Il governo si ritiri dalla competizione referendaria
Si è tenuto il 20 luglio alla Camera dei Deputati una conferenza stampa dei Comitati per il NO nel referendum costituzionale. Hanno parlato per il Comitato dei popolari il presidente Giuseppe Gargani, per il Comitato per il NO del Coordinamento per la democrazia costituzionale il prof. Alessandro Pace, Alberto Benzoni per i socialisti per il NO e un rappresentante dei “presidenzialisti per il NO”. Sono intervenuto anch’io a nome dei Comitati Dossetti per la Costituzione e dei Cattolici per il NO.
Ho ricordato che i Comitati Dossetti per la Costituzione in più occasioni hanno chiesto il rinvio delle riforme costituzionali alla prossima legislatura, nella quale esse potranno essere condotte a buon fine con uno stile diverso, contenuti diversi e con un Parlamento legittimato.
Quanto al Comitato dei Cattolici per il NO ho ribadito le ragioni dell’opposizione alla riforma in atto, come hanno fatto gli altri relatori, ciascuno a partire dalle proprie posizioni.
Ho sollevato però una questione ulteriore. Gli avvenimenti in corso confermano la diagnosi, formulata per primo dal papa, secondo la quale è cominciata la terza guerra mondiale “a pezzi”.
Essa però ha cambiato natura, non è più formalmente una guerra tra Forze Armate opposte – anche se con vittime “collaterali” sempre più numerose tra la popolazione civile – ma una guerra di Entità armate, regolari e irregolari, contro le popolazioni civili. Pertanto la strage dei civili, già preponderante nelle precedenti guerre, è diventata il contenuto stesso della guerra attuale. Nessuno la mattina può più uscire di casa sapendo che di sicuro ci potrà tornare, che sia a Nizza, a Parigi, a Bruxelles o a Dacca. Il mondo è diventato troppo pericoloso per continuare a farlo andare così. Per molto tempo il mondo è stato pericoloso per i popoli delle colonie, per quelli che chiamavamo ed erano sottosviluppati. Adesso il mondo è diventato pericoloso anche per noi, non solo i ricchi hanno le armi, ormai ogni persona, se ha perso ogni valore della propria vita, può diventare un’arma contro tutti gli altri.
La popolazione civile, diventata uno dei soggetti belligeranti, non può né combattere, né vincere questa guerra come facevano i soggetti armati protagonisti delle guerre precedenti. Slogan come: tutti uniti nella guerra al terrorismo, non hanno alcun significato, e l’appellarsi alle stragi di Nizza o alla repressione in Turchia per propagandare il SI al referendum è del tutto pretestuoso e offensivo della verità e del buon senso. Però proprio l’appellarsi al terrorismo ai fini della riforma, come ha fatto la ministra Boschi, permette di mettere in luce la vera responsabilità del governo. Il modo per la popolazione civile di combattere questa guerra è la politica, e la sua vittoria è il conseguimento della pace. Per fare una politica di uscita dalla guerra e di costruzione della pace ci vuole un governo, che se ne faccia strumento facendo valere l’unità del popolo. Allora la proposta è questa: per uscire dalla terza guerra mondiale che ha il suo epicentro nel Mediterraneo e in Medio Oriente, occorre ripetere l’esperienza della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che ad Helsinki dal 3 luglio 1973 al 1 agosto 1975 realizzò il miracolo di mettere fine alla guerra fredda e alla minaccia reciproca di distruzione nucleare. Alla conferenza parteciparono tutti i Paesi europei più Stati Uniti e Unione Sovietica. Cardini degli accordi per realizzare la sicurezza e mantenere la pace fu l’impegno a non modificare con la forza le frontiere esistenti, e il rispetto dei diritti umani. Oggi l’Italia potrebbe farsi promotrice, e preparare diplomaticamente, una Conferenza per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo e in Medio Oriente, con la partecipazione di tutti gli Stati interessati e anche della Umma musulmana e delle Chiese cristiane d’Oriente. Anche qui i cardini sarebbero il rispetto della integrità territoriale degli Stati dell’area nelle loro legittime frontiere (compresi Iraq, Siria, Libano, Israele e Palestina) e il rispetto dei diritti umani.
Però questo il nostro governo non lo può fare perché invece di essere espressione dell’unità del Paese, oggi ne è esso stesso il primo divisore, spaccando il Paese nella contrapposizione tra fronte del SI e fronte del NO nella cruciale partita della Costituzione su cui è stata costruita l’unità della Repubblica. In tal modo il governo rinunzia al suo vero ruolo e combatte una partita del tutto estranea alle vere urgenze poste dalla crisi in atto mentre l’Italia e il mondo tutto sono in condizioni di massimo pericolo.
Perciò la proposta che ho formulato è che il governo si ritiri dalla competizione per il referendum costituzionale, assuma una posizione neutrale, lasci combattere questa partita ai Comitati del Si e del No e alle forze politiche e partiti esistenti, lasciando la riforma costituzionale al suo destino. Il governo potrebbe allora ricomporre l’unità del Paese per giocarla sul piano internazionale – europeo e mondiale - in una grande iniziativa e un grande progetto di unità e di pace, adempiendo veramente al dettato degli articoli 10 e 11 della Costituzione, per la costruzione di un ordine di giustizia e di pace tra le nazioni.