Voce della Vallesina

Un lessico per la città comune

La finanza Etica

La gestione dei “soldi”, sia personali che di comunità, ha da sempre portato a porsi domande inerenti la redditività, il costo, l'allocazione e le modalità (sia dal versante del risparmio che dell'impiego) delle attività economiche.

Si sa benissimo che “la scelta di investire in un luogo piuttosto che in un altro, in un settore produttivo piuttosto che in un altro, è sempre una scelta morale e culturale[1] e non è mai neutra. Ciò nonostante, anche per i cristiani, si presta sempre poca attenzione al fatto che i nostri soldi concorrono in modo pieno allo sviluppo sociale della società e che gli stili di vita determinano sia le crescite economiche e sia le crisi, come quella del 2008 che stiamo ancora vivendo. Occorre, anche per le difficoltà del vivere odierno e per le diverse condizioni da un passato non troppo remoto, una nuova visione e sensibilità sulle attività economiche che ognuno di noi mette in campo, sia nell'allocazione dei risparmi e sia nella richiesta di prestiti, concentrandosi anche sulla bontà o meno delle banche per il comportamento che esse tengono sul mercato.

Per queste ed altre considerazioni è ormai da vari decenni  che si parla di Finanza Etica (d'ora in poi F.E.), ossia di un progetto/proposta per far sì che il sistema economico sia funzionale all'uomo e alla natura e che si può definire come quel pensiero economico contemporaneo che, non potendolo definire altro o contro le tradizionali teorie economiche, ma facendole in parte proprie, ha come fine l’uso del denaro come mezzo e non come scopo, avendo a riferimento la persona umana. Tralasciando le complesse spiegazioni sull’Etica, ma facendole proprie e coniugandola con la Finanza, la vera attività etica in finanza è riconducibile a queste affermazioni: non è una modalità benefica con la donazione di parte degli interessi o dei rendimenti ad associazioni beneficiarie, ma un prestito o un investimento finalizzato allo sviluppo di progetti riflettenti i valori di riferimento, ad imprese e soggetti che si fanno carico di obiettivi etici socialmente rilevanti; l’investimento etico porta in sé una denuncia delle attuali storture del sistema economico ed è uno strumento per proporre la ricerca di un nuovo modo di vivere le relazioni economiche; si considera il denaro come mezzo e non come fine; viene rilevata l’importanza e la necessità di facilitare l’accesso al credito soprattutto alle fasce deboli della popolazione per metterle nelle condizioni di sviluppare un proprio progetto di vita dignitoso; il profitto ottenuto dal possesso e dallo scambio di denaro dev’essere conseguenza di attività orientate al bene comune e equamente distribuito tra tutti i soggetti che concorrono alla sua realizzazione; si considera l’efficienza una componente della responsabilità etica, in quanto spinta ad un uso oculato e razionale delle risorse. La F. E. è, quindi, un vero e proprio approccio alternativo all’idea di finanza, senza però ripudiarne i meccanismi di base (come l’intermediazione, la raccolta, il prestito), ma riformulandone i valori di riferimento (la persona e non il capitale, l’idea e non il patrimonio, l’equa remunerazione dell’investimento e non la speculazione). La F.E. mira ad introdurre come parametri di riferimento, oltre al rischio e al rendimento, anche il riflesso dell’investimento sull’economia cosiddetta reale, a modificare i comportamenti finanziari in senso più sociale e a finanziare tutte le attività che si muovono in un’ottica di sviluppo umanamente ed ecologicamente sostenibile; tra queste, quindi, sia le attività tradizionali del cosiddetto settore non profit – cooperazione sociale ed internazionale, ecologia, tutela dei diritti umani, attività culturali e artistiche, ecc. – sia quelle più di frontiera come il commercio equo e solidale, l’agricoltura biologica, le produzione eco-compatibili, le energie alternative e più in generale tutte quelle attività imprenditoriali che producono sul territorio un beneficio sociale e ambientale. È evidente che tale pensiero riporta a dignità le attività economiche classiche (produzione e commercializzazione) in cui il lavoro, non il capitale, è fondamentale e il denaro diviene solo uno strumento. La F.E., dunque, come paradigma di un nuovo vivere l'economia. Ma quale teoria e fondamento scientifico ha? È credibile? La risposta è logica se si pensa ad essa come ad continuità di un pensiero che aborre la finanziarizzazione[2] e che continua a pensare al mercato finanziario come un mezzo per la realizzazione di un bene comune umano. Non è logica se non è sociale e vede l'attività etica solo come dono, come un fattore ridistributivo caritatevole e/o compassionevole. Infatti, i soldi servono ad aiutare a vivere meglio e a realizzare tutti quei sogni di cui donne e uomini sono portatori; non servono per l'accumulo (l'avidità che è una delle “molle” del mercato capitalistico attuale dopo essere per secoli stata il più grande peccato verso i propri simili). Infatti e perciò la F.E., specie quella italiana che è nata verso la metà degli anni settanta dello scorso secolo e che vede come alfiere il gruppo Banca Etica, ha puntualizzato il suo pensare e l'agire di coloro che vogliono applicarla. Da quel momento essa ha assunto dignità e ha potuto permettersi di diffondersi cercando veramente di dimostrarsi utile e, nello stesso tempo, profetica.

Lo slogan di Banca Etica sintetizza bene il pensiero della F.E.: L’interesse più alto è quello di tutti. La F.E., quindi, chiede una cittadinanza attiva e responsabile che si propone come strumento di trasformazione e di promozione sociale. Da qui delle derivazioni fondamentali come l'affermazione del primato della persona sul mercato, l’equità e la sobrietà nella produzione e distribuzione della ricchezza e nell’utilizzo delle risorse, i principi di reciprocità, interdipendenza, corresponsabilità con attenzione alle nuove povertà e marginalità, il rispetto e valorizzazione di tutte le diversità ponendo attenzione all’approccio di genere nell’affrontare problemi politici, sociali, economici e culturali. Il pensiero sociale che emerge da questa visione si fonda sull’assunzione di responsabilità degli attori sociali accomunati dalla ricerca di risposte ai bisogni delle persone e della comunità. Vanno pertanto recuperati, in collaborazione con gli altri attori del territorio, i valori che sono alla base dello stato sociale, per garantire gli elementi ritenuti fondamentali per la realizzazione integrale della persona.

Un'altra domanda riguarda la sua storia. Come e dove è nata? Sarà forse sorprendente sapere che di fatto un modello economico etico, con una relativa attività finanziaria, è sempre stato intrinsecamente presente nei secoli passati ad iniziare dalla nascita delle banche con i Monti di pietà, fondati dai Francescani (probabilmente proprio nelle Marche, ad Ascoli Piceno, nasce il primo in Italia nel 1458) e, successivamente nel XIX secolo, con le Banche Popolari e le Casse Rurali. Si può affermare che, però, tali concezioni sono in gran parte (e per molte ragioni) terminate nella prima metà del XX sec. con la differenziazione tra il momento della produzione (imprese e banche) e quello della distribuzione (politiche di welfare). Tale pensiero è durato sino al primo precipitare della crisi in atto: da qui la necessità di ricostruire, ed in modo univoco, un sano pensiero economico etico. Di conseguenza la F.E. moderna nasce nei mercati finanziariamente maturi: in Europa attraverso le banche e nel mondo anglosassone con i fondi di investimento. La spinta viene dai risparmiatori e dagli investitori richiedenti un uso del loro denaro coerente con la loro visione etica e di cambiamento del mondo in relazione con i movimenti consumeristici, con le idee del consumo critico, con le reti ed i movimenti per la promozione dei diritti umani e della sostenibilità ambientale. E per questa ragione che la stessa D.S.C. affronta il problema con la Caritas in veritate al n° 45.n

Oramai la sua diffusione, specie in termini qualitativi più che quantitativi (il percorso di sensibilizzazione è ancora lungo, visto il predominio dell'egoismo nel cuore dell'uomo sulla socialità e sulla comunione sociale!) è assodata, così come la sua presenza all'interno delle riflessioni su quei nuovi paradigmi economici indispensabili al nuovo vivere in cui veramente il denaro possa essere al servizio e non padrone delle nostre vite[3]. Necessita solo di un po' più di partecipazione attiva da parte di tutti specie di quei settori sociali più avanzati (tra cui le Chiese locali) che con coerenza dovrebbero coniugare le loro appartenenze ideali con la coerenza del loro agire.

In fondo la F.E. non è una moda, ma un luogo per vivere economicamente le relazioni sociali; e tutti, cristiani compresi, dovrebbero impegnarsi di più in questo senso per costruire un mondo sempre più bello e vivibile per  rendere gloria a Dio, come ci invita a fare l'enciclica Laudato si' di Papa Francesco.   

 

 



[1]     Giovanni Paolo II: Centesimus annus, 36.

[2]     È quell'attività che si è sviluppata negli ultimi cinquant'anni per cui si agisce più sulle operazioni finanziarie, completamente a se stanti, piuttosto che sull'attività di produzione e commercializzazione di beni e servizi. 

[3]     Recitavano i latini: “pecunia si uti scis ancilla este, si nescis domina” 

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