo di tutto il progetto MUOS ammonterebbe ufficialmente a 3,26 miliardi di dollari. In realtà la GAO (Corte dei Conti USA) ha stimato in 6,8 miliardi la cifra che i cittadini americani dovranno sborsare per continuare a far la guerra in tutto il mondo attraverso delle comunicazioni ad alta definizione.

La direzione esecutiva del progetto MUOS è stata affidata alla Lockheed Martin, una controversa società faro nel panorama dell’industria bellica statunitense. Tra l’altro è la stessa che produce i caccia F35 che tanto fanno discutere. In Italia i lavori sono stati affidati nel 2008 alla vicentina Gemmo spa Arcugnano ma sono cominciati in data 1/6/2011.

Dalla prima domanda di autorizzazione per realizzare il MUOS del 27/09/2005, il 31/10/2006 lo Stato Maggiore della Difesa dà il via libera senza consultarsi col Parlamento. Prima di cominciare i lavori nell’area protetta, gli USA inoltrano una domanda d’autorizzazione a procedere alla Regione Sicilia in data 24/01/2007. La Soprintendenza e l’assessorato all’Ambiente danno il nulla osta. Il 9/9/2008 viene organizzata a Palermo una riunione tecnica che si esprime positivamente per la realizzazione del Muos. Un anno dopo, il 10/10/2009, il sindaco di Niscemi revoca l’autorizzazione ambientale. Il 2009 è l’anno della presa di coscienza e della ribellione da parte della popolazione locale. Sono numerosissimi i presidi e i collettivi che cominciano la loro battaglia. Da questo momento l’ambasciata americana comincia a fare pressione sul ministero della Difesa e sulla Regione siciliana affinché si rispettino gli impegni presi. La Regione Siciliana commissiona numerose perizie per accertare l’impatto ambientale ma nessuna risulta obiettiva. Il 28/06/2011 la Regione autorizza la realizzazione del MUOS. Da giugno 2011 cominciano ufficialmente i lavori. Il comune di Niscemi fa ricorso al TAR per annullare i lavori invano. Il 5/10/2012 la Procura di Caltagirone sequestra il cantiere del MUOS per reati ambientali. Ma il 28/10/2012 il Tribunale di Catania annulla il sequestro. Nei mesi che seguono sono numerosissime le iniziative aventi l’obiettivo di ostacolare il cantiere. Il 29/03/2013 l’Assessorato regionale all’ambiente revoca le autorizzazioni al MUOS. Tuttavia i lavori continuano. Inspiegabilmente il 24/7/2013 il governatore Crocetta torna sui suoi passi e annulla la sua revoca. Il 9/8/2013 i manifestanti invadono la base. Per i NO MUOS è una data storica. Per la prima volta 4000 persone disarmate invadono pacificamente una base militare USA. Giuliana ricorda ancora il tentativo della polizia di arginare l’invasione a suon di manganellate, per poi cedere alla spinta troppo forte dei siciliani desiderosi di rimpossessarsi della loro terra. Finalmente il 13 febbraio 2015 il TAR dichiara illegittimo il cantiere del MUOS e il 18 marzo l’Avvocatura dello Stato presenta ricorso. In data 1/4/2015 la procura di Caltagirone sequestra nuovamente il MUOS per violazione delle norme ambientali. Due settimane dopo l’Avvocatura di Stato impugna il sequestro. E adesso si aspetta che il  CGA si esprima a proposito del ricorso.

Le tre motivazioni principali che hanno portato alla decisione del TAR sono il grave danno ambientale e alla salute degli abitanti della zona, così come il possibile disturbo del traffico aereo civile. Infatti, a 19 km sorge l’aeroporto di Comiso, a 52 quello militare di Sigonella e a 72 l’internazionale di Fontanarossa. La simulazione dell’AGI (Analytical Graphics INC) “Sicily Radhaz” ha dimostrato che l’intensità delle onde elettromagnetiche sarebbe talmente forte da disturbare le apparecchiature degli aerei e potrebbe attivare la detonazione di armi.

La decisione del TAR si è avvalsa della relazione del prof. D’Amore dell’Università di Roma. Si tratta, infatti, della perizia più completa, oggettiva e indipendente che sia stata fatta.

Sono numerose le basi militari disseminate nel resto del territorio italiano. Tra queste almeno 15 sono fuori dalla giurisdizione italiana. Di conseguenza qualunque cosa accadesse al loro interno i responsabili non dovrebbero risponderne alla giustizia italiana.

Molte si trovano in Sicilia, isola strategica al centro del Mediterraneo dove gli interessi statunitensi sono stati sempre fortissimi a partire dallo sbarco degli Alleati nel 1943. La fragilità di uno Stato che non esisteva più e la controversa alleanza con la mafia permise agli statunitensi di ottenere grandi concessioni per la realizzazione di basi militari strategiche.

Un altro esempio emblematico è quello dell’area di Capo Teulada in Sardegna. La base occupa una superficie di oltre 72 kmq ed è continuamente la sede di esercitazioni a fuoco da parte degli eserciti di Usa e Israele. L’enorme quantità di ordigni inesplosi rendono la zona inquinata e non più bonificabile.

In questo momento l’Italia è disseminata di numerosissimi progetti e cantieri controversi. Troppo spesso la popolazione locale non ha abbastanza peso per contrastare opere etichettate come strategiche. Per questo ultimamente tutti questi movimenti come i NO MUOS, i NO TAV, i NO OMBRINA, i NO PONTE etc. hanno cominciato a mettersi in rete perchè è più che mai necessario unirsi per difendere la propria terra da speculazioni inutili e catastrofiche.

Il sole sta tramontando. È ora di andare. Al ritmo di “Yankees go home” salutiamo i marines che ci hanno tenuto compagnia. Aspettando che il CGA si esprima l’8 luglio lasciamo Niscemi con la speranza che presto questa terra faccia parlare di sé per essere la capitale del carciofo e di una bellissima sughereta.

 

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