Verso una cittadinanza europea e cosmopolita?

1.  Per un nuovo concetto di cittadinanza

Sembra ormai diventato imprescindibile avanzare nella direzione di un concetto di cittadinanza innovativo, slegato da quello esclusivo legato alla nazionalità,e costituito da elementi come l’esercizio dei propri interessi esistenziali e familiari prevalenti, l’appartenenza, la partecipazione e la responsabilità.

Si configura, dunque, un modello cosmopolita di cittadinanza mondiale sganciato dalle sole circostanze di nascita, familiari (Ius sanguinis) o territoriali (Ius soli). Oppure si può aprire a ipotesi di cittadinanze plurime, fondate tanto sulle tradizioni culturali di origine che sulla dimensione transnazionale dell’esistenza, incluso il percorso di formazione seguito e le proprie aspirazioni per il futuro (Ius culturae). Si dovrebbe cioè riconoscere e valorizzare l’impegno civile dimostrato, ma soprattutto la libera facoltà di ciascuno di esercitare i diritti e i doveri fondamentali della persona in qualunque luogo (Ius dignitatis humanae). È necessario approfondire ulteriormente il confronto e la ricerca sul tema, attorno al quale, con fatica, si sta comunque lavorando anche in Italia e in Europa.

 

2.  Di fronte a dinamiche globali

Nell’ambito delle iniziative di ricerca e di sensibilizzazione su un nuovo e più flessibile concetto di cittadinanza, tale problematica risulta particolarmente importante alla luce dei continui cambiamenti nelle   dinamiche   migratorie  globali   e   degli   inediti   bisogni  delle   persone   che   si   stanno inevitabilmente generando. Il tema andrebbe affrontato da un punto di vista ‘plurale’, declinato nelle diverse accezioni civiche, multiculturali e sovranazionali, in modo da individuare e legittimare un  paradigma  innovativo  di  cittadinanza  fondato  sulla  garanzia  dei  diritti  umani  per  ogni cittadino, nazionale, europeo o di Paese terzo, risiedente nell’Unione europea” (A. M. Donnarumma, Diritti di cittadinanze: la conquista delle democrazie contemporanee in un mondo globalizzato, multietnico e multiculturale,  PRODOCS, Roma2006).

Infatti,  “la  cittadinanza,  da  sempre  espressione  della  pienezza  dell’esercizio  dei  diritti umani, diventa oggi  la  cartina  di  tornasole  per  qualificare  e  misurare  il  progetto  di  società  che  si vuole costruire.  Non  può  rimanere  un  discrimine  che  produce  disuguaglianza  creando  una forte disparità  di  trattamento  tra  cittadini  che,  nello  stesso  territorio  di  residenza,  possono avere diverse appartenenze nazionali (…). In ogni società nazionale trasformata dalle migrazioni in senso plurietnico, urge un paradigma innovativo di cittadinanza fondato sulla garanzia dei diritti umani con carattere di appartenenza anche per coloro che non sono cittadini di quello Stato in senso formale.  Cioè,  serve  un  modello di  cittadinanza  articolato  su  molteplici  e  diversi  livelli  di appartenenza, rispettoso dei principi della democrazia e dello Stato di diritto, dei valori di dignità umana, libertà e solidarietà”.

In  questo  senso,  perfino  la  discussa  dicotomia  tra  Ius  sanguinis   e Ius  soli  appare  ormai abbondantemente superata. A maggior ragione lo  sono posizioni conservatrici e securitarie  di diversi Stati membri d’Europa che - a partire dalla crisi internazionale del 2007 - si sono ritirati dai propositi iniziali, opponendosi alle maggiori aperture emerse di volta in volta nell’Unione Europea e attuando politiche sempre più miopi e restrittive a difesa di una non meglio motivata “identità e sicurezza nazionale”. Le centinaia di chilometri di barriere fisiche recentemente costruite da alcuni paesi (Grecia, Inghilterra, Macedonia, Ungheria…) per sbarrare il passo ai nuovi flussi di migranti sono il simbolo più chiaro di tale dinamica.

 

3.  Diritto alla dignità

Per questo ora più che mai, è necessario che la società civile vada oltre, optando per uno “Ius dignitatis humanae”che accomuni ogni persona, al di là delle fortezze di cartapesta o dei limiti giuridici e territoriali. Si potrebbe, del resto, agevolmente trovare una via d’uscita percorribile e condivisa  da  tutti  proprio  partendo  dal  concetto  di  cittadinanza  europea,  ormai  diventatoci familiare. Oggi infatti viviamo già nel quotidiano un’idea di appartenenza che configura e sancisce il diritto a muoversi e a partecipare alla vita pubblica entro una comunità socio-economica e uno spazio   politico-territoriale  molto   più   fluido,  ampio   e   diversificato   di  quello   strettamente “nazionale”.

Elaborare e sviluppare ulteriormente questo modello, a partire dall’armonizzazione delle diverse legislazioni internazionali, europee ed extra-europee, potrebbe consentirci di tutelare meglio anche la dignità umana dei cittadini extracomunitari immigrati più o meno a lungo nel continente, e di garantire loro i diritti fondamentali tanto nella sfera privata che nel sociale, pur tenendo conto che, per chi emigra, “diritto alla mobilità” significa ben più che “libera circolazione”.

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