Storia di Zohra

Alidad Shiri
Fonte: Alto Adige, 9 marzo 2016

Oggi è la giornata della donna. Allarghiamo lo sguardo all’Iran, dove sembra una conquista avere 14 donne elette in parlamento (Majlis). Sì, perché in un quel Paese la vita della donna è molto difficile: rischi di essere arrestata se ridi forte in pubblico, non puoi ascoltare musica pop e rock, non puoi ballare in locali pubblici. Cose che per noi sono scontate. Tutto deve essere fatto di nascosto, per questo c’è chi cerca la libertà magari unendosi clandestinamente ai flussi di profughi che arrivano in Europa. Occorrerebbe qui fare lo sforzo di immedesimarsi in queste situazioni guardando il volto di tante donne. Questa è la storia di Zohra (nome di fantasia), finita in Austria dopo mille peripezie, ma distrutta dentro soprattutto dalla violenza. Una persona fine, gentile e bella, come tante altre. Un destino insopportabile.

 

Raccontami qualcosa della tua storia.

Sono nata e cresciuta a Teheran. Dopo il divorzio con la mamma, mio papà non si è più risposato. Lui era una persona molto tranquilla, quando tornava dal lavoro di impiegato preparava la cena per me, si incontrava ogni tanto con gli amici, l’unico difetto era che fumava. Anch’io ero libera, ma non esageratamente. Studiavo, avevo buoni voti, frequentavo ragazze del giro familiare e amici. Organizzavamo party in casa, ballavamo e ascoltavamo la musica.  Dopo la maturità ho superato un test di ingresso per entrare all’università, ma non ho potuto frequentare perché il costo era alto. Avevo sete di libertà, ero molto spontanea anche nelle risate in pubblico, tanto che per questo una volta mi hanno arrestata. Ero stanca di questa vita.

 

È stato allora questo il motivo per cui hai lasciato il Paese, la mancanza di libertà sociale?

Anche, ma non solo; si aggiunge la disoccupazione. Appena diplomata ho cercato un lavoro rispondendo all’inserzione di un giornale. Un medico cercava una segretaria, e su 30 persone sono stata subito scelta. Mi sono state poste strane domande, alla fine la pretesa era di fargli dei massaggi. Mi sono rifiutata, ma non ho desistito da cercare ancora lavoro. Anche il direttore di un’altra ditta mi ha subito assunta, ma ho capito presto le sue intenzioni quando ha cercato di violentarmi. Sono fuggita e ho parlato con mio padre che mi ha convinta a rimanere a casa perché avremmo potuto mangiare lo stesso. È passato un anno e per la prima volta nella mia vita mi sono innamorata. Avevo 19 anni e lui 20. La sua famiglia che stava bene voleva aiutarlo ad evitare il servizio militare scappando in Europa, dove in Germania viveva una zia. Mi ha chiesto di partire con lui e io ero decisa ad andare insieme in qualunque parte del mondo.

 

Hai avuto il permesso da tuo padre?

Ovviamente no all’inizio, perché per lui ero tutta la sua vita, mi leggeva tutte le sere poesie. Quando gliene ho parlato è impallidito ed in un primo tempo mi ha negato il permesso.

 

Allora cosa è successo per convincerlo?

Quando mi vedeva tutte le sere con gli occhi gonfi per il pianto non ce l’ha fatta più ed ha accettato. Aveva una piccola proprietà terriera che aveva conservato come risparmio per la sua pensione. L’ha venduta e mi ha dato il denaro per pagare i trafficanti. L’ultima notte l’ha passata interamente sveglio tenendomi la mano e guardandomi come se stessi per morire. Mi diceva: “Figlia mia, facevi parte del mio essere e adesso sembra che stai per uscire dal mio corpo. D’ora in poi dovrai tu stessa difenderti”.

 

Che cosa vuoi raccontare del tuo viaggio?

È stato molto difficile, però all’inizio ero felice dato che ero molto innamorato del mio ragazzo. Anche se dovevo attraversare tanti ostacoli, su e giù per le montagne sopportando sete e fame, non mi rendevo conto del dramma che stavamo vivendo. In fondo ero felice: potevamo mangiare insieme, parlare. Amir (nome di fantasia) mi amava e cercava di aiutarmi. Finché ero con lui tutto per me è stato tranquillo. Ma dopo aver attraversato sei o sette stati, al confine tra Slovenia e Italia è scoppiata la tragedia.

 

Perché, avete litigato?

No, ci hanno separati. Una banda di criminali armati ci hanno rubato prima tutti i soldi, quindi hanno picchiato gli uomini e hanno diviso noi donne da loro. Io sono stata presa dal loro capo come sua preda personale, ero sua prigioniera per due mesi, non potevo comunicare con nessuno, non conoscevo il posto, né la lingua, non avevo soldi né documenti. Anche se fossi scappata, non sapevo dove arrivare, temevo che la polizia mi avrebbe arrestata e rispedita indietro. Con mille difficoltà sono riuscita un giorno a chiamare un amico di famiglia che viveva vicino a Modena. Mi è venuto a prendere e mi ha fatto arrivare clandestinamente attraverso il Brennero in Austria. Sono rimasta un anno in un campo profughi.

 

Quante volte sei stata violentata?

Tante volte, anche nel campo profughi. Sai cosa vuol dire violenza? È quando uno vuole fare l’amore se tu non vuoi. Non cambia se ti legano mani e piedi. Tu non lo vuoi e anche se hai le mani libere non hai la forza di difenderti. Per favore, non continuiamo a parlare di questo.

 

Sì, però sai che come essere umano tu hai il diritto di non dare il permesso di toccarti. La donna deve avere la forza di avere un rapporto con chi vuole, non sotto costrizione.

Questa è la frase più bella che ho sentito nella mia vita. Se fosse così sarebbe ottimo, però peccato che non è così.

 

Hai fatto la domanda di protezione internazionale in Austria?

Sì, ma non ha avuto esito perché quando il flusso dei profughi è aumentato, ci hanno scaricati sulla strada come immondizie per lasciare posto ai nuovi.

 

Hai notizie di Amir, sai se è vivo o morto?

So che è vivo in Germania. Quando il gruppo di criminali mi ha rapito, lui ha lasciato i compagni, mi ha cercato ma per lui era impossibile denunciare la mia scomparsa perché non aveva documenti e non sapeva la lingua.

 

Ora come riesci a sopravvivere?

Dopo che mi è stato rifiutato il riconoscimento di protezione internazionale sono finita a Vienna dove ho dovuto lavorare sui marciapiedi vendendomi a uomini che mai potranno capire cosa vuol dire questo per me. Eppure il mio sogno era di cercare un lavoro in questa grande città.

 

Anche altre donne hanno dovuto passare per questa soluzione?

Non so, ma credo che se una è bella e giovane, di sicuro non ha potuto evitarla.

 

Cosa ti aspetti dal tuo futuro? Sai che ogni individuo ha oltre alla sua bellezza anche l’intelligenza e la forza di lavorare. Perché tu hai usato solo la bellezza?

Lo so, che soldi e bellezza non rimangono, ma non conosco la lingua e non ho documenti. Per ottenere questi ultimi occorre pagare molto, ma c’è l’alternativa di sposare un uomo del posto per risultare in regola. Penso che lo farò tra qualche mese, anche se senza amore.

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