NO al clima di guerra e alla chiamata alle armi SI alla lotta per il bene e a una politica attiva di pace
Pax Christi Italia, presente in questi giorni a Parigi per la Cop21 con una nutrita delegazione giovanile armata dell’enciclica Laudato si’, propone questo appello all’inizio del Giubileo della misericordia che, come ha evidenziato papa Francesco in Africa, diventa per tutti un Giubileo del disarmo, della giustizia e della riconciliazione.
Pax Christi Italia si oppone alla generale chiamata alle armi promossa in tutta Europa da organi di stampa, governi e forze politiche che pensano di bloccare le guerre del terrorismo col terrorismo di guerre che, come si è visto (e come è stato riconosciuto anche dai loro promotori), hanno alimentato nuove violenze e nuove guerre.
Cosa è rimasto di tante iniziative belliche? Morti, rovine, sfollati, profughi, migrazioni forzate, tratta delle persone, milizie armate, terrorismo diffuso e “tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi”, ha esclamato il papa il 19 novembre.
“Nel contesto della comunicazione globale”, ha detto il papa a Sarajevo nel giugno scorso, “si percepisce un clima di guerra. C’è chi questo clima vuole crearlo e fomentarlo deliberatamente, in particolare coloro che cercano lo scontro tra diverse culture e civiltà, e anche coloro che speculano sulle guerre per vendere armi”. Per questo, giorni fa ha esclamato: “coloro che operano la guerra, che fanno le guerre, sono maledetti, sono delinquenti”, aggiungendo, poi: “le guerre sono un’industria, un affare di armi, un peccato, distruggono l’umanità… Si devono fermare” .
Quella che stiamo vivendo non è una guerra dell’Islam contro l’Occidente. Il terrore è da tempo pane quotidiano per milioni di persone in Medio Oriente e in varie parti del mondo, e colpisce soprattutto i musulmani. Il 90% delle vittime del terrorismo islamista si verifica in Iraq, Siria, Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Somalia, Tunisia, Mali, Libia, Libano, Egitto, nel centro e nel nord d’Africa dove l’Europa manda armi e dove l’Italia coi suoi traffici sta violando la legge 185/90, ormai depotenziata e svuotata di significato. Lo testimoniano i dati della Rete Italiana Disarmo e di altre istituzioni.
L’Italia vende e permette la vendita di armi, ad esempio, all’Arabia Saudita (che sta bombardando lo Yemen e che ospita finanziatori del sedicente stato islamico), al Qatar, alle monarchie del Golfo, al Kuwait, alla Siria, all’Iraq, alla Turchia, all’Algeria, all’Egitto, al Marocco, alla Libia…ed è alleata di regimi vicini ai terroristi.
Ora, ai bombardamenti di Usa, Russia e Francia (e al sostegno armato dell’Italia), si aggiungono quelli della Germania e dell’Inghilterra. Molti, troppi sono corresponsabili delle violenze di una guerra mondiale che sembra inarrestabile e che è diventata parte integrante dell’economia e della politica.
Una politica di pace con mezzi di pace non è passiva ma è lotta per il bene e per la civiltà del diritto, è gestione e superamento dei conflitti.
Si può vincere il male con il bene.
Occorre, anzitutto, eliminare ogni complicità con i terroristi.
Non si può nutrire il male che si dice di combattere.
E non si spegne il fuoco gettandovi benzina in continuazione.
1. Smettiamo di armare le guerre con gli “affari insensati” delle armi. Diamo inizio a un embargo planetario o a una moratoria internazionale che imponga il divieto assoluto di vendere armi.
2. Scardiniamo l’architettura finanziaria del califfato e dei suoi alleati. Blocchiamo il commercio clandestino di petrolio (che frutta all’Isis 1 milione e mezzo di dollari al giorno). Fermiamo le elargizioni di denaro e i flussi di armi e denaro.
3. Ridiamo all’Onu un ruolo centrale nel processo di pace in Siria e Iraq e affidiamo al Tribunale penale internazionale la valutazione e il giudizio dei crimini contro l’umanità.
4. Costruiamo una politica euro-mediterranea di vera cooperazione e di sicurezza comune.
5. Promuoviamo un’opera di educazione ai conflitti nelle scuole e nelle città preparando anche le condizioni per una Difesa civile nonviolenta.
6. Sviluppiamo il dialogo interreligioso senza diplomazie generiche ma con buone pratiche sociali e momenti di festa, curando una spiritualità dell’incontro che faccia emergere la sostanza disarmata e disarmante della propria fede.
Non lasciamo solo papa Francesco nella sua denuncia! All’inizio del “Giubileo della misericordia”, seguiamo il suo invito a “chiedere la grazia del pianto per questo mondo che non riconosce la strada della pace. Che vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla”.
Dopo il convegno ecclesiale di Firenze, le comunità cristiane possono vivere il Giubileo della misericordia come Giubileo della giustizia e della pace, come profezia di nuova umanita’.
Pax Christi Italia
Firenze, 2 dicembre 2015
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