Le difficoltà di essere giovani musulmani oggi in Italia

Rifat Aripen (Coordinatore delle associazioni islamiche nel Lazio, studente in ingegneria)

Se oggi volessimo capire meglio chi sono i giovani musulmani dobbiamo avere una panoramica della comunità islamica d’Italia. I musulmani che vivono in Italia sono circa due milioni, di cui una buona percentuale sono italiani autoctoni ritornati all’Islam, o persone di origine italiana. La restante parte provengono da varie parti del mondo e, precisamente, da piu di 30 Paesi con percentuali diverse. Le comunità più numerose sono quelle marocchine, cui seguono le comunità egiziane, bengalesi, palestinesi e di altri Paesi del Maghreb.

Le diverse comunità sono concentrate, per la maggior parte, al Nord e al Centro perché in origine erano (e tuttora lo sono) luoghi in cui è facile trovare l’accesso al lavoro – o, per lo meno, lo era per le prime famigle giunte in Italia – per la presenza delle industrie e del settore terziario. Ovviamente alle famigle, fanno seguito i giovani la cui concentrazione appunto si fa più viva nelle grandi città. I giovani della comunità islamica di oggi, in Italia, sono di seconda generazione e il contesto storico nel quale viviamo pone loro di fronte a molte sfide e difficoltà.

 

I problemi

Uno dei problemi a cui i giovani delle comunità islamiche spesso fanno fronte, è un forte pegiudizio da parte della società verso la religione islamica e verso la stessa comunità. Pregiudizio ulteriormente aggravato da due fattori: l’ignoranza delle persone sull’islam e la propaganda mediatica nei confronti di questa religione. Nonostante la civiltà islamica abbia una lunga storia di relazione con il mondo occidentale-cristiano – di cui si può ricordare, ad esempio, la presenza dei musulmani in Sicilia e in Spagna o il fluente commercio con Venezia – per tutto il periodo che va dal 1500 fino alla fine della seconda guerra mondiale non si è parlato molto del mondo islamico. Infatti, in quegli anni, l’Occidente era occupato in altre questoni, ovvero nell’affermare l’egemonia delle singole potenze sul vecchio continente e nell’estendersi sul resto del mondo. Non ci si poneva alcuna questione religiosa in relazione ai popoli da essi colonizzati. Nelle lotte per l’indipendenza della regione indiana, ad esempio, è noto che nelle fila schierate contro le truppe della Regina d’Inghilterra, c’erano sia musulmani che induisti, ed entrambi combattevano per un’unica causa cioè per la libertà da coloro che ritenevano inferiori e da civilizzare i popoli colonizzati mentre, nello stesso tempo, dimostravano la propria inciviltà nello scatenare due guerre mondiali che hanno massacrato i loro stessi popoli. Fino a quel momento, però, nessuno aveva messo in discussione la religione dei popoli, perchè considerati parte delle loro cultura. La religione non era stata ancora resa oggetto di strumentalizzazione, così com’è avvenuto sia nelle crociate che nelle guerre interconfessionali che ha causato tanti morti nello stesso Occidente. In realtà, anche dopo l’indipendenza e le successive formazioni di Stati nelle terre colonizzate, i governi locali erano sempre diretti e succubi dei loro vecchi padroni e il popolo e le stesse élite di intelletuali percepivano che non erano del tutto autonomi e liberi. Quindi, cominciarono a nascere movimenti rivoluzionari sotto le poltrone dei dittatori. La situazone del Medioriente si fa sempre più calda dopo l’occupazione della Palestina da parte dei sionisti, a cui segue una lunga e triste storia che ha pesato notevolmente sul popolo palestinese, che perdura tutt’oggi, sotto l’occhio inerme di tutto il mondo che assiste indifferente e impotente. A questo si aggiunga che, nel frattempo, è cresciuto l’interesse dell’Occidente per quelle terre che, dall’essere considerate culla dell’umanità, sono adesso considerate culla di risorse energetiche. Sempre in quegli anni, l’occhio vigile dell’Occidente si sposta verso quelle terre, sorrette da un fragile equilibro, poichè stabilito a tavolino da loro stessi. Nascono, in questo periodo, i movimenti che vogliono liberarsi da questa forma di neocolonialismo e dai dittatori, movimenti che lottano per il potere e cercano di consolidarsi trovando ispirazione nella religione, poiché in tal modo riescono a coinvolgere il popolo al loro interno.

Evidentemente l’11 settembre è la conseguanza e il risultato di queste lunge dinamiche: in questo avvenimento tragico, il popolo statunitense per la prima volta ha visto l’orrore consumarsi in casa. Da questo momento in poi le cose hanno preso un altro piede.

Dall’11 settembre abbiamo visto iniziare la guerra al terrore e da qui parte anche la storia del terrorismo islamico, certo anche manipolando l’informazione, perché si poteva chiamare  terrorismo “iracheno” o “terrorismo afgano” invece è stata coniato questo connubio lessicale che, nell’ignoranza collettiva e mediatica, racchiude tutti i musulmani indiscriminatamente ogni volta che accade qualcosa in giro per il mondo. Solo nei momenti tragici di attentati tutti si interessano a capire il mondo islamico e, spesso solo sugli schermi televisivi, provano a incontrare musulmani e a capire la loro religione, pur finendo per mettere questi ultimi vergognosamente sul banco degli imputati, ai quali vien spesso solo chiesto di dissociarsi dagli atti compiuti da movimenti terroristici e null’altro, sulla loro vita, sulla loro religione, sulla loro cultura. Dall’altro lato, i movimenti terroristici hanno tutti gli interessi meno che quelli religiosi e, molto spesso, godono di un proficuo appoggio di politici corrotti.

 

Solo violenza?

Eppure, se si prova ad approfondire un po’ la religione islamica, si vedrà che nei testi sacri all’islam non c’è spazio per la violenza. Il terrorismo islamico profana il nome di Dio compiendo atti attroci, e dimostrano di adorare solo il “dio potere” e il “dio denaro”, non certo il Dio di Abramo.

Quindi i giovani musulmani non fanno in tempo a creare spazi di dibattito e momenti di dialogo per aumentare una maggiore sensibilità e livello di conoscenza sul tema della loro religione, per contrastare l’ignoranza, che già devono fare i conti con la cattiva informazione, che raggiunge il suo apice, quando si sente parlare degli attentati in giro per il mondo. Oggi è più che mai importante, per la comunità islamica che vive in Italia, saper comunicare con la società circostante. Eppure, questa è una fase in cui la comunità trova difficoltà nel farlo, anche perché i leader religiosi sono spesso di prima generazione e, tra questi, pochi riescono a comunicare in un italiano corretto e ancora meno conoscono la cultura e le tradizioni italiane.  

In Italia, la comunità islamica per lo più è di seconda generazione. Esistono associazioni culturali e luoghi di culto, spazi in cui esercitare la proria fede, imparare e conoscere la propria la religione ma anche incontrarsi.

Spesso i giovani sono invitati dalle scuole per confrontarsi su varie questioni relative all’islam o l’attualità o alla dottrina islamica.

 

La formazione

Una delle questioni importanti per i govani che crescono nel nostro Paese è la formazione, non in senso d’istruzione scolastica quanto, piuttosto, religiosa, senza nulla togliere all’importanza della scuola. Oggi è di fondamentale importanza insegnare il rispetto della pluralità, della multiculturalità, così come è importante studiare la storia della civiltà islamica più antica e contemporanea.

Per questo motivo sarebbe meglio che imparassimo bene dai libri, prima di prendere lezione d dalla propaganda mediatica, che dipinge, nel nostro immaginario, un quadro distorto del mondo islamico. Il pregiudizio o un’errata interpretazione della realtà non aiuta a favorire una buona comprenzione del problema e quindi l’integrazione della comunità. Ricordo gioiosamente i lunghi dibattiti appassionati durante l’ora di storia sui temi attuali e religiosi con la mia professoressa al liceo e con i miei compagni, momenti che mi hanno insegato che è possibile vedere in modo critico le cose, metterle in discussione e infine raggiungere sinergicamente, nonostante le diverse opinioni, a un’idea condivisa abbattendo i muri dell’ignoranza e della diffidenza.

D’altra parte la formazione religiosa dei giovani avviene in primo luogo in famiglia, ma, per quanto i genitori abbiano la volontà di insegnare la religione ai propri figli, spesso non ne hanno il tempo o le capacità necessarie. Nelle comunità i luoghi di culto e le moschee svolgono un importante ruolo poiché per il musulmano le preghiere quotidiane sono fondamentali. La presenza dei centri islamici è fondamentale anche per arginare il pericoloso lavoro dei cosiddetti reclutatori che stumentalizzano la religione e fanno leva sull’ignoranza e alla fragilità della gente.

 

Due parole sull’islam

A differenza di quanto si sente in Tv, nell’islam c’è una grande tolleranza verso le altre fedi e la dimostrazione è negli stessi Paesi musulmani in cui c’è la presenza di altre comunità religiose che sono riuscite a convivere per lunghi secoli e in pace. Il Corano dice: “In verità coloro che sono i più prossimi a voi nell’amore sono coloro che dicono siamo nazareni (cristiani)”. Purtroppo, dei tanti incontri che il mondo cristiano ha avuto l’islam, oggi si ricordano solo le crociate, e quindi nell’immaginario colletivo si tende a identificare il mondo islamico come “quello dell’altra sponda”, se non con il nemico. Invece l’esperienza che ho fatto nella mia vita è quello di vedere una grande curiosità delle persone verso il mondo islamico, in particolare nell’associazione in cui sono attivo (Associazione culturale Islamica in Italia) come Responsabile Culturale, abbiamo numerose occasioni di dialogo e di confronto con le varie realtà del territorio con cui ci siamo trovati a realizzare insieme tanti progetti. Presso la nostra associazione c’è anche un luogo di culto, una scuola araba di quasi 400 studenti, vari sportelli che operano nel sociale, aiutando i bisognosi, trovando loro lavoro, casa, indicando le strutture sanitare ecc.

 

Un’altra idea sbagliata e molto diffusa è quella di considerare la comunità islamica omogenea, cosa che non è affatto vera, dato che la comunità è costituita da fedeli provenienti da tantissimi Paesi, quindi complessa e, allo stesso tempo, bella e ricca di culture e tradizioni diverse. Questa ricchezza la si nota durante le feste, dai diversi vestiti del proprio Paese d’origine, dai cibi e dolci di continenti diversi: insomma una meraviglia!

La diversità è bella quando è organizzata: anche su scala nazionale, in particolare proprio per dare una rappresentanza alla comunità Islamica del Lazio e per risolvere varie esigenze della comunità, da poco tempo è nato il CAIL (Coordinamento Associazioni Islamiche del Lazio), nella quale coordino un progetto rivolto ai giovani, la quale è finalizzato alla formazione dei giovani sia in ambito religioso che quello sociale.

 

I giovani

Oggi come giovani e fedeli sentiamo un forte bisogno di spiegare alla società che l’islam è una religione e i musulmani sono coloro che la praticano. Non si può giudicare la religione dal comportamento dei fedeli, perchè non sempre essi rispecchiano nei loro comportamenti i valori e i principi della religione che dicono di praticare.

Siamo consapevoli del fatto che l’islam, come il cristianesimo, con i suoi principi e i valori, ha una grandissima potenzialità di essere una risposta concreta ai problemi della società, di essere luce nelle tenebre. Per quanto riguarda le relazioni o l’interazione dei giovani con la società, non ci sono grandi problemi, come per le prime generazioni, per il semplice fatto che siamo ben integrati nella società, questo grazie alla comprenzione dei valori della società stessa.

Dai giovani ci si aspetta un grande impegno, perchè sono loro che hanno la capacità di portare la Comunità a fare un passo in avanti, ovvero di creare un vero islam italiano. Ciò è possibile anche grazie alla conoscenza dell’ambiente e della società in cui la comunità si trova a vivere. Un passo, questo, più che mai necessario.

Oggi i giovani della comunità musulmana in gran parte sono studenti, quindi ancora non sono entrati del tutto nel mondo del lavoro, ma ci sono già dottori, ingegneri, ricercatori, che vogliono dare un contributo serio a migliorare la situazione della società in cui vivono. Penso che sarebbe una grande sconfitta per un credente non riuscire a essere utile alla società in cui vive, per la duplice responsabilità: sia in qualità di credente che di cittadino.

Se qualcuno mi chiede come vorresti veder proiettata la tua vita in Italia da qui a 10 anni, rispondo semplicemente che vorrei vivere una vita felice, sia da un punto di vista spirituale che materiale, perchè è questo che insegna l’islam. Vorrei servire per il bene di questo Paese al meglio delle mie capacità, facendo tesoro di tutti quei insegnamenti e dei valori che mi ha insegnato il Profeta Muhammad (pace e benedizione su di lui). Sono orgoglioso di essere italiano, di vivere in Italia, un Paese dove c’è la libertà, e ricordo con gratitudine coloro che lo hanno reso tale. In un Paese dove la Costituzione garantisce la libertà di culto, vorrei impegnarmi affinchè non si è discriminati per la fede che uno professa e per abbattere i muri dell’ignoranza che non crea altro che diffidenza e paura gratuita. Vorrei impegnarmi affinchè ci sia una vera convivenza basata sul rispetto reciproco. Vorrei poter dire che l’Italia oltre ad esser conosciuta per avere alle spalle un glorioso passato ed essere famosa per i suoi bei paesaggi e per la sua passione per lo sport e per la cucina.

Conoscendo personalmente tanti giovani, posso dire che questa mia è la risposta di tanti altri musulmani che crescono in Italia.

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