LA PAROLA

L’odore della lotta

Il lavoro dignitoso e giustamente retribuito equivale a restituire all’essere umano la dignità dovuta. Commento alle parole di papa Francesco.
Sergio Paronetto

Signore, insegnaci a lottare. Questa è la preghiera: lavoro, lavoro, lavoro’. È una preghiera necessaria, vuol dire dignità, portare il pane a casa, amare. Per difendere questo sistema economico idolatrico che instaura la cultura dello scarto, si scartano i nonni e i giovani. Dobbiamo dire no a questa cultura dello scarto; dobbiamo dire “vogliamo un sistema giusto che ci faccia andare avanti tutti”. Il papa a Cagliari il 22 settembre 2013: “Dove non c’è lavoro non c’è dignità”, ha affermato, precisando che “non è un problema della Sardegna soltanto, o dell’Italia o di altri Paesi d’Europa. È la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia, un sistema economico che ha al centro un idolo che si chiama denaro”. 

Espressioni simili vengono ripetute in più occasioni, nei viaggi, negli incontri con istituzioni (Onu, Fao, Parlamento europeo e statunitense, Pontifici consigli, Inps), con associazioni (Acli, Uciid, Confcooperative), con i movimenti popolari (ottobre 2014 e luglio 2015), o in scritti come Evangelii gaudium (52-60, 192 202-208) e Laudato si’ (185-198). Gradualmente papa Francesco sta scrivendo un’enciclica sul lavoro a tappe. Il suo orientamento è quello di superare  “l’economia dell’esclusione e della iniquità” perché questo “sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice” e “questa economia uccide” (EG, 53, 59). Tra i molti interventi, coinvolgente è quello rivolto ai movimenti popolari il 28 ottobre 2014 cui si rivolge con grande simpatia, animato da un intenso sapore poetico (“Avete i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta!”), da un robusto sapere teologico (“l’amore per i poveri è al centro del Vangelo”) e da un deciso orientamento ecclesiale (“Terra, casa, lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa”). 

Lavoro è dignità

A proposito del lavoro, Francesco osserva che “non esiste peggiore povertà materiale di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro. La disoccupazione giovanile, l’informalità e la mancanza di diritti lavorativi non sono inevitabili, sono il risultato di una previa opzione sociale […]. Oggi al fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione si somma una nuova dimensione, una sfumatura grafica e dura dell’ingiustizia sociale; quelli che non si possono integrare, gli esclusi sono scarti, “eccedenze” […].  Oggi si scartano i bambini perché il tasso di natalità in molti Paesi della terra è diminuito o si scartano i bambini per mancanza di cibo o perché vengono uccisi prima di nascere. Si scartano gli anziani perché non servono, non producono […]. Stiamo assistendo a un terzo scarto molto doloroso: lo scarto dei giovani. Milioni di giovani sono scartati dal lavoro, disoccupati. Nei Paesi europei, e qui in Italia, i giovani disoccupati sono un po’ più del quaranta per cento; sapete cosa significa quaranta per cento di giovani, un’intera generazione, annullare un’intera generazione?! […]. Nonostante questa cultura dello scarto, molti di voi, lavoratori esclusi, eccedenze per questo sistema, avete inventato il vostro lavoro con tutto ciò che sembrava non poter essere più utilizzato ma voi con la vostra abilità artigianale, che vi ha dato Dio, con la vostra ricerca, con la vostra solidarietà, con il vostro lavoro comunitario, con la vostra economia popolare, ci siete riusciti e ci state riuscendo”.

I poveri e i lavoratori, quindi, “non solo subiscono ingiustizia ma lottano anche contro di essa”, “vogliono essere protagonisti”. Occorre denunciare “gli effetti distruttori dell’Impero del denaro”, le “cause strutturali della povertà”, la speculazione finanziaria, la vendita delle armi, il saccheggio della natura. Decisa è la critica alle “strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi”. Luminosa è la stella a cinque punte raccolta dal firmamento popolare: la terra (riforma agraria, sovranità alimentare), la casa (famiglia, integrazione urbana, vicinato), il lavoro (con l’inclusione dei più vulnerabili), la pace (avversa a “sistemi economici che per sopravvivere devono fare la guerra”), la cura del creato (fermare il saccheggio della natura, il cambiamento climatico, l’accaparramento di terre). Tale opera non costituisce solo un bisogno sociale ma, annota il Papa con slancio, “è poesia”. Fa bene a tutti, “come una benedizione di umanità”, accende “la forza della speranza”.

Alle Acli, il 23. 5. 2015, osserva che “l’estendersi della precarietà, del lavoro nero e del ricatto malavitoso fa sperimentare, soprattutto tra le giovani generazioni, che la mancanza del lavoro toglie dignità, impedisce la pienezza della vita umana e reclama una risposta sollecita e vigorosa” […]. Davanti a questa cultura dello scarto, dobbiamo far sì che, attraverso il lavoro – il “lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale” (Evangelii gaudium 192) – l’essere umano esprima e accresca la dignità della propria vita”. 

Corruzione e sfruttamento

Tra i problemi più evidenti c’è quello delle lavoratrici. Il 31 ottobre 2015 specifica che è del tutto aperta la sfida di “tutelare al tempo stesso sia il loro diritto a un lavoro pienamente riconosciuto sia la loro vocazione alla maternità e alla presenza in famiglia. Quante volte abbiamo sentito che una donna va dal capo e dice: ‘Devo dirle che sono incinta’ – ‘Dalla fine del mese non lavori più’. La donna dev’essere custodita, aiutata in questo doppio lavoro: il diritto di lavorare e il diritto della maternità”. C’è, spesso, un modo di lavorare che conduce alla morte. A Prato, il 9 novembre 2015 ricorda con dolore “i cinque uomini e le due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato. Vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone industriale in cui lavoravano: in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio in cartone e cartongesso, con letti sovrapposti per sfruttare l’altezza della struttura.È una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni inumane di vita. E questo non è lavoro degno! La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità”. Frasi simili vengono usate spesso contro il dramma mondiale della tratta delle persone e del lavoro schiavo.

La fede è rivoluzionaria

Un capitolo aperto è quello della responsabilità delle imprese per la difesa e la cura del creato. Ogni imprenditore deve porsi alcune domande per capire se agisce per un vero sviluppo sociale, umano: “Per quale scopo? In che modo? A quale costo? Chi paga le spese e come lo farà?” (Laudato si’ 185, 112) . E in tale ambito “qual è il posto della politica?” (196). 

La fede è rivoluzionaria, esclama il Papa non solo in Bolivia il 9 luglio 2015 ma anche ai credenti italiani riuniti a Firenze il 10.11.2015: “La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo [...].  Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro [...]. Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”. Una fede inquieta e creativa ci fa uscire dall’indifferenza e dalla rassegnazione per accompagnare cammini di liberazione e di dignità, di giustizia e pace. Quelli indicati dal messaggio francescano del 1 gennaio 2016. 

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