Spartan Race
Gentile Emilio,
la ringrazio per averci scritto e per aver condiviso con noi una diversa opinione in merito all’evento Spartan Race sul quale Mosaico di pace, rivista mensile promossa dal movimento Pax Christi, ha pubblicato un articolo a cura di Alessandro Marescotti, nostro stimato collaboratore.
Premetto che è nostra convinzione che possono convivere benissimo opinioni diverse sulle quali si apre un confronto, rispettoso delle idee altrui e delle persone. Il pluralismo e l’ascolto/confronto democratico, nonviolento e attento all’altro, sono alla base di una convivenza umana pacifica e nella quale trova posto e accoglienza ogni diversità.
In merito all’articolo di Alessandro Marescotti, mi associo a quanto scritto dall’autore che cura stabilmente da anni la rubrica “Chiave d’accesso” e che, quindi, ha la piena stima e fiducia di tutta la redazione.
L’evento da lei tanto decantato è fondato su un’idea dello sport fortemente competitiva e aggressiva, che spinge i giovani “oltre i limiti”, oltre “limite”, e li invita a sostenere prove fisiche che – perché non dirlo? – richiamano nell’immaginario collettivo i marines statunitensi nei peggiori film di guerra. Certo, nulla di illecito. Ma culturalmente poco costruttivo.
Come nulla di illecito c’è nello sponsor privato. Ci mancherebbe altro. Nulla di strano. Quasi nulla di strano, però, nella ricerca dei volontari per un evento a pagamento. Mi spiego.
Partecipare all’evento è a pagamento, e costa anche tanto.
Lavorare è gratis. Come sempre, del resto. Oramai lavorare gratis è di moda. Perché quando si tratta di lavoro retribuito nessuno ha più soldi. Il lavoro a Taranto non c’è. Mai. Non viene proposto né dal pubblico né dal privato. Ma, poi, non ci sono poi neanche beni pubblici a disposizione di tutti. E neppure eventi sportivi per tutti, poveri e periferie incluse.
Non condivido la speranza che un evento “sportivo” (e, ripeto, Spartan Race è qualcosa di diverso dal semplice evento sportivo) possa risollevare le sorti di una città calpestata da anni da un inquinamento non casuale ma voluto, sulla pelle della gente che muore, illegale, ingiusto. Una città, è vero, stritolata dal dilemma occupazione-salute, binomio da cui non si può semplicisticamente uscire proponendo un giorno da eroi.
Eroi per finta, appunto, come scrive Marescotti.
Perché la gente – dopo il gioco, dopo le gare, dopo la finzione spartana e il fuoco da saltare, vuol vivere. Vuol lavorare senza morire. Vuol godere della bellezza del paesaggio e del mare senza intossicarsi. E vuole che i propri figli abbiano un futuro – perché no? – nella propria terra senza dover emigrare per lavoro, per forza. E questo futuro è costruito su salute, lavoro, diritti, salubrità dell’aria e dell’acqua e lo potrà restituire alla città solo una politica sana. Buone pratiche politiche chiediamo, per Taranto e non solo. Per tutti.
Buone politiche fondate su idee e prassi “non violente” come auspica il Papa nel messaggio con cui indica il tema della prossima Giornata della pace: “La non violenza: stile di una politica per la pace” e “Si tratta di un metodo politico fondato sul primato del diritto e il diritto e l’uguale dignità di ogni essere umano sono salvaguardati senza discriminazioni e distinzioni, di conseguenza la non violenza intesa come metodo politico può costituire una via realistica per superare i conflitti armati”, leggiamo nel messaggio di presentazione del tema della cinquantesima Giornata Mondiale della Pace.
Cos’ha a che fare tutto questo con Spartan Race? Nulla, appunto. A ciascuno il suo.
Marescotti non dimentica di dire nulla. Non afferma il falso. Non offende.
Le armi si possono vendere, costruire, utilizzare. Ma quello che è nostro compito, prima di ogni altro, è il ridurre la possibilità di fascino di una cultura militarista e competitiva ad ogni costo. A noi il compito di diffondere semi di cultura nonviolenta, rispettosa dei limiti. Sì, dei limiti. Noi crediamo fermamente nel senso de limite. Come potremmo mai approvare un’idea di sport che spinge tutti a superare ad ogni costo il limite? Come potremmo mai approvare un revival del modello spartano dove il brutto e il limitato non avevano posto? Come potrebbe piacerci un evento sportivo dove possono accedervi solo i benestanti perché tutto costa e costa anche tanto? E che ne facciamo dei ragazzi delle periferie che non hanno soldi né per l’iscrizione né per l’asciugamano firmato?
Questa non è la cultura su cui Taranto affonda le sue radici. Né quella che potrà restituirle futuro. E questa festa, come lei la chiama, a noi non piace, perché ancora una volta separa i ricchi dai poveri, gli atleti dai chi non ha grandi doti sportive. A noi il limite piace. Sul limite si basa lo sviluppo economico alternativo per Taranto e per tutte altre città. Sul limite dell’ambiente, delle risorse in esaurimento, dello sviluppo economico che calpesta le persone. Sul limite di un profitto sempre in favore dei pochi che si arricchiscono sempre di più a discapito dei poveri…
Non condivido e non capisco proprio quale “visione illuminata” si possa celare dietro questa esaltazione della competizione oltre ogni limite, del mimetico che “fa figo”, dello “straniero” che viene in città, paga, gioca, si diverte, sporca e poi lui va via lasciando Taranto nel suo torpore di sempre, nei disservizi, nel lavoro che non c’è, e nell’inquinamento che fa morire i nostri amici.
Mi auguro che il futuro dei nostri giovani sia nel lavoro quotidiano per il bene comune e non nel gioco di un solo giorno. Eroi veri, come quelli che vivono al quartiere Tamburi a ridosso dell’Ilva e come quelli che ostinatamente operano per i diritti (quelli gratuiti, per tutti), per il bene di tutti.
Non eroi per un giorno, per finta, come in uno strano gioco di simulazione.
Un cordiale saluto
Rosa Siciliano