In memoria di don Tonino
“Chi come voi è fuggito dalla propria terra a causa dell’oppressione, della guerra, di una natura sfigurata dall’inquinamento e dalla desertificazione, o dell’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, è un fratello con cui dividere il pane, la casa, la vita. Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura o l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita o di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono. Siete la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l’ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perché ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l’incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità”.
Così papa Francesco l’altro ieri (19 aprile), in un messaggio al Centro Astalli per i Rifugiati. Sembra proprio l’eco della voce profetica di don Tonino Bello che il 20 aprile del 1993 lasciava questa terra dopo aver tracciato con la sua luminosa testimonianza, a partire dal nostro basso Salento, i percorsi faticosi, impervi ma entusiasmanti di una umanità plurale e conviviale, accogliente e solidale.
Ci ha insegnato e ci ripete ancora: Puglia, arca di pace, non arco di guerra; se vuoi costruire la pace vai incontro ai poveri; per imparare ad amare bisogna mettersi in corpo l’occhio del povero; ogni essere umano anche il più misero e fragile è figlio di Dio, fratello di Gesù Cristo ed erede del Suo Regno.
I sentieri di Isaia, quelli della pace – ci diceva – si intrecciano indissolubilmente con quelli della giustizia e della salvaguardia del creato; e ancora che la fame di ricchezza genera il mostro della guerra. E per la guerra si alimentano la produzione e il traffico delle armi, si moltiplicano i conflitti, si sequestrano e si distruggono le risorse, si seminano a dismisura distruzione e miseria. Da qui poi intere popolazioni in fuga, l’esodo drammatico di chi vuole sottrarsi a un tragico e ineluttabile destino di morte.
Allora si attraversa l’inferno dei trafficanti di esseri umani senza scrupoli, si entra nei reticolati e nei campi di detenzione, di tortura, di lavoro forzato. Umanità allo sbando, occhi di bimbi sgranati dalla paura, sguardi di donne incinte persi nel vuoto pentite forse di aver creduto alla vita. E poi gommoni e barconi spesso inghiottiti da incolpevoli flutti o, a volte, un difficile approdo in porti blindati o ai bordi di inospitali scogliere.
Mediterraneo, un mare ormai divenuto cimitero e fossa comune senza nomi e senza lacrime. Anche le rotte balcaniche sono interrotte e impantanate nel fango dell’indifferenza globalizzata e degli assurdi egoismi nazionali.
Nuovi muri e vecchie frontiere per separare, dividere, allontanare. E ancora armi e armi per difendere i “sacri confini”, per difendersi e minacciare i più indifesi. Non è forse anche questo un terrorismo legalizzato contro chi ha la sola colpa di voler ancora esistere e … resistere?
È catastrofe umanitaria, l’Europa è allo sbando. È naufragio della nostra civiltà le cui nobili radici culturali e religiose sembrano inesorabilmente inaridite e soffocate da diaboliche spire di morte. Quelle dei miopi e ingannevoli profitti calcolati sugli interessi di un’economia avvelenata e suicida.
Torna allora tra noi, carissimo don Tonino e unisci la tua voce sempre più viva e attuale a quella del nostro Francesco, umile, inerme e finora inascoltato guerriero di pace, proprio come te. Provoca ancora in tutti noi sussulti di corale indignazione e di corresponsabile impegno di umanità. Chiedi di nuovo perdono anche per noi al tuo e nostro “fratello marocchino”:
“Perdonaci. Anche a nome di tutti gli emigrati clandestini come te, che sono penetrati in Italia, con le astuzie della disperazione. (…) Perdonaci, fratello marocchino, se, pur appartenendo a un popolo che ha sperimentato l’amarezza dell’emigrazione, non abbiamo usato misericordia verso di te. (…) Perdonaci, se non abbiamo saputo levare coraggiosamente la voce per forzare la mano dei nostri legislatori. (…) Perdonaci, fratello marocchino se noi cristiani non ti diamo neppure l’ospitalità della soglia. (…) Un giorno, quando nel cielo incontreremo il nostro Dio, questo infaticabile viandante sulla strada della terra, ci accorgeremo con sorpresa che egli ha... il colore della tua pelle. +don Tonino, vescovo - P.S. Se passi da casa mia, fermati”.