Racconto e pensieri dall’Ucraina
Quando sento le parole “vittoria” o “sconfitta”
sento un grande dolore, una grande tristezza nel cuore.
Non sono parole giuste, l'unica parola giusta è “pace”.
(Papa Francesco)
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Nel cuore di ferragosto l’aria paralizzata dal torrido caldo si è fatta vitrea ed i contorni dell’ingresso delle Grotte dell’Angelo a Pertosa sembrano poco distinti e tremanti. Ingresso per modo di dire, essendo in realtà uno scalo turistico sul piccolo lago sotto un arco in pietra. Da quel luogo ogni quindici minuti il fiume sotterraneo Negro, proveniente dalle profondità più segrete, porta nel ventre della montagna una barca con i turisti.
Io guardo le mie amiche, accomodate nella navicella, e mi accorgo che loro, insieme, sembrano un’aiuola fiorita: Assunta, napoletana verace con i suoi capelli neri ben tirati e pettinati, è una rosa esotica; la bionda sfolgorante Svetlana è un tenero giglio, e la terza nostra compagna – una bellezza mozzafiato – dalla magifica capigliatura rosso fuoco, è un Fiore Scarlatto. Il suo vero nome russo è difficile da pronunciare, per questo motivo sia per gli italiani che per noi lei è Scarlett. Mi diverte immaginare che io, con i miei capelli corti castano chiaro, somiglio piuttosto ad un soffione. Beh, ogni donna ha il proprio fascino, la sua fragranza, come un fiore; chi lo vede – lo coglie, lo odora e poi... lo butta. Cos’altro fare con un fiore strappato? Solo raramente un fiorellino tenace riesce a sviluppare le radici ed aggrapparsi alla terra natia per trarne la linfa vitale e sopravvivere nonostante tutto: le mani spietate, la grandine micidiale, gli uragani violenti.
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Stiamo entrando nelle viscere dei Monti Alburni. Dopo la luce abbagliante dell’esterno, tutti tentano di vedere qualcosa nel crepuscolo della grotta; io invece, casualmente, volgo indietro la testa e... vedo dall’interno l’enorme bocca aperta della montagna che, come una balena, prima ha inghiottito la nostra barca e ora sta aspirando la fiumana accecante dei raggi solari... Percorsi circa duecento metri scendiamo sulla costa e cominciamo la nostra inconsueta passeggiata attraverso le gallerie e le cavità create dal fiume Negro trecentocinquanta milioni di anni fa.
I miei sensi sono acuiti; spostandomi da un ambiente all'altro, mi accorgo che anche l'odore dell’umidità qui ha molte gradazioni. Mi affascina soprattutto la suggestiva Sala delle Vergini dove, grazie alla straordinaria illuminazione interna, appaiono figure fantastiche, create dalla luce che gioca sulle strutture calcaree. A guardarle a lungo le vedi convergere e divergere, poi lentamente ruotare attorno al proprio asse e stagliarsi in rilievo sulla superficie rugosa della grotta. Può darsi che in un momento di simile ispirazione il grande genio di Michelangelo abbia trasformato la bellezza della natura nell’idea divina della Cappella Sistina... Non sto piangendo, ma le lacrime mi solcano il viso, come negli ultimi tempi mi è capitato nei momenti di grande turbamento emotivo. Probabilmente, il sistema nervoso non regge più.
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Tutti vorrebbero vivere il più a lungo possibile o, meglio ancora, avere a disposizione qualche vita in più. Ed è ciò che diciamo in auto tornando a casa: grazie all’infinita energia di Assunta e alla mia vecchia Punto (a proposito, senza assicurazione) di tanto in tanto noi viviamo, come una breve vita aggiuntiva, uno dei nostri viaggi. Una volta ci immergiamo nell'atmosfera romantica del Carnevale di Venezia, un’altra ci tuffiamo con gli autorespiratori subacquei nelle profondità del mare in Calabria o addirittura ci capita di passeggiare per il Quartiere Gotico a Barcellona, tra favolose creazioni di Gaudì... E ora abbiamo vissuto anche questa vita nel grembo materno della montagna.
Ritornando a casa le mie ragazze, accomodate sul sedile posteriore dell’automobile, cantano; le voci si fondono e le loro anime sembrano identiche, come se fossero tre gemelli monozigoti. O forse loro hanno una sola anima, ma tripartita?
Improvvisamente, Assunta ci chiede se i nostri connazionali in Italia festeggiano il Giorno dell’Indipendenza dell’Ucraina. Le risponde con enfasi Svetlana, che proviene dall’Ucraina centrale, lontana dalla zona del conflitto:
– In realtà, lunedì ventiquattro agosto sarà un giorno feriale in Italia. In ogni caso i miei amici ed io abbiamo deciso di fermarci a mezzogiorno ovunque ci troveremo, per partecipare al minuto di silenzio nazionale e onorare la memoria dei soldati caduti per la libertà e l'unità del nostro Paese.
Intuisco che sul sedile posteriore sta per scoppiare un grande putiferio. Il fatto è che nel mese di febbraio, in Ucraina, sono stati uccisi tre nipoti di Scarlett; il più piccolo aveva due anni e mezzo. Si stavano lavando prima di andare a letto, quando il bagno è stato colpito da una granata... Ho accompagnato la mia amica al funerale. Arrivate a casa della sorella di Scarlett abbiamo visto il padre dei bambini accovacciato sul cumulo di macerie, dove prima c’era la vasca da bagno. Non aveva più lacrime, ma ci ha colpito il suo lamento disperato... Dopo il funerale ho domandato se il militare, lanciando una granata, sia consapevole di dove quella vada a finire. Mi hanno risposto di no. Secondo le regole, ai mitraglieri del carro armato vengono segnalate tramite ricetrasmittente solo le coordinate dell'obiettivo, solo i numeri... Meglio per loro, così dormono tranquilli e si credono eroi... Eppure sparano anche dal nostro territorio, però verso i paesi del fronte opposto...
E ora, purtroppo, Svetlana e Assunta non si rendono conto della presenza di due persone che ancora soffrono molto a causa della guerra. A questo punto cerco di mantenere il sangue freddo e mi concentro sulla strada; sento solo dei frammenti del loro dialogo: gli abitanti di Donetsk stanno pagando per il loro separatismo... l’insufficienza delle armi nell’esercito ucraino... troppo presto hanno sospeso delle operazioni militari... Si ripetono le frasi: l’indivisibilità delle frontiere e la guerra santa...
Dallo specchietto vedo gli occhi di Scarlett che mi rimproverano: “Perché permetti loro di giustificare quell’orrore?“ Il viso della ragazza acquista il colore dei suoi capelli, sembra aver ingerito dell’acido che le brucia non solo le viscere, ma anche la voce:
– Zitte! – esclama Scarlett con la fermezza di volontà della sua omonima portata via col vento. – Non esistono le guerre civili sante, questa guerra era evitabile! A voi non bastavano le armi? Vergognatevi! Avete dimenticato le migliaia di abitanti pacifici uccisi e le tante case distrutte!.. Fate bene a ricordare i soldati, quei poveri ragazzi caduti in guerra; la maggior parte di loro sono stati richiamati alle armi contro la loro volontà... È per l’indipendenza che sono morti sessanta bambini? Che colpa avevano? Loro non erano dei separatisti, neanche la mia famiglia lo è, neanche le altre centinaia di migliaia di abitanti sottoposti a privazioni e umiliazioni, che sulla propria terra si sentono respinti dalla Patria, da voi tutti! Allora state zitte e abbiate rispetto per dolore altrui!!!
Scarlett afferra con violenza la maniglia dello sportello, come se fosse il freno d'emergenza di un vagone ferroviario (io riesco a frenare appena in tempo) e si stacca da noi come un tessuto eterogeneo. Assunta coglie al volo il mio sguardo e mi sostituisce al volante.
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Camminiamo per la Piazza del Santuario di Pompei; Scarlett è già tornata in sé – la schiena dritta, i passi sicuri e graziosi, la testa alzata. Il nostro è un dialogo silenzioso: riflettiamo su com’è facile oggi perdere gli amici – basta parlare di Donbass o Crimea. Ma la nostra amicizia ci sembrava una grandezza costante, un coefficiente nell’espressione algebrica di quattro variabili: noi, nel tempo, ci trasformiamo e ci modifichiamo gradualmente, però l’amicizia per noi conserva sempre lo stesso valore. L'anno scorso, Assunta e Svetlana ci hanno offerto le proprie case come rifugio per i nostri cari, anche se la famiglia di Scarlett non l’ha accettato; i miei, invece, hanno colto dell'occasione per stare qualche mese in Calabria. Svetlana e Assunta hanno dato un grande contributo personale all’aiuto umanitario destinato ai soldati ucraini, mentre io e Scarlett abbiamo spedito le decine di scatoloni pieni di alimentari, farmaci, svariate ed utili cose ai nostri vicini di casa. Quindi le nostre attività sociali, pur essendo rivolte a scopi contrastanti, procedevano senza scontri, come due rotaie di uno stesso binario. E oggi abbiamo scoperto che nel mondo deformato anche le linee parallele possono incrociarsi...
Sono la prima a rompere il silenzio:
– Là, in macchina, non sono intervenuta, scusami. Negli ultimi tempi ho litigato con tutti e non mi intrometto più in nessuna discussione. Mi sono resa conto che non possiamo pretendere che tutti comprendano i nostri sentimenti.
La ragazza mi guarda perplessa. Le chiedo con delicatezza:
– Lo so, tu ancora piangi per i tuoi nipotini, ma hai sofferto altrettanto anche per ognuna delle migliaia di altre vittime di questa guerra?
La mia domanda la coglie impreparata:
– Certo io non li conoscevo personalmente. Non ho versato lacrime, ma sono
addolorata per loro... anche se, in effetti, nei loro confronti provo un sentimento diverso...
Scarlett finalmente comincia a capire quello che io intendo: la gente istintivamente si allontana dalla sofferenza altrui, come la mano dalla fiamma. Quando la mia città era sotto il fuoco dei moderni lanciarazzi multipli Uragan o Grad (grandine) ero preda di un'ossessione: non riuscivo a dormire e più volte, durante la notte, su Internet ricercavo l’elenco di località dove, nelle ultime ore, le abitazioni civili erano state colpite dai bombardamenti. E solo se non trovavo alcun riferimento ai luoghi a me più cari, mi calmavo un po’. Mi vergogno, ma noi umani siamo fatti così! Quindi io perdono le mie amiche per la loro serenità notturna.
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Io (cristiana ortodossa) e Scarlett (protestante) senza dire una parola entriamo nella Chiesa greco-cattolica ucraina, dove tante volte siamo state insieme a Svetlana; facciamo in tempo per la predica. Il Padre Vasyl pronuncia delle parole chiare e semplici, che sembrano rivolte direttamente a me:
– Questa guerra ci ha cambiati tutti, anche nella diaspora della nostra comunità ucraina non c’è più l’unità e la solidarietà di una volta. Per il dissenso politico si litiga tra amici, si troncano i legami familiari tra fratelli e sorelle... Quest’epoca cruciale non è la punizione di Dio, ma una prova per la nostra spiritualità e per la nostra capacità di comprensione del prossimo. L’amore del Signore per noi è immenso, e ognuno ha la possibilità di superare la propria durezza di cuore, l’esasperazione, l’ira nei confronti dell’altro. Lasciate fare la propria scelta ai fratelli, solo il Signore li può giudicare. Siate disponibili, non dividete le persone secondo la nazionalità o la religione e non rinnegate quelli che vi amano!
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Attraversando il Santuario, involontariamente ci fermiamo e con il fiato sospeso restiamo immobili davanti all’immagine della Beata Vergine del Santo Rosario... Sono sicura che ora sul Suo Volto Splendente, come al centro dell'Universo, convergono gli sguardi di tutte e quattro noi.
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Una volta molto tempo fa
avevo la Grande Patria
Con il cuore di rubino,
ferito ma largo e molto modesto...
Ma, purtroppo, nel mio paese
non sorge più il sole,
Perché sempre è troppo tardi...
o ancora è troppo presto.
Ma non è importante
che non sorga
o non tramonti,
Importante è
che alle spalle
ci siamo bruciati i ponti.
Avevo un grande lavoro,
ma conducevo una vita di stenti,
E la famiglia unita,
che mi sosteneva il fuoco,
Delle canzoni nel giardino
dove zampilla la sorgente...
Rimaneva la Piccola Patria,
e non era poco.
Ma non è importante
aver avuto
del bene o del male,
Importante è
che portino via
le foglie gialle.
E qui, nel mondo diverso, ho capito,
chi ha creato il cielo stellato,
Per dimostrarmi che c’è,
che esiste davvero,
Chi ha acceso dentro di me
quest’orgoglio disperato
Di essere soltanto un Uomo.
Un Uomo Vero.
Ma vedi,
non è importante
che orgoglio ci sia
o non ci sia,
Importanti sono
le vostre vite
finché ci sarà la mia.
(La nostra Fan fiction ispirata alla canzone di Roberto Vecchioni)