2a Commissione: Inviate al mondo; luogo di misericordia ricevuta e donata
Capitolo Generale
Suore Domenicane S. Tommaso d’Aquino
Mondovì Carassone Luglio 2015
2a Commissione: Inviate al mondo; luogo di misericordia ricevuta e donata
«Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri» (1 Re 21,3)
Siamo un gruppo di donne di differenti età ed esperienze di vita. Apparteniamo come religiose all’Ordine domenicano che da secoli ci ha lasciato un’unica eredità: la passione per l’umanità e il cosmo, insieme ad alcuni strumenti per prendercene cura, cioè la contemplazione, la parola condivisa, la sete della verità e il bisogno di mendicarla sempre e ovunque.
Tante volte abbiamo tradito queste intuizioni, ma nelle nostre più diverse esperienze la passione non è mai venuta meno così come non si è mai interrotto il legame con ogni realtà che ci ospita.
Abbiamo coscienza di essere un gruppo molto piccolo rispetto a tutte le donne del mondo e al resto dell’umanità, ma comunque siamo donne con l’esperienza di una ricerca quotidiana fatta di attenzione a ogni palpito della vita interiore, della storia e delle storie degli altri.
La nostra esperienza riguarda la relazione con il Mistero contemplato, ricercato e pensato tra di noi, negli altri e nell’ambiente. Tante volte abbiamo constatato che la speranza non è passiva attesa ma immaginazione, desiderio di ricercare sempre e insieme. L’esperienza di fede ci ha aiutato a intuire che più si ha sete e fame del divino, più si ha sete e fame di giustizia e pace: due possibilità che la storia ha e che nello scorrere del tempo e con lo sforzo dell’umanità riusciranno ad abbracciarsi. (Cfr. Sal 85,11).
Per questo professiamo pubblicamente che non vogliamo svendere la preziosa eredità che ci è stata data.
Non cederemo fratelli, sorelle e cosmo a nessun sistema politico, economico o religioso, che sia contro di essi, che sia escludente, che crei divisione, che sia rigidamente gerarchico.
Non cederemo i giovani al potere subdolo del denaro, all’ignoranza voluta da chi li preferisce inerti, disoccupati, a chi li compra con inganno e invece di istruzione mette loro in mano armi e droghe.
Non cederemo le donne all’arroganza degli uomini e al loro disprezzo in ogni ambito: familiare, sociale, culturale e religioso.
Non cederemo i popoli ai mercanti di armi e a chi li costringe a usarle in cambio di un falso sviluppo per una nuova colonizzazione che li rende profughi ed esiliati.
Non cederemo la terra e le sue risorse, insieme a tutta la sua bella biodiversità, alle multinazionali e a chi le gestisce sotto la veste di benefattori.
Non cederemo la bellezza delle diversità umane a chi le vuole uniformare o escludere, in nome di falsi principi morali.
Non cederemo “l’anima” di nessun essere vivente a chi la vuole soffocare o a chi se ne vuole appropriare.
Non cederemo la bellezza né il sogno né il desiderio infinito.
Molti popoli e molti individui conoscono che cosa significa soffrire e vivere in stato di esilio, sentirsi privati dei propri sogni oltre che dei propri beni.
Dice un testo della sapienza ebraico-cristiana: Presso i fiumi di Babilonia, là sedevamo e anche piangevamo, ricordandoci di Sion. Sui salici in quella terra, avevamo appeso le nostre cetre […] Come potevamo cantare un canto del Signore su suolo straniero? (Sl 137,1-4)
In qualche modo, oggi, tutti siamo un po’ esiliati, un po’ stranieri, in parte schiavi e in parte liberi. I nostri destini sono profondamente legati, al di là dell’essere credenti o non credenti, appartenenti a questo o quell’altro popolo, a questa o quell’altra religione. Siamo parte dello stesso cosmo ed esso a tutti appartiene; tutti siamo un po’ terra, piante, aria, acqua, mari, fiumi.
Dunque, se ai salici vogliamo appendere qualcosa, non permetteremo che si appendano gli strumenti della gioia; non permetteremo che si appendano gli strumenti di lavoro, i titoli di studio, i quaderni, i libri, le foto dei nostri familiari. Lasceremo invece appesi gli strumenti di morte: le divise da militari e guerrieri, gli stivali e gli scarponi sporchi di sangue e ogni strumento violento. Lasceremo lì vicino le testate nucleari e gli aerei da guerra, insieme agli scheletri degli edifici della finanza mondiale, trasformandoli in resti da museo a testimonianza della stupidità umana.
Ci rendiamo conto che il nostro piccolo gruppo non ha nessun particolare potere e nessuna soluzione per portare avanti da solo queste possibili trasformazioni. Ciò che possediamo infatti è solo l’autorità dell’immaginazione che ci è data dalla nostra fede e dalla passione per questa bella e allo stesso tempo fugace e complessa realtà umano-cosmica, che appartiene ai miti, cioè a quanti sulla terra prendono poco posto.
E noi sappiamo che sulla terra, ci sono ancora tanti miti. Con essi condividiamo questa professione di fedeltà alla vita e a Chi, prima di noi, l’ha immaginata.
Capitolo Generale 2015
Suore Domenicane S. Tommaso d’Aquino
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