La pace siamo noi

2 dicembre 2015 - Gianluca Di Giovine

Gli episodi disumani di venerdì 13 novembre 2015, avvenuti a Parigi, nel cuore della Francia laica e pluralista, hanno generato, nella maggioranza dei cittadini europei, sentimenti di odio e vendetta , anche se non sono mancate risposte di una straordinaria lucidità umana. Ricordiamo gli straordinari esempi della famiglia di Valentina Soresin e di Antoine Leiris, che invitano ciascuno di noi a non odiare. Nel mezzo dell’odio emergono testimonianze di pace, per comunicarci che molto dipende da noi, anche quando la vita sembra invasa dal dolore.

Siamo in guerra senza volerlo

Gli attentati terroristici di Parigi, ma anche di altre zone del mondo colpite dalla ferocia disumana del Daesh, ci invitano a riflettere che siamo in guerra pur senza volerlo, siamo dentro una carneficina che altri hanno generato.

Siamo nel mezzo di due logiche che si rincorrono e provocano vicendevolmente: la guerra e il terrorismo.

Come ben evidenzia Cecilia Strada, presidente di Emergency, “il terrorismo è l’essenza della guerra. Ci vanno di mezzo sempre gli innocenti”[1] come con le guerre.

Gli eserciti occidentali, anche con l’utilizzo dei più sofisticati sistemi d’intelligence, “quando hanno cercato di colpire i terroristi hanno sempre scaricato bombe su civili”[2], colpendo ospedali, scuole, villaggi. I terroristi, invece, colpiscono nei luoghi maggiormente frequentati delle città, colpiscono la quotidianità, la vita di ogni cittadino.

Sia le guerre che il terrorismo colpiscono e hanno in ostaggio le popolazioni.

Etienne Balibar, nella sua riflessione apparsa sul Manifesto, evidenzia come “in questa guerra nomade, indefinita, polimorfa, dissimetrica, le popolazioni delle due sponde del Mediterraneo diventano ostaggi. Le vittime degli attentati di Parigi, dopo Madrid, Londra, Mosca, Tunisi, Ankara etc. con i loro vicini, sono ostaggi”[3].

Siamo tutti ostaggi di una direzione economico-politica che attraverso i governi decide guerre e, di un’ideologica terroristica che si alimenta dalle e nelle guerre.

A seguito dell’attentato dell’11 settembre 2001, come ci ricorda Tommaso Di Francesco, “l’Afghanistan resta in guerra dopo  14 anni di intervento Usa” e come risultato di questa guerra “è nata una nuova generazione di jahadisti integralisti dalle ceneri di tre Stati (Iraq, Libia e Siria)”[4].

La stessa Francia, oltre che in Siria, dove dal 7 novembre 2015 ha schierato la portaerei a propulsione nucleare “Charles De Gaulle”, è impegnata, assieme alla NATO, in altre azioni di guerra; ricordiamo tra tutte quelle in Libano e nel continente africano (operazioni Burkhane e Licorne)[5].

Le guerre generano profitti (approvvigionamento di petrolio e altre materie prime), commerci di armi e, in questo paradosso di valenza economica, l’Europa, gli Usa sono protagonisti, assieme all’Arabia Saudita (finanziatore dell’Isis) “grande alleato strategico dell’Occidente in chiave anti-Iran”[6].

Tra le guerre e il terrorismo ci siamo noi, e proprio l’essere dentro, questo esser-ci quasi ‘destinale’, può rappresentare il punto di partenza di un cammino che rimetta “la pace, e non la vittoria, al centro della nostra agenda politica”[7] (Etienne Balibar).

La cittadinanza attiva, cosciente, dialogica, solidale; noi abitanti del mondo siamo l’unica grande possibilità di pace.

Ri-svegliare le coscienze

Siamo in guerra senza volerlo, per scelte fatte da altri, siamo nel mezzo tra guerre e terrorismi e in questa situazione non possiamo fare altro che esercitare la nostra ragione capace di dare voce alle nostre speranze: dobbiamo far parlare le nostre coscienze.

Ragione e Coscienza hanno a che fare con la conoscenza, pertanto dobbiamo conoscere, studiare, riflettere criticamente sulla realtà che abbiamo di fronte, progettare dialoghi, escludere fanatismi, non sentirsi detentori e possessori della verità, educare e educarci alla pace, alla ‘convivialità delle differenze’. Dobbiamo sconfiggere quella che Hanna Arendt chiama “La banalità del male”, ossia l’incapacità di riflettere sulle proprie azioni, di eseguire degli ordini senza scienza e coscienza, ristabilire quella prima forma di pensiero che è dentro ognuno di noi, ossia il dialogo con sé stessi, la nostra archi-etica del pensiero, la possibilità di dialogare con la nostra coscienza.

Conoscere e prendere coscienza su ciò che avviene nel mondo arabo può migliorarci.

Il mondo arabo è in conflitto, “siamo davanti a una sfida sanguinosa che risale agli anni Ottanta tra concezioni radicalmente diverse dell’Islam. Una sfida intrecciata agli interessi egemonici incarnati da varie potenze musulmane (Arabia Saudita, Turchia, Egitto, Iran, Paesi del Golfo ecc), nel quadro geopolitico della globalizzazione che ha rimesso la storia in movimento”[8] (Mario Giro).

In questo conflitto sanguinario, alimentato dalle nostre guerre e dai nostri interessi geopolitici, emerge l’ideologia di Daesh che vuole “creare uno Stato laddove gli Stati precedenti sono stati creati dagli stranieri quindi sono impuri”. Questa visione di potere vuole affermarsi all’interno dell’Umma musulmana, la grande casa comune dell’Islam, che oggi, come ci ricorda il sociologo del Centro d’analisi e d’intervento sociologico di Parigi e intellettuale iraniano Farhard Khosrokhavar, è globale e molti ragazzi turbati, incerti, esclusi dalla società trovano “un accogliente rimedio alle loro inquietudini”[9], debolezze, povertà e mancate integrazioni.

Siamo di fronte a una “guerra politica nella religione, che manipola i segni della religione”[10] e l’islamofobia conseguente non fa altro che alimentare la radicalizzazione islamica che a sua volta alimenta la stessa islamofobia. È un cortocircuito guerrafondaio quello presentato da Dominique Vidal studioso e giornalista a Le Monde Diplomatique[11].

Prediligere l’educazione.

Prediligere, deriva dal latino diligere, ossia amare. Dobbiamo ritornare ad amare l’educazione e la formazione di coloro che erediteranno le nostre storie.

Dopo ogni tempesta deve ritornare a risplendere l’arcobaleno dell’educazione, dobbiamo costruire ponti e soprattutto incoraggiare continuamente il dialogo con sé stessi, la riflessione critica su se stessi, su quello che realizziamo e progettiamo: una riflessione di coscienze.

Edgar Morin sostiene che “dopo il terrorismo può tornare la coscienza. Noi dobbiamo aiutare questa gente affinché prevalga la coscienza e questa è una missione anche dell’insegnamento, dell’educazione”[12].

Dobbiamo rivolgerci a coloro che possono essere in odore di terrorismo e a tutti i giovani, ristabilire contatti, dialoghi, riprovare a far dialogare le diversità nelle scuole e in tutti i luoghi sociali e quotidiani.

Il nostro compito, che stiamo nel mezzo, è quello di restare umani, sottolineare l’importanza dell’incontro tra le culture, riflettendo sull’origine di alcune discipline come l’aritmetica, la geometria, che nascono grazie al contributo del mondo arabo. Pensiamo allo straordinario fenomeno socio-culturale del VIII e IX secolo avvenuto nell’impero arabo sotto la dinastia abbaside, alla traduzione di gran parte del patrimonio filosofico greco, che farà dell’arabo la prima lingua grazie alla quale la filosofia torna ad esprimersi dopo il greco, dando vita alla prima internazionalizzazione della filosofia.

Ogni scelta nell’immediato di fermare la guerra e la violenza, dall’embargo economico alla denuncia del traffico di armi, va benissimo, ma le stesse scelte risultano vane se non sono parte di una visione molto più grande che ci vede impegnati sul terreno culturale e politico della convivialità.

Per sconfiggere le guerre e il terrorismo, noi che siamo nel mezzo, dobbiamo puntare sul sapere che si fa incontro, dialogo e cooperazione, perché la Pace siamo Noi.



[1] http://ilmanifesto.info/cecilia-strada-killing-one-terrorist-creates-two-more/

[2] Ibidem

[3] http://ilmanifesto.info/siamo-dentro-la-guerra/

[4] http://ilmanifesto.info/i-semi-dellodio/

[5] http://ilmanifesto.info/la-guerra-totale-della-francia-si-estende-in-africa-e-medio-oriente/

[6] http://ilmanifesto.info/i-semi-dellodio/

[7] http://ilmanifesto.info/siamo-dentro-la-guerra/

[8] http://www.limesonline.com/parigi-il-branco-di-lupi-lo-stato-islamico-e-quello-che-possiamo-fare/87990

[9] http://ilmanifesto.info/giovani-tra-banlieue-e-radicalismo/

[10] http://www.limesonline.com/parigi-il-branco-di-lupi-lo-stato-islamico-e-quello-che-possiamo-fare/87990

[11] http://ilmanifesto.info/i-figli-perduti-della-colonizzazione/

[12] http://www.corriere.it/esteri/15_novembre_15/attentati-parigi-morin-la-guerra-medio-oriente-arrivata-noi-66a3a664-8baa-11e5-85af-d0c6808d051e.shtml

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