La politica nonviolenta per la pace
Il messaggio di papa Francesco mi ha procurato una grande gioia: l’attendevo da 50 anni! Speravo, infatti, che il Concilio dopo la Pacem in terris facesse un passo avanti; non fu così. Il concetto di nonviolenza non apparve. Furono dette tante parole, ma non questa decisiva.
Ora questa parola nel messaggio papale ricorre 15 volte, spesso associata al qualificativo: attiva. Ciò significa una grande acquisizione storica, rivoluzionaria, perché segna il passaggio dall’amore individuale o interpersonale all’amore politico, nel senso più lato possibile. Infatti, i nonviolenti, o gli amici della nonviolenza, devono tendere a provvedere all’esistenza, alla liberazione, allo sviluppo e alla compresenza di tutti gli esseri, compresa la Madre Terra.
Vi sono poi tanti altri punti che caratterizzano positivamente questo messaggio: in primo luogo, la concezione di Dio, il cui nome è Pace, come affermava Dionigi l’areopagita. E per questo è Dio di tutte le religioni, di tutta l’umanità e dell’intero universo. Poi si rivaluta Gesù come l’esempio più fulgido di amore nonviolento, per l’avvento del Regno di Pace. Ancora suscita motivi di plauso la condanna della guerra e della corsa agli armamenti e dei signori della guerra; l’appello per il disarmo, soprattutto quello nucleare; la supplica per la fine della violenza domestica e contro gli abusi su donne e bambini. La nonviolenza è stile di vita personale e politico: tutte/i possono e debbono essere protagoniste/i e artigiane/i della nonviolenza.
Tuttavia, se desideriamo essere amici della nonviolenza e amanti della verità, urge anche esplicitare, con la parresia che deve contraddistinguerci, alcuni motivi di critica, spero costruttiva. A mio parere sono tre e riguardano: l’articolo del titolo; la mancanza almeno di due nomi significativi per la nonviolenza; e, infine, una carenza istituzionale.
- Nel titolo appare l’articolo indeterminativo: la nonviolenza stile di una politica di pace. Si viene così a constatare che esiste una politica di guerra, il che è vero. Ma la nonviolenza proprio contesta ciò, e proclama che la ragion d’essere, la finalità e la modalità della politica è la pace. Sarebbe stato meglio, a mio parere che il titolo fosse: la nonviolenza stile della politica di pace.
- Vengono giustamente ricordati i grandi profeti della nonviolenza: Gandhi, King, Khan, e le donne della Liberia, premio Nobel per la pace. Mi sarebbe piaciuto che accanto ad essi venissero ricordati anche Tolstoj, il cui libro Il Regno di Dio è in voi ispirò Gandhi, che trasse l’appello alla prassi della resistenza al male senza la violenza, proprio da quelle parole del Nuovo Testamento che vengono citate dal Papa; e, inoltre, anche Aldo Capitini che propose una religione, una filosofia, una politica e una pedagogia della nonviolenza. Certo costui criticò molto il Papa e la politica ecclesiale, tanto che alla prima Marcia della Pace tutte le chiese di Perugia e di Assisi rimasero sprangate; e Tolstoj, oltre ad essere censurato dal regime zarista, fu scomunicato dalla Chiesa ortodossa. Ma non sarebbe ora che le Chiese riconoscessero i loro errori e la loro profezia di pace nonviolenta?
- La terza critica riguarda l’aspetto istituzionale delle Chiese, in particolare la nostra cattolica. Il Papa ha deciso opportunamente l’istituzione di un nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per promuovere giustizia, pace e salvaguardia del creato. Benissimo. Ma non sarebbe più urgente, se si vuole diventare veramente discepoli della nonviolenza, anche dal punto di vista istituzionale, eliminare l’istituto dell’ordinariato militare? Se si vuole essere coerenti con quanto si professa, occorre che la pratica della nonviolenza si esplichi a tutti i livelli. L’abolizione dei cappellani militari è una battaglia che Pax Christi sta già conducendo, ma che va riproposta con coraggio, a maggior ragione ora dopo questo bel messaggio, grazie alla forza dell’amore nonviolento che deve contraddistinguere il discepolo di Gesù, il Messia del Regno del Dio della pace.