VII Edizione di “I martedì della conoscenza”

Siamo dono nel mondo

20 gennaio 2016 - Missionari Comboniani (Bari)

I Missionari Comboniani di Bari lanciano la VII Edizione di “I martedì della conoscenza”. Un ciclo di 5 incontri sui temi delle migrazioni all’insegna del messaggio: “Siamo dono nel mondo”. I martedì della conoscenza si realizzano in  collaborazione con il Centro Interculturale Abusuan, la Caritas Bari-Bitonto, l’Ufficio Missionario Diocesano. Nel 2015 gli incontri hanno sviluppato il tema dell’alimentazione: “La tavola dei popoli”.

Abbiamo iniziato martedì 19 gennaio 2016 alle ore 19,00 col primo incontro: “Dalle guerre ai viaggi della speranza”. Hanno partecipato:

-                     Giulio Di Luzio, scrittore, “Premio Internazionale Marisa Giorgetti 2014” sulle migrazioni e i diritti umani; 

-                     Betty Camporeale, avvocatessa, Presidente Club Unesco di Molfetta.

I relatori hanno discusso sui conflitti come motori delle migrazioni e sulle rinnovate politiche di neocolonialismo e accaparramento delle terre da parte dell’Occidente ai danni dei Paesi poveri, nonchè sui nuovi squilibri Nord-Sud del pianeta. Betty Camporeale solleciterà  Giulio Di Luzio sul ruolo del giornalismo in rapporto alle guerre e sui processi mediatici di criminalizzazione dei migranti attraverso un’informazione asservita all’ideologia della paura, che manipola le coscienze e

 

Giulio Di Luzio è nato e vive in Puglia. Antimilitarista e obiettore di coscienza, dopo l’impegno politico giovanile in Autonomia Operaia, dagli anni Novanta trascorre un lungo periodo di precariato giornalistico, scrivendo su Bergamo-Oggi, il manifesto, La Repubblica, Liberazione, Il Corriere del Mezzogiorno. Ha già pubblicato le seguenti opere, che l’hanno portato a trasmissioni Rai quali Chi l’ha visto?, Rai News 24, Radio 3 Farheneit, Racconti di vita. Ha già pubblicato: I fantasmi dell’Enichem (2003), A un passo dal sogno (2006), Il disubbidiente (2008), Brutti sporchi e cattivi (2011), Clandestini (2013), Non si fitta agli extracomunitari (2014).

Benedetta  Angela, Camporeale  diploma di laurea in giurisprudenza; avvocato;  formatore UNESCO;  mediatore civile. In qualità di formatore UNESCO è responsabile del progetto di inserimento di un extracomunitario nel  percorso di alta   formazione interculturale   dal titolo “ Business  Arabic” presso  IFOC  di Bari. Realizza il progetto di   doposcuola   per  figli  di migranti  denominato: ”Diversamente uguali-senza pregiudizi imparo di piu’”  svolto presso l’Istituto  Tecnico Commerciale  di Molfetta. Partecipa infine al progetto: “ Molfetta  accogliente – ostello “ , organizzato dal Comune di Molfetta. 

 

 

 

APPENDICE

Intervista rilasciata da p. Ottavio a www.radioskylab.it il 09/01/2016

 

Un tema che troviamo ogni giorno sui giornali è quello delle migrazioni. Lo sentiamo nei titoli dei telegiornali o delle trasmissioni radio. Lo troviamo in internet, lo affrontiamo nelle conversazioni.

p. Ottavio: È vero e il pericolo è che ci si abitui e che si dia per scontata questa triste realtà. Oppure che diventiamo razzisti. Questa mattina una signora mi diceva: “Ho bisogno di un colloquio con lei. Sento che sto diventando razzista. Non lo voglio.

 

 

Oggi si dice che la maggior parte delle migrazioni sono dovute alle guerre. Ma che tipo di guerre?

Non ci sono tanti tipi di guerre. Le guerre oggi sono prima di tutto ricerca di dominio su un territorio per avere accesso alle risorse economiche di quello stesso territorio. Per suscitarle queste guerre si può far leva su molti fattori, da quello religioso a quello tribale,; da quello culturale a quello di riferimento a una certa potenza straniera invece che a un’altra.

 

Quindi le guerre oggi sarebbero di matrice economica?

Credo proprio di sì. Gli esempi possono essere molti e ognuno di noi può documentarlo. Chi non ricorda le guerre dei diamanti in Angola e Guinea Bissau? Chi non ricorda le guerre del coltan in Congo? Le guerre del petrolio nei paesi del medio oriente…?

 

Migrazioni a causa delle guerre o a causa della povertà.

In molti Paesi dell’Africa nelle lingue locali non esisteva neppure la parola povertà. Ogni persona aveva il suo posto e la sua sicurezza nel contesto sociale. La parola povertà, e la realtà della povertà, sono apparse quando noi popoli del nord del pianeta abbiamo cercato di imporre la nostra visione individualista e abbiamo sradicato le persone dal loro ambiente. Il sud del mondo è così ricco da arricchire il nord del mondo e così povero da uccidere di fare o da costringere i suoi abitanti a migrare.

 

Si spieghi meglio.

Solo il 18% dei migranti giungono al nord del mondo. L’82% delle migrazioni sono fra sud e sud. Masse infinite di persone che migrano a causa delle guerre. Nell’ultimo anno, affermano le Nazioni Unite , che oltre 60 milioni di persone hanno dovuto lasciare le loro case a causa delle guerre. E forse molti di più hanno dovuto lasciare le loro terre per cercare lavoro lì dove le grandi multinazionali decidono di impiantare la loro attività pronti a cambiare non appena altrove ci sono maggiori vantaggi.

 

Quale futuro?

Un futuro triste perché alle migrazioni dovute alle guerre frutto, lo ripeto, del dominio del territorio a fini economici, si stanno aggiungendo le guerre frutto dei cambi climatici. Papa Francesco afferma che il grido dei poveri e il grido della natura sono lo stesso grido. La prima conseguenza dei cambiamenti climatici la pagano i poveri che a causa di desertificazioni e dell’innalzamento dei livelli del mare sono costretti a lasciare l’ambiente in cui attualmente vivono.

 

Un futuro nero, quindi?

Dipende da noi. Noi possiamo dire: non ci sto, non ci stiamo. Ma dobbiamo dirlo con fatti, con scelte concrete. Dicendo un no alla guerra, un no alla vendita delle armi, un no a stili di vita per i quali la ricchezza di pochi è la povertà di molti. Ma anche un si. Un si a una vita sobria, una vita di condivisione, una vita di nuove relazioni tra persone e con la stessa natura. Leggero è bello. Siamo appesantiti, dobbiamo riconoscerlo, da troppe cose. E la nostra vita è diventata un problema prima che per i poveri, per noi stessi. Non sappiamo più sorridere, gioire, sperare. Non dimentichiamolo che danneggiano di più i chili in più che quelli in medo. Non dimentichiamolo che ciò che abbiamo in più ci appesantisce e toglie la vita a noi e all’umanità intera.

 

E allora?

Comincio io, proprio io. Con il mio nome e cognome. Comincio mettendoci la faccia. Domani 17 gennaio è la festa degli immigrati. Avvicinati almeno a uno di loro. Guardolo o guardala. Pensa che anche quella persona è stata 9 mesi nel ventre di una mamma come ci sei stato o ci sei stata tu. Tendi la mano e, se puoi, dai un abbraccio. E chiedigli perdono per averlo obbligato a lasciare la sua terra. E poi, poi comincia a scegliere nuovi stili di vita. Non potrai fare tutto ma qualcosa si. Apri la tua casa, dona il tuo tempo, condividi. Troverai il volto di un fratello e di una sorella. Non avere paura. Il pericolo non sono i poveri. Il pericolo sono i ricchi che pur di possedere, o meglio, pur di lasciarsi possedere dal denaro, dai beni, non ci pensano due volte a uccidere.

Nei miei ormai 49 anni di vita missionaria non sono mai stato tradito dai poveri. E se qualche volta hanno cercato di ingannarmi li ho guardati con benevolenza, li ho amati e le lontananze sono cadute e ci siamo abbracciati.

Posso dirti un’ultima cosa? Posso chiamarti sorella, posso chiamarti fratello? Non lo faccio con inutile sentimentalismo. Lo faccio perché ci vogliamo bene. E allora l’ultima cosa che ti dico è questa: Dio il mondo lo sogna bello, bello per tutti e per ciascuno. Sognalo anche tu così, impegnati anche tu perché sia così. Ed è bello il mondo quando è una casa dove la vita è vita per tutti.

Auguri, donna, uomo che ami la vita. p. Ottavio

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