Spartan Race: risposta
Ringrazio per il cortese invio.
Rispondo aggiungendo in copia per conoscenza Marco De Bartolomeo, ideatore del progetto "Taranto a città Spartana", in quanto vi scrivo a titolo personale difendendo un progetto che ritengo straordinario per la visione e per il valore di sviluppo sostenibile. Talmente poco di bello accade sul nostro territorio che ritengo ignobile tentare di distruggerlo per ragioni che non capisco e agendo in modo subdolo non citando nell'articolo, che la prossima gara della Spartan Race si svolge proprio a Taranto a fine ottobre.
Ho avuto modo di discutere su Facebook con il signor Marescotti poco tempo fa all'interno di una discussione partita da alcuni sui post che attaccavano la Spartan Race in particolare per l'evento che si svolgerà proprio a Taranto. La visione che Marescotti cerca di promulgare è quella di un evento per fanatici militari che si allenano in un percorso di guerra pagando una multinazionale dello sport. Attraverso questa visione Marescotti attacca anche la stessa promozione del brand spartano su questo gruppo di ragazzi sta puntando da anni per promuovere il turismo nella città pugliese.
Qui di seguito alcune considerazioni personali.
Marescotti si dimentica di dire che la Sparan Race è l'evento sportivo più partecipato del pianeta con oltre un milione di atleti che nulla hanno a che fare con violenza, armi e guerre, ma che si ritrova a competere in mezzo alla natura superando ostacoli, correndo nel fango e aiutandosi l'un l'altro per arrivare alla fine del percorso.
Dimentica di dire, ma probabilmente non ha mai visto di cosa si tratta a differenza di chi scrive che si è recato all'evento organizzato ad Orte, che si tratta di una giornata di festa e gioia dove gruppi composti in maggioranza da giovani trentenni di cui gran parte ragazze, convergono da tutta Italia e dall'estero per un evento sportivo. Aperto anche ai bambini, fattore che, per Marescotti, lungi dall'essere un particolare che coinvolge intere famiglie, nella sua personalissima visione diventa uno strumento di manipolazione di giovani menti.
Preferisce inoltre non dire che il marchio Reebook, presente dal 2013, quindi successivamente all'origine della competizione, è un marchio sportivo e non uno sponsor che vende armi. Ma soprattutto che qualsiasi evento sportivo, dalla corsa campestre paesana alle olimpiadi, prevede la presenza di sponsor privati. Le stesse olimpiadi sono forse l'evento più sponsorizzato del pianeta.
Così come evita di dire che qualsiasi gara sportiva richiede una quota di iscrizione che spesso è superiore alla quota di partecipazione prevista in questo caso. Ad esempio l'iscrizione alla maratona di Roma va dai 60 ai 130 euro, per un evento che non prevede la creazione di un percorso ad ostacoli che, di norma, alza il costo di partecipazione fino ai 300 euro.
Nel suo racconto finalizzato alla distruzione dell'immagine di questo evento sportivo, Marescotti mette l'accento sull'acquisto di oggettistica legata al marchio main sponsor. Ossia a qualcosa di perfettamente naturale visto che, nell'area di accoglienza c'è uno stand dove, chi vuole e per libera scelta, può acquistare un paio di scarpe o un asciugamano. A questo voglio aggiungere che, onta delle onte, di norma ci sono perfino dei venditori autorizzati (e non illegali come spesso accade) di prodotti tipici enogastronomici, e perfino di acqua e bevande che, scandalo degli scandali, sono commercializzate da marchi privati.
Probabilmente Marescotti si augura che un evento sportivo di questo tipo venga organizzato solo con fondi pubblici e che vengano offerti a tutti i partecipanti cibo e acqua senza alcun pagamento in cambio, magari immaginando che le bottigliette dell'acqua minerale siano anch'esse prodotte e distribuite da enti pubblici. Spiace ricordare che la realtà è ben diversa, che nulla del genere accade sul pianeta terra e che l'esperienza sovietica del partito comunista ha prodotto più disastri umanitari che benefici.
Inutile spendere parole per commentare come i volontari siano la norma di qualsiasi evento di natura sportiva o culturale si realizzi in ogni comune italiano. E che solo una visione mistificata può ricondurli ad uno sfruttamento pro interessi privati.
Un evento che porti migliaia di persone sul territorio produce effetti reali sull'economia dell'accoglienza, e sul piccolo commercio ma soprattutto ha la funzione di promozione di un territorio ben oltre i due giorni dello stesso e permette di creare una narrazione anche sul web che valorizza le peculiarità di un luogo rendendolo visibile. Nel caso particolare di Taranto le immagini legate alla città, ad oggi, sono solo riferite a ciminiere ed inquinamento. Per la prima volta il web, i social e google immagini, si riempiranno di foto di ragazzi che corrono sul lungomare, che si aiutano a superare un ostacolo di legno (che verrà rimosso appena finita la gara) che gustano i prodotti tipici della città, che visitano i suoi palazzi storici o il museo e i suoi tesori. Tutto questo è il motivo per cui quel gruppo di ragazzi che citavo all'inizio, da anni regalano tutte le proprie energie, il proprio tempo e il proprio denaro, per contribuire che questa martoriata città abbia un futuro diverso dal passato e dal presente che è stata costretta a subire.
Quando ho conosciuto il progetto, ne sono stato conquistato dalla sua visione illuminata, coerente con il percorso di narrazione che da anni sto portando avanti per il rilancio dell'identità dei territorio in funzione di uno sviluppo economico alternativo a quello industriale. Ovviamente, nel caso di Taranto, l'identità della città non si esaurisce nella sua parte "spartana" che viene ad essere semplicemente il brand con cui attirare l'attenzione di un viaggiatore italiano o straniero per portarlo nella città dei due mari e potere offrire poi tutto il resto dell'identità locale intrisa di borbonico, aragonese, naturalistico, enogastronomico e così via. IL fatto stesso di porre sotto i riflettori nazionali e internazionali l'immagine della città sta producendo minimi ma fondamentali cambiamenti nella coscienza dei suoi abitanti. Come quando vai in un luogo pubblico dove sarai visto da molte persone e ti metti un vestito pulito, stirato, in ordine. Questo effetto apparentemente secondario è la base perché la coscienza di un territorio inizi a risvegliarsi e porti chi vi abita ad amare e difendere la propria terra in modo positivo. Iniziando a non gettare l'immondizia lungo la strada ma dentro il cassonetto. Perché quando arriva un ospite ci tieni a fare bella figura. Un piccolissimo passo dall'immenso valore simbolico ed educativo. Questo c'è dietro la Spartan Race a Taranto.
Questo mi augurerei che venisse raccontato da un mensile come il vostro che promuove i valori della pace, che si schierasse dalla parte di chi cerca di sanare la frattura tra "morire di cancro o morire di fame" proponendo uno sviluppo sostenibile dal punto ambientale quale il turismo può oggi essere.
La "guerra" peggiore che Taranto vive da decenni è quella che si svolge all'interno delle proprie famiglie appese al ricatto occupazionale, non certo quella di un gruppo di sportivi che, aiutandosi a vicenda, cerca di superare gli ostacoli di una gara divertendosi e portando qualche goccia di benessere e sviluppo in un territorio desolato e abbandonato da tutti.
Cordialmente
Emilio Casalini